Quando abbiamo letto la call, ci siamo riunite online, entusiaste perché nello spazio virtuale che si era appena creato c’era posto per immaginare (e capire?) di cosa avessimo bisogno: uno spazio di senso collettivo, per pensare alla nostra condizione condivisa e per prendere fiato. Respirare un’aria diversa dalla competitività accademica e atomizzante, che ci affanna e appesantisce. Uno spazio in cui poter lavorare vivendo l’accademia come crediamo. La domanda: Come stiamo? La risposta: Ci sentiamo sole. Ma siamo sole? (Come) esprimiamo la nostra solitudine? Con questa coperta ci siamo scaldate, ci siamo rese ‘crossroads’, ci siamo prese cura l’una dell’altra, ci siamo date fiducia e sostenute, abbiamo rotto meccanismi di paranoia e competizione. La mattonella diventa un frammento di significato nel farsi collettivo della coperta che è anche rete e pavimento su cui possiamo camminare scalze. Un intreccio collettivo per riempire i nostri blank spaces, fatto di esperienze, sensazioni, lingue diverse, soggettività, posizionamenti accademici e politici. Diventa un esempio di co-scrittura e con-ricerca. Partendo dalla nostra rabbia, solitudine, stanchezza e consapevolezza, abbiamo creato una coperta colorata, sgangherata, arrogada. Ci siamo intrecciate in una rete solidale fatta di calore collettivo, legittimazione reciproca, cura, silenzio, rumore.
Blank(et) spaces. Intrecciando una geografia transfemminista del precariato in accademia / Acetino, Francesca; Autiero, Annachiara; Bergesio, Noemi; Bonato, Michela; Brollo, Barbara; Colla, Francesca; Eccher, Laura; Ferrante, Giulia; Garozzo, Erika; Loi, Martina; Mingo, Roberta; Pepa, Mariasole; Sabatini, Francesca; Salimbeni, Alice. - In: REVISTA LÜVO. - ISSN 2665-2005. - (2024), pp. 45-50.
Blank(et) spaces. Intrecciando una geografia transfemminista del precariato in accademia
Barbara Brollo;
2024
Abstract
Quando abbiamo letto la call, ci siamo riunite online, entusiaste perché nello spazio virtuale che si era appena creato c’era posto per immaginare (e capire?) di cosa avessimo bisogno: uno spazio di senso collettivo, per pensare alla nostra condizione condivisa e per prendere fiato. Respirare un’aria diversa dalla competitività accademica e atomizzante, che ci affanna e appesantisce. Uno spazio in cui poter lavorare vivendo l’accademia come crediamo. La domanda: Come stiamo? La risposta: Ci sentiamo sole. Ma siamo sole? (Come) esprimiamo la nostra solitudine? Con questa coperta ci siamo scaldate, ci siamo rese ‘crossroads’, ci siamo prese cura l’una dell’altra, ci siamo date fiducia e sostenute, abbiamo rotto meccanismi di paranoia e competizione. La mattonella diventa un frammento di significato nel farsi collettivo della coperta che è anche rete e pavimento su cui possiamo camminare scalze. Un intreccio collettivo per riempire i nostri blank spaces, fatto di esperienze, sensazioni, lingue diverse, soggettività, posizionamenti accademici e politici. Diventa un esempio di co-scrittura e con-ricerca. Partendo dalla nostra rabbia, solitudine, stanchezza e consapevolezza, abbiamo creato una coperta colorata, sgangherata, arrogada. Ci siamo intrecciate in una rete solidale fatta di calore collettivo, legittimazione reciproca, cura, silenzio, rumore.File | Dimensione | Formato | |
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