La crisi climatica è entrata da anni nell’agenda della politica internazionale, pur non traducendosi in una priorità nella transizione ecologica o in consapevolezza della posta in gioco nelle opinioni pubbliche nazionali (Boyce and Lewis, 2009; Hansen, 2015; Boykoff, 2011; Pinto et al., 2019; Stecula and Merkley, 2019). Un ruolo fondamentale è svolto dalla copertura fornita dai news media o dal dibattito politico. In Italia, negli ultimi due anni le proteste dei movimenti contro l’emergenza climatica, quelle di Ultima Generazione, ma anche quelle di Fridays for Future, Extinction Rebellion o Greenpeace, hanno suscitato e continuano a suscitare un dibattito vivace e polarizzato. Si tratta di esperienze concentrate nell’arduo compito di modificare l’agenda dei media attraverso iniziative creative, provocatorie, performative (Goodman et al., 2016; Berglund and Schmidt, 2020). Spesso è proprio sull’indubbia notiziabilità di queste azioni nonviolente che si concentra l’attenzione dei media e il dibattito pubblico ponendo in secondo piano le issue proposte. Questa contrapposizione, tipica del rapporto tra media e movimenti sociali radicali, almeno a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso (Gamson and Wolfsfeld, 1993; Gitlin, 2003), stimola una serie di domande rilevanti sia per lo studio di questo tipo di azioni che per il funzionamento della tematizzazione giornalistica e del sistema dei media, per il suo rapporto con la politica e la sfera pubblica mediatizzata. Sono state individuate tre domande di ricerca: D1. Dinamiche dell’attenzione e cambiamento climatico: Dalle quattro dimensioni tradizionali dell’analisi dei conflitti mediali e dei processi di definizione dell’agenda discendono le specifiche questioni affrontate riguardanti: l’entrata nell’agenda (agenda-setting), gli effetti di salienza, framing e gerarchia. Qual è l’influenza delle proteste sulla rappresentazione mediale dei temi ambientali? Quanto spazio mediatico viene concesso ai diversi movimenti e a quali degli obiettivi e temi proposti viene dato risalto? Che ruolo hanno le proteste nella costruzione del dibattito sulla crisi climatica? D2. Attivismo creativo e paradosso della visibilità nell’era dei social: la ricerca dell'attenzione dei media mainstream e un uso sempre più ampio dei social media modificano gli obiettivi e strategie dell’azione collettiva modificando anche i rapporti tra gruppi e dinamiche interne, spesso portando a conseguenze inattese. In quale modo l’utilizzo di queste tattiche contribuisce alla loro efficacia e alla risposta dell’opinione pubblica? Quali sono i tipi di azione e le tattiche più notiziabili e diffondibili? Che rapporto c’è tra la visibilità di una singola azione e quella di altri movimenti e azioni? D3. Crisi, cambiamento sociale e demonizzazione. La risposta dell’establishment politico e del sistema mediale possono essere diverse e articolarsi nel tempo. Quali sono le strategie di «negazione dell’agenda» utilizzate per rispondere alle sollecitazioni dei movimenti ambientalisti? In che modo evolvono nel tempo e quali sono le differenze tra testate e media? A fronte di tali quesiti tre sono le metodologie e strategie di ricerca adottate: 1. l’analisi del contenuto dell’agenda dei principali quotidiani nazionali; 2. la ricostruzione dei principali cicli di protesta, dei maggiori eventi realizzati, delle strategie di comunicazione sulle piattaforme; 3. l’analisi del dibattito pubblico sui principali programmi di approfondimento televisivo. I principali risultati confermano, da una parte, quanto l’utilizzo di azioni “mediageniche” sia particolarmente efficace nel catalizzare l’attenzione dei media mainstream e nel polarizzare il dibattito sui social media (Jenkins et al., 2016; Sobieraj, 2011), d’altro canto questo comportamento permette alle testate più orientate politicamente di costruire una contronarrazione demonizzante (DeLuca, 2005; Dunlap and McCright, 2010; Hoggan and Littlemore, 2009). Ci si focalizza sugli aspetti più provocatori delle azioni e sui gruppi più radicalizzati in termini comunicativi, contribuendo a mantenere un’attenzione superficiale, relegando la crisi climatica al rango di scelte post-politiche più che al centro delle politiche e della politica (Hammond, 2017).
L’Ultima Generazione o ecoteppisti? L’attivismo sulla crisi climatica tra media agenda, notiziabilità e demonizzazione / Binotto, Marco; Terrana, Ignazio. - (2024). (Intervento presentato al convegno VI Convegno SISCC - Possiamo ancora capire la società. Comprensione, previsione, critica. tenutosi a Rome; Italy.).
