Il paper proposto prende spunto da un progetto di ricerca della Sapienza Università di Roma volto ad analizzare l’accoglienza dei profughi ucraini in Italia dopo l’invasione russa del febbraio 2022. Per la prima volta, l’Unione Europea ha applicato la Delibera 2001/55/CE che prevede “misure eccezionali nel caso di un arrivo massiccio nell’Unione Europea di stranieri che non possono rientrare nel loro Paese”, non votata nel caso della crisi siriana o afghana. Tale direttiva prevede l’introduzione dell’istituto della protezione temporanea e offre ai rifugiati la possibilità di scegliere il Paese in cui chiedere protezione. Ciò permette, fin da subito, di diventare residenti regolari e, di conseguenza, di poter lavorare, andare a scuola, beneficiare dell’assistenza sociosanitaria ed essere sostenuti nell’accesso all’abitazione. Inoltre, il governo italiano ha affidato alla Protezione Civile l’incarico di mettere a punto un piano nazionale per l’accoglienza e l’assistenza attraverso un coordinamento delle Regioni con prefetture, comuni, Terzo Settore ed, eventualmente, con i rappresentanti istituzionali della comunità ucraina presenti nel territorio. Infine, è stato previsto un contributo di sostentamento per chi veniva accolto presso privati, parenti o amici ucraini, ma in parte anche famiglie italiane. Questa forma di accoglienza è senza dubbio più flessibile e diversa rispetto alla tradizionale politica migratoria e ciò sembra aver definito un modo nuovo di pensare alla accoglienza dei profughi. Alla luce di quanto esposto, il paper si propone, dunque, l’obiettivo di analizzare elementi positivi e negativi prendendo spunto dalle prime evidenze emerse dalla ricerca qualitativa attualmente in essere. Attraverso, infatti, le interviste (in corso di realizzazione nel territorio di Roma e del Lazio) ad alcune donne profughe ucraine raggiunte grazie alla mediazione di diverse associazioni o a contatti privati, emerge una realtà sfaccettata e complessa, in cui svolgono un ruolo centrale sia la legislazione applicata sia il capitale sociale della stessa comunità ucraina. Un elemento di novità è senza dubbio costituito dal fatto che la maggior parte dei profughi ha trovato una sistemazione temporanea da parenti e amici, mentre sono finiti nei centri di accoglienza chi non aveva una rete familiare o amicale di supporto. Tra le interviste finora realizzate, sono presenti situazioni molto diverse: donne scappate da sole all’improvviso, una madre con una figlia malata che ha contattato associazioni italiane per assicurare una trasferta sicura alla bambina, donne che hanno risposto a Progetti promulgati da associazioni ucraine presenti in Italia, etc. Emerge dalle parole delle intervistate uno stato generale di soddisfazione per l’accoglienza trovata nel nostro paese, ma anche la decisa consapevolezza che la lentezza e la farraginosità della burocrazia hanno “inceppato” il sistema “totalmente nuovo” che era stato ideato, con compiti affidati agli enti del Terzo Settore, la cosiddetta accoglienza diffusa, l’accoglienza in famiglia organizzata dalla Protezione Civile e sostenuta da fondi statali. Il protrarsi, inoltre, della guerra – senza prospettive nell’immediato di fine o di sospensione – mette a dura prova l’accoglienza dei profughi (in termini soprattutto di erogazione del contributo di sostentamento, proroga della validità della Direttiva europea, etc.) che, a loro volta, si distinguono – rispetto ad altre comunità – per la volontà di tornare nel proprio paese appena possibile. Una condizione che comporta anche un minore impegno nelle attività volte a favorire una migliore integrazione come, ad esempio, la frequenza di un corso di lingua italiana. Secondo Mario Tronca, presidente dell'associazione cristiana italo-ucraina, “appena possono gli ucraini rientrano in patria, soprattutto se nelle loro zone i combattimenti sono meno intensi”. Un monitoraggio, inoltre, condotto dall’Unhcr su un campione di 1.530 rifugiati in Italia, rivela che appena l’11% ha trovato lavoro nel nostro Paese, e che il principale ostacolo all’inserimento lavorativo è proprio la barriera linguistica.

I profughi ucraini in Italia: luci e ombre di un diverso modello di accoglienza / D'Ambrosio, Gabriella; Laurano, Patrizia; Sonzogni, Barbara. - (2024), pp. 82-87.

