I documenti inediti del priorato di San Leone in Monte Gibello. Nuovi dati sui rapporti tra monasteri, aristocrazia e ceti dirigenti zonali nella Sicilia normanno-sveva

The contribution aims to provide new data on the question of the relations between laical founders and monastic entities in Norman-Swabian Sicily. The essay thus aims to examine the processes underlying the establishment and promotion of the monastery of San Leone in Monte Gibello di Paternò. The research is based on the re-reading of four edited documents and the study of eight unpublished parchments, for the first time examined and transcribed in the appendix to this essay. The object of analysis, therefore, is not only the role played by the Aleramici in the foundation of the church of San Leone, but also the dense network of relations woven by the Benedictine monks with the local ruling classes, between the 12th and 13th centuries. The picture that emerges from the investigation is that of the presence in Paternò of very diverse, wealthy and ambitious ruling classes that founded their wealth on the possession of houses and land within the territory of Paternò and aspired to assert their authority in the nearby city of Catania, through the mediation of the monks of San Leone. Until 1205, this Etnean priory was in fact a dependency of the Abbey of Sant'Agata, whose abbot was also bishop of the diocese and lord of Catania. After this date, San Leone was united to the newly established abbey of Santa Maria di Licodia, which was able to become so thanks to the vast patrimony it held and the reforming actions carried out by prior Pietro.

Il contributo intende apportare nuovi dati sulla questione dei rapporti tra i fondatori laici e gli enti monastici nella Sicilia normanno-sveva. Il saggio si propone, così, di esaminare i processi sottesi all’istituzione e alla promozione del monastero di San Leone in Monte Gibello di Paternò. La ricerca si basa sulla rilettura di quattro documenti editi e sullo studio di otto pergamene inedite, per la prima volta esaminate e trascritte in appendice a questo saggio. Oggetto di analisi, pertanto, non è soltanto il ruolo avuto dagli Aleramici nella fondazione della chiesa di San Leone, ma pure la fitta rete di relazioni intessute dai monaci benedettini con i ceti dirigenti zonali, tra XII e XIII secolo. Il quadro che sembra emergere dall’indagine è quello della presenza a Paternò di ceti dirigenti assai diversificati, facoltosi e ambiziosi. Ceti che fondarono la loro ricchezza sul possesso di case e terre all’interno del territorio di Paternò e che aspirarono ad affermare la loro autorevolezza nella vicina città di Catania, attraverso la mediazione dei monaci di San Leone. Sino al 1205, questo priorato etneo era dipendenza, infatti, dell’abbazia di Sant’Agata, il cui abate era anche vescovo della diocesi e signore di Catania. Dopo questa data, San Leone fu unito alla neo-costituita abbazia di Santa Maria di Licodia, la quale poté divenire tale, grazie al suo vasto patrimonio e alle azioni riformatrici portate avanti dal priore Pietro.