L’Ultima Generazione o ecoteppisti? L’attivismo sulla crisi climatica tra media agenda, notiziabilità e demonizzazione
Marco BinottoConceptualization
;Ignazio Terrana.Data Curation
2024
Abstract
La crisi climatica è entrata da anni nell’agenda della politica internazionale, pur non traducendosi in una priorità nella transizione ecologica o in consapevolezza della posta in gioco nelle opinioni pubbliche nazionali (Boyce and Lewis, 2009; Hansen, 2015; Boykoff, 2011; Pinto et al., 2019; Stecula and Merkley, 2019). Un ruolo fondamentale è svolto dalla copertura fornita dai news media o dal dibattito politico. In Italia, negli ultimi due anni le proteste dei movimenti contro l’emergenza climatica, quelle di Ultima Generazione, ma anche quelle di Fridays for Future, Extinction Rebellion o Greenpeace, hanno suscitato e continuano a suscitare un dibattito vivace e polarizzato. Si tratta di esperienze concentrate nell’arduo compito di modificare l’agenda dei media attraverso iniziative creative, provocatorie, performative (Goodman et al., 2016; Berglund and Schmidt, 2020). Spesso è proprio sull’indubbia notiziabilità di queste azioni nonviolente che si concentra l’attenzione dei media e il dibattito pubblico ponendo in secondo piano le issue proposte. Questa contrapposizione, tipica del rapporto tra media e movimenti sociali radicali, almeno a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso (Gamson and Wolfsfeld, 1993; Gitlin, 2003), stimola una serie di domande rilevanti sia per lo studio di questo tipo di azioni che per il funzionamento della tematizzazione giornalistica e del sistema dei media, per il suo rapporto con la politica e la sfera pubblica mediatizzata. Sono state individuate tre domande di ricerca: D1. Dinamiche dell’attenzione e cambiamento climatico: Dalle quattro dimensioni tradizionali dell’analisi dei conflitti mediali e dei processi di definizione dell’agenda discendono le specifiche questioni affrontate riguardanti: l’entrata nell’agenda (agenda-setting), gli effetti di salienza, framing e gerarchia. Qual è l’influenza delle proteste sulla rappresentazione mediale dei temi ambientali? Quanto spazio mediatico viene concesso ai diversi movimenti e a quali degli obiettivi e temi proposti viene dato risalto? Che ruolo hanno le proteste nella costruzione del dibattito sulla crisi climatica? D2. Attivismo creativo e paradosso della visibilità nell’era dei social: la ricerca dell'attenzione dei media mainstream e un uso sempre più ampio dei social media modificano gli obiettivi e strategie dell’azione collettiva modificando anche i rapporti tra gruppi e dinamiche interne, spesso portando a conseguenze inattese. In quale modo l’utilizzo di queste tattiche contribuisce alla loro efficacia e alla risposta dell’opinione pubblica? Quali sono i tipi di azione e le tattiche più notiziabili e diffondibili? Che rapporto c’è tra la visibilità di una singola azione e quella di altri movimenti e azioni? D3. Crisi, cambiamento sociale e demonizzazione. La risposta dell’establishment politico e del sistema mediale possono essere diverse e articolarsi nel tempo. Quali sono le strategie di «negazione dell’agenda» utilizzate per rispondere alle sollecitazioni dei movimenti ambientalisti? In che modo evolvono nel tempo e quali sono le differenze tra testate e media? A fronte di tali quesiti tre sono le metodologie e strategie di ricerca adottate: 1. l’analisi del contenuto dell’agenda dei principali quotidiani nazionali; 2. la ricostruzione dei principali cicli di protesta, dei maggiori eventi realizzati, delle strategie di comunicazione sulle piattaforme; 3. l’analisi del dibattito pubblico sui principali programmi di approfondimento televisivo. I principali risultati confermano, da una parte, quanto l’utilizzo di azioni “mediageniche” sia particolarmente efficace nel catalizzare l’attenzione dei media mainstream e nel polarizzare il dibattito sui social media (Jenkins et al., 2016; Sobieraj, 2011), d’altro canto questo comportamento permette alle testate più orientate politicamente di costruire una contronarrazione demonizzante (DeLuca, 2005; Dunlap and McCright, 2010; Hoggan and Littlemore, 2009). Ci si focalizza sugli aspetti più provocatori delle azioni e sui gruppi più radicalizzati in termini comunicativi, contribuendo a mantenere un’attenzione superficiale, relegando la crisi climatica al rango di scelte post-politiche più che al centro delle politiche e della politica (Hammond, 2017).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.