I profughi ucraini in Italia: luci e ombre di un diverso modello di accoglienza

D'Ambrosio Gabriella;Laurano Patrizia;Sonzogni Barbara
2024

Abstract

Il paper proposto prende spunto da un progetto di ricerca della Sapienza Università di Roma volto ad analizzare l’accoglienza dei profughi ucraini in Italia dopo l’invasione russa del febbraio 2022. Per la prima volta, l’Unione Europea ha applicato la Delibera 2001/55/CE che prevede “misure eccezionali nel caso di un arrivo massiccio nell’Unione Europea di stranieri che non possono rientrare nel loro Paese”, non votata nel caso della crisi siriana o afghana. Tale direttiva prevede l’introduzione dell’istituto della protezione temporanea e offre ai rifugiati la possibilità di scegliere il Paese in cui chiedere protezione. Ciò permette, fin da subito, di diventare residenti regolari e, di conseguenza, di poter lavorare, andare a scuola, beneficiare dell’assistenza sociosanitaria ed essere sostenuti nell’accesso all’abitazione. Inoltre, il governo italiano ha affidato alla Protezione Civile l’incarico di mettere a punto un piano nazionale per l’accoglienza e l’assistenza attraverso un coordinamento delle Regioni con prefetture, comuni, Terzo Settore ed, eventualmente, con i rappresentanti istituzionali della comunità ucraina presenti nel territorio. Infine, è stato previsto un contributo di sostentamento per chi veniva accolto presso privati, parenti o amici ucraini, ma in parte anche famiglie italiane. Questa forma di accoglienza è senza dubbio più flessibile e diversa rispetto alla tradizionale politica migratoria e ciò sembra aver definito un modo nuovo di pensare alla accoglienza dei profughi. Alla luce di quanto esposto, il paper si propone, dunque, l’obiettivo di analizzare elementi positivi e negativi prendendo spunto dalle prime evidenze emerse dalla ricerca qualitativa attualmente in essere. Attraverso, infatti, le interviste (in corso di realizzazione nel territorio di Roma e del Lazio) ad alcune donne profughe ucraine raggiunte grazie alla mediazione di diverse associazioni o a contatti privati, emerge una realtà sfaccettata e complessa, in cui svolgono un ruolo centrale sia la legislazione applicata sia il capitale sociale della stessa comunità ucraina. Un elemento di novità è senza dubbio costituito dal fatto che la maggior parte dei profughi ha trovato una sistemazione temporanea da parenti e amici, mentre sono finiti nei centri di accoglienza chi non aveva una rete familiare o amicale di supporto. Tra le interviste finora realizzate, sono presenti situazioni molto diverse: donne scappate da sole all’improvviso, una madre con una figlia malata che ha contattato associazioni italiane per assicurare una trasferta sicura alla bambina, donne che hanno risposto a Progetti promulgati da associazioni ucraine presenti in Italia, etc. Emerge dalle parole delle intervistate uno stato generale di soddisfazione per l’accoglienza trovata nel nostro paese, ma anche la decisa consapevolezza che la lentezza e la farraginosità della burocrazia hanno “inceppato” il sistema “totalmente nuovo” che era stato ideato, con compiti affidati agli enti del Terzo Settore, la cosiddetta accoglienza diffusa, l’accoglienza in famiglia organizzata dalla Protezione Civile e sostenuta da fondi statali. Il protrarsi, inoltre, della guerra – senza prospettive nell’immediato di fine o di sospensione – mette a dura prova l’accoglienza dei profughi (in termini soprattutto di erogazione del contributo di sostentamento, proroga della validità della Direttiva europea, etc.) che, a loro volta, si distinguono – rispetto ad altre comunità – per la volontà di tornare nel proprio paese appena possibile. Una condizione che comporta anche un minore impegno nelle attività volte a favorire una migliore integrazione come, ad esempio, la frequenza di un corso di lingua italiana. Secondo Mario Tronca, presidente dell'associazione cristiana italo-ucraina, “appena possono gli ucraini rientrano in patria, soprattutto se nelle loro zone i combattimenti sono meno intensi”. Un monitoraggio, inoltre, condotto dall’Unhcr su un campione di 1.530 rifugiati in Italia, rivela che appena l’11% ha trovato lavoro nel nostro Paese, e che il principale ostacolo all’inserimento lavorativo è proprio la barriera linguistica.
2024
XIX Rapporto Osservatorio Romano sulle Migrazioni
9788864800936
migrazioni, ucraini, capitale sociale, interviste in profondità
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
I profughi ucraini in Italia: luci e ombre di un diverso modello di accoglienza / D'Ambrosio, Gabriella; Laurano, Patrizia; Sonzogni, Barbara. - (2024), pp. 82-87.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1709791
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