Improvvisazione e creatività nella performance della musica classica

In classical music, the concept of creativity is mainly - and almost exclusively - associated with the activity of the composer: a figure who is absent from the stage of the performance, but whose work becomes tangible and perceptible through the action of the performers, who are called upon to "actualize" the results of his creative work as conveyed by the score. The notated text plays a dual role: on the one hand, it provides the performer with a set of instructions and, on the other, it triggers choices and creative actions. However, the progressive affirmation of the concept of the 'musical work' as a finished, intangible and reproducible entity has contributed to the marginalization of all those practices of interpretation and listening that were aimed at opening up the work and triggering processes of active mediation. This essay focuses on the performance of nineteenth-century piano music in order to trace the historical genesis and theoretical foundations of the concept of interpretation as the 'reproduction' of an inviolable text, which is firmly rooted in current production and reception, and to explore the possibility of reviving some improvisatory practices in contemporary performance. The diffusion of improvisatory practices in the musical scene of the nineteenth century is attested by various sources of the time (contracts, teaching manuals, exemplary models, reviews, chronicles, diaries, notebooks, correspondence), on which the attention of scholars has been focused until now. This essay, which presents the results of research carried out within the framework of PRIN 2020 'Improvisation-composition: the dual identity of European music', also examines the first historical recordings documenting the persistence of improvisational conduct at the beginning of the 20th century, and in particular the tendency of performers to extemporize preludes and transitions between different pieces. By reconciling the study of textual and media sources with an analytical approach and the impulses of cultural history, this research aims to provide a theoretical and documentary basis for a reformulation of the concept of performance as a 're-creative action', which should virtuously combine a sound knowledge of past performance practices with the stimuli of one's own contemporaneity and of the listeners to whom the performer addresses himself from time to time.

Nella musica classica il concetto di creatività viene associato prevalentemente – e quasi esclusivamente – all’attività del compositore: una figura assente dalla scena della performance, il cui operato diviene tuttavia tangibile e percepibile grazie all’azione di interpreti chiamati ad “attualizzare” gli esiti del suo lavoro creativo veicolati dalla partitura. Il testo annotato svolge una duplice funzione: da un lato, fornire una serie di prescrizioni all’interprete; dall’altro, scatenare decisioni e azioni creative. La progressiva affermazione del concetto di “opera musicale” intesa come entità compiuta, intangibile e riproducibile, ha tuttavia contribuito a relegare in secondo piano tutte quelle pratiche di interpretazione e di ascolto che miravano all’apertura dell’opera, innescando processi di mediazione attiva. Questo saggio si concentra sulla performance della musica pianistica dell’Ottocento, per ricostruire la genesi storica e i fondamenti teorici del concetto di interpretazione come “riproduzione” di un testo inviolabile che si è fortemente radicata nella produzione e nella ricezione attuale, e per esplorare la possibilità di rivitalizzare alcune pratiche di matrice improvvisativa nella performance contemporanea. Nella scena musicale dell’Ottocento, la diffusione delle pratiche improvvisative è attestata da varie fonti dell’epoca (trattati, manuali didattici, modelli esemplari, recensioni, cronache, diari, quaderni, carteggi), su cui si è finora concentrata l’attenzione degli studiosi. In questo saggio, che presenta i risultati di una ricerca condotta nell’ambito del PRIN 2020 “Improvvisazione-composizione La doppia identità della musica europea”, vengono prese in esame anche le prime registrazioni storiche che documentano la persistenza di condotte improvvisative nel primo Novecento, e in particolare la tendenza degli interpreti a estemporizzare preludi e transizioni tra brani diversi. Conciliando la ricerca sulle fonti testuali e mediali con un approccio analitico e con gli stimoli della storia culturale, questa ricerca intende fornire una base teorica e documentaria a una rimodulazione del concetto di performance come “azione ri-creativa” che dovrebbe mettere virtuosamente in circolo una solida conoscenza delle prassi esecutive del passato con le sollecitazioni della propria contemporaneità e degli ascoltatori a cui di volta in volta l’interprete si rivolge.