IL TEMPO E L’UOMO. IL DISFACIMENTO DELL’ACQUEDOTTO CLAUDIO A ROMA

The Time and the Man. The Decay of the Claudius Aqueduct in Rome In the history of the Claudius Aqueduct, natural and anthropogenic effects of degradation are contrasted, and sometimes increased by human activities. The structure appears well set up both from a constructive and dimensional point of view. In fact, it has successfully defied at least ten centuries with the help of maintenance and reinforcements, frequently performed during the first millennium. The following abandonment and subsequent spoliation during the 16th century reduced the structure - which originally must have been 15 km long from Capannelle to the city of Rome - to a series of portions composed of groups of isolated arches and masonry endoskeletons consisting of wall reinforcements emptied from the original structures made with blocks. Having lost its initial continuity and having become a ruin scattered throughout the Roman Agro, the aqueduct have also changed its structural conditions and now presents further vulnerabilities. Certainly, the degradation of the original materials, due to neglect, stress conditions, durability limits of the peperino, aggression of native and non-native plant species, causes a progression of instability that must be contrasted with maintenance specifically designed for a special construction, often not easily approachable due to its size. It is therefore a context in which the collapse does not find a precise temporal location but is deferred over the centuries, delayed by the treatments and reinforcements carried out since the 1st to the 10th century, accelerated by subsequent abandonment and even by the spoliation during the 16th-century favored by the cessation of functionality.

Il tempo e l'uomo. Il degrado dell'Acquedotto Claudio a Roma Nella storia dell'Acquedotto Claudio si contrappongono effetti di degrado naturali e antropici, talvolta incrementati dalle attività umane. La struttura appare ben impostata sia dal punto di vista costruttivo che dimensionale. Infatti, ha sfidato con successo almeno dieci secoli con l'aiuto di manutenzioni e rinforzi, frequentemente eseguiti nel corso del primo millennio. Il successivo abbandono e la successiva spoliazione nel corso del XVI secolo hanno ridotto la struttura - che in origine doveva essere lunga 15 km da Capannelle alla città di Roma - a una serie di porzioni composte da gruppi di archi isolati e da endoscheletri in muratura costituiti da rinforzi murari svuotati dalle strutture originarie realizzate in blocchi. Avendo perso la sua continuità iniziale ed essendo diventato un rudere sparso per l'Agro romano, anche l'acquedotto ha mutato le sue condizioni strutturali e presenta oggi ulteriori vulnerabilità. Certamente il degrado dei materiali originari, dovuto all'incuria, alle condizioni di stress, ai limiti di durabilità del peperino, all'aggressione di specie vegetali autoctone e non, provoca una progressione di instabilità che va contrastata con una manutenzione appositamente studiata per una costruzione particolare, spesso non facilmente avvicinabile per le sue dimensioni. Si tratta quindi di un contesto in cui il crollo non trova una precisa collocazione temporale ma è differito nei secoli, ritardato dai trattamenti e dai rinforzi effettuati dal I al X secolo, accelerato dal successivo abbandono e persino dalla spoliazione cinquecentesca favorita dalla cessazione della funzionalità.