Valutare la complessità: l’equilibrio tra la conservazione della biodiversità e lo sviluppo locale

Il tasso di perdita della biodiversità è considerato come una delle più gravi minacce per il benessere umano del XXI secolo. Le aree protette costituiscono la pietra angolare su cui poggiano tutti gli sforzi globali rivolti alla conservazione. I parchi sono cattedrali di biodiversità, la cui prerogativa istitutiva è quella della conservazione della natura. Ma una conservazione di successo in un Paese con una densità abitativa come quella italiana può essere raggiunta solo tramite uno sviluppo locale sostenibile, inteso come una continua ricerca di soluzioni e buone pratiche affinché il benessere e il persistere delle comunità locali che vivono nelle aree protette non solo non interferiscano con, ma anzi provino a migliorare lo stato della biodiversità. La IUCN definisce nel 2000 il framework teorico globale che costituisce tuttora la base per la maggior parte delle metodologie applicate nel mondo, e ha optato per un tipo di valutazione d’efficacia per sviluppare metodologie flessibili nel restituire risultati omogenei e standardizzati. Si riporta la volontà di integrare gli esistenti strumenti con una valutazione intesa come metodologia di ricerca sociale che aggiunge un giudizio di valore migliorativo all’azione, tramite il ricorso ad approcci di ricerca valutativa innovativi ed abili nel restituire risultati capaci di comprendere ogni aspetto di questi microcosmi. Una valutazione che non attenziona esclusivamente sui risultati raggiunti, ma che analizza i processi, le caratteristiche strutturali, le forme organizzative e le prassi comportamentali interni all’Ente gestore, aprendo la scatola nera di come e perché si arriva ai risultati.