A partire da una ricerca etnografica svolta a Roma e nel Lazio meridionale, il contributo vuole offrire una descrizione delle relazioni di intimità e vicinanza tra gli artefatti di uno scavo, gli specialisti di archeologia, i cosiddetti umarèll e gli operai che collaborano nei cantieri d’indagine archeologica. Attraverso l’analisi delle pratiche e le retoriche di tali soggetti, si descrivono i diversi modi di concepire il rapporto tra pubblico e oggetti di interesse archeologico, che ruolo svolgono i legami di affinità tra gli esseri umani e gli artefatti e quali idee dell’alterità «non-archeologica» mostrano le rappresentazioni degli umarèll e degli operai fatte dagli esperti. In particolare, l’articolo illustra come tali identità essenzializzate favoriscano il distanziamento tra esperti e profani, tra chi può legittimamente fare intimità con gli oggetti di uno scavo e chi – mediante la riproduzione di stereotipi – deve essere posto a distanza dagli artefatti e dai relativi legami di affinità. L’esplorazione del peculiare clima di assedio esperito dalle archeologhe e dagli archeologi mostra quanto l’archeologia pubblica abbia la necessità di comprendere lo «scandalo» delle altre modalità di entrare in relazione on i reperti, ma anche quanto l’elaborazione di un’archeologia pubblica riflessiva e inclusiva debba contemplare il miglioramento delle condizioni di lavoro di tutte le sue figure professionali.
Archeologi, operai e umarèll. Relazioni di intimità tra oggetti e persone / Cozza, Fulvio. - In: L' UOMO SOCIETÀ TRADIZIONE SVILUPPO. - ISSN 2465-1761. - (2023), pp. 129-158.
Archeologi, operai e umarèll. Relazioni di intimità tra oggetti e persone
Fulvio Cozza
2023
Abstract
A partire da una ricerca etnografica svolta a Roma e nel Lazio meridionale, il contributo vuole offrire una descrizione delle relazioni di intimità e vicinanza tra gli artefatti di uno scavo, gli specialisti di archeologia, i cosiddetti umarèll e gli operai che collaborano nei cantieri d’indagine archeologica. Attraverso l’analisi delle pratiche e le retoriche di tali soggetti, si descrivono i diversi modi di concepire il rapporto tra pubblico e oggetti di interesse archeologico, che ruolo svolgono i legami di affinità tra gli esseri umani e gli artefatti e quali idee dell’alterità «non-archeologica» mostrano le rappresentazioni degli umarèll e degli operai fatte dagli esperti. In particolare, l’articolo illustra come tali identità essenzializzate favoriscano il distanziamento tra esperti e profani, tra chi può legittimamente fare intimità con gli oggetti di uno scavo e chi – mediante la riproduzione di stereotipi – deve essere posto a distanza dagli artefatti e dai relativi legami di affinità. L’esplorazione del peculiare clima di assedio esperito dalle archeologhe e dagli archeologi mostra quanto l’archeologia pubblica abbia la necessità di comprendere lo «scandalo» delle altre modalità di entrare in relazione on i reperti, ma anche quanto l’elaborazione di un’archeologia pubblica riflessiva e inclusiva debba contemplare il miglioramento delle condizioni di lavoro di tutte le sue figure professionali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.