La spesa per interessi delle Amministrazioni pubbliche, raggiunto un punto di massimo nel 1996, pari a 113,0 miliardi di euro e all’11,5 per cento del PIL, è scesa a 69,3 miliardi e al 5,3 per cento del PIL nel 2003. Questo è stato il frutto del riequilibrio della finanza pubblica degli anni novanta1 e della riduzione del rapporto debito pubblico/PIL iniziata nel 1995, dell’entrata dell’Italia nell’Unione Europea e della discesa internazionale dei tassi d’interesse a un livello storicamente molto basso. La riduzione della spesa per interessi ha le caratteristiche di un vero e proprio dividendo fiscale. Come è stato utilizzato questo dividendo? Come ha modificato la struttura dei conti pubblici? Quali settori se ne sono avvantaggiati? Scopo di questo lavoro è tentare di dare una risposta a queste domande. Nel § 1.1, si analizza la ripartizione di questo dividendo fiscale tra la riduzione dell’indebitamento netto, la riduzione delle entrate e l’aumento della spesa pubblica. Per valori dati di indebitamento netto e entrate, si analizza, nel § 1.2, quale categoria economica e settore funzionale di spesa può aver derivato i vantaggi maggiori. Nel § 2 si indaga come questi vantaggi si possano essere ripartiti tra i vari livelli di governo (Amministrazioni centrali, locali ed Enti di previdenza). Infine, nel § 3, utilizzando un modello di microsimulazione, si individua quale categoria di contribuenti può aver beneficiato delle modifiche dell’imposta personale sul reddito attuate tra il 1996 e il 2003. Va sottolineato che il lavoro, essendo condotto sui soli dati di consuntivo del conto delle Amministrazioni pubbliche è soggetto a un caveat di carattere generale, in quanto non è possibile distinguere analiticamente quale parte dei risultati derivi da scelte discrezionali di politica economica (quelle effettive e non quelle solo annunciate) e quale dalle tendenze intrinseche delle voci di bilancio. Le elaborazioni svolte nel lavoro per l’intero periodo 1996-2003 mostrano: a) una corrispondenza quasi perfetta tra le riduzioni della spesa per interessi e dell’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche; b) l’assorbimento nel settennio del leggerissimo aumento verificatosi nelle entrate da parte delle spese primarie (tuttavia nessuna categoria di spesa sembra aver tratto beneficio in modo sensibile dalla riduzione dell’onere per interessi); c) la scarsa tenuta dell’avanzo primario, attribuibile ai conti delle Amministrazioni locali e degli Enti di previdenza; d) la redistribuzione derivante dalla variazione delle imposte personali sul reddito, lievemente positiva per i redditi medio-bassi e per le famiglie con almeno 4 figli, ma in parte compensata, specialmente nell’Italia settentrionale, dall’aumento delle imposte locali sul reddito.
Riduzione della spesa per interessi (1996-2003). Chi ne ha beneficiato? / Emiliani, N; Pisauro, Giuseppe; Salvemini, G.; Gastaldi, Francesca. - In: ECONOMIA PUBBLICA. - ISSN 0390-6140. - 34:4(2004), pp. 45-86.
Riduzione della spesa per interessi (1996-2003). Chi ne ha beneficiato?
PISAURO, GIUSEPPE;GASTALDI, Francesca
2004
Abstract
La spesa per interessi delle Amministrazioni pubbliche, raggiunto un punto di massimo nel 1996, pari a 113,0 miliardi di euro e all’11,5 per cento del PIL, è scesa a 69,3 miliardi e al 5,3 per cento del PIL nel 2003. Questo è stato il frutto del riequilibrio della finanza pubblica degli anni novanta1 e della riduzione del rapporto debito pubblico/PIL iniziata nel 1995, dell’entrata dell’Italia nell’Unione Europea e della discesa internazionale dei tassi d’interesse a un livello storicamente molto basso. La riduzione della spesa per interessi ha le caratteristiche di un vero e proprio dividendo fiscale. Come è stato utilizzato questo dividendo? Come ha modificato la struttura dei conti pubblici? Quali settori se ne sono avvantaggiati? Scopo di questo lavoro è tentare di dare una risposta a queste domande. Nel § 1.1, si analizza la ripartizione di questo dividendo fiscale tra la riduzione dell’indebitamento netto, la riduzione delle entrate e l’aumento della spesa pubblica. Per valori dati di indebitamento netto e entrate, si analizza, nel § 1.2, quale categoria economica e settore funzionale di spesa può aver derivato i vantaggi maggiori. Nel § 2 si indaga come questi vantaggi si possano essere ripartiti tra i vari livelli di governo (Amministrazioni centrali, locali ed Enti di previdenza). Infine, nel § 3, utilizzando un modello di microsimulazione, si individua quale categoria di contribuenti può aver beneficiato delle modifiche dell’imposta personale sul reddito attuate tra il 1996 e il 2003. Va sottolineato che il lavoro, essendo condotto sui soli dati di consuntivo del conto delle Amministrazioni pubbliche è soggetto a un caveat di carattere generale, in quanto non è possibile distinguere analiticamente quale parte dei risultati derivi da scelte discrezionali di politica economica (quelle effettive e non quelle solo annunciate) e quale dalle tendenze intrinseche delle voci di bilancio. Le elaborazioni svolte nel lavoro per l’intero periodo 1996-2003 mostrano: a) una corrispondenza quasi perfetta tra le riduzioni della spesa per interessi e dell’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche; b) l’assorbimento nel settennio del leggerissimo aumento verificatosi nelle entrate da parte delle spese primarie (tuttavia nessuna categoria di spesa sembra aver tratto beneficio in modo sensibile dalla riduzione dell’onere per interessi); c) la scarsa tenuta dell’avanzo primario, attribuibile ai conti delle Amministrazioni locali e degli Enti di previdenza; d) la redistribuzione derivante dalla variazione delle imposte personali sul reddito, lievemente positiva per i redditi medio-bassi e per le famiglie con almeno 4 figli, ma in parte compensata, specialmente nell’Italia settentrionale, dall’aumento delle imposte locali sul reddito.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.