Nel complesso ed eterogeneo panorama architettonico della Roma negli anni Trenta, l’ambito della rappresentazione riflette fedelmente quello della ricerca compositiva la quale, gradualmente, andava evolvendosi mutando da ‘protomoderna’ a ‘postmoderna’: per un verso intessendo legami con le avanguardie europee, per l’altro attingendo alle fermentazioni artistiche e culturali che andavano allora fiorendo, grazie alle riviste, alle mostre e alle sempre più fitte relazioni tra artisti e architetti. In questo dialogo ideale tra gli aspetti pratico-costruttivi e quelli più poetici dell’architettura, si innesta, in maniera sempre più profonda, un’ulteriore interlocutrice: la fotografia. Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, la macchina fotografica si andava trasformando in strumento espressivo: una concausa che porterà alla sperimentazione dei fotomontaggi. Questa pratica, nell’ambito della rappresentazione architettonica, deriva da una contaminazione tra disegno di architettura e fotografia, finalizzata ad amplificare la componente realistica della rappresentazione stessa e, allo stesso tempo, a innescare un contrasto tra l’immagine fotografica di base e i ‘segni del disegno’ su di essa innestati. Sicuramente per gli architetti il fotomontaggio rappresentò una affascinante novità, una via moderna alla costruzione di un’immagine che unisse realismo e visione, rappresentazione obiettiva e prefigurazione. Nel corso degli anni Trenta, per fini comunicativi e promozionali, questi ingredienti vennero dosati in maniera differente. Ad esempio, in alcuni fotomontaggi allegati ai progetti per il concorso del Palazzo del Littorio, più che l’oggetto architettonico a essere prefigurato fu invece l’evento: basti pensare alle folle presenti negli elaborati dei gruppi lombardi come quelli di Figini, Pollini e BBPR, o in quello dei gruppo di Terragni; conferendo all’immagine una notevole dinamicità, assorbita non solo dal retaggio futurista e dalle sue successive declinazioni, ma anche da fermenti artistici più mitteleuropei. D’altra parte questi sperimentalismi, sintetizzati con la rappresentazione architettonica, navigano verso orizzonti inesplorati: i foto-collage divengono lo spazio per queste ‘invenzioni’, volte alla creazione (o alla simulazione) di una realtà immaginaria dosando elementi di realtà concreta. Meno d’impatto risultano invece i diorami o le fotografie del plastici architettonici con degli sfondi fatti con fotografie del reale, che solo in rari casi acquisiscono artisticità.
Dal contesto al frammento, tra preesistenza e prefigurazione. Fotomontaggi, fotoinserimenti e foto-collage tra le rappresentazioni architettoniche nella Roma degli anni Trenta / Schiavo, Antonio. - (2023), pp. 512-539.
Dal contesto al frammento, tra preesistenza e prefigurazione. Fotomontaggi, fotoinserimenti e foto-collage tra le rappresentazioni architettoniche nella Roma degli anni Trenta.
Antonio Schiavo
2023
Abstract
Nel complesso ed eterogeneo panorama architettonico della Roma negli anni Trenta, l’ambito della rappresentazione riflette fedelmente quello della ricerca compositiva la quale, gradualmente, andava evolvendosi mutando da ‘protomoderna’ a ‘postmoderna’: per un verso intessendo legami con le avanguardie europee, per l’altro attingendo alle fermentazioni artistiche e culturali che andavano allora fiorendo, grazie alle riviste, alle mostre e alle sempre più fitte relazioni tra artisti e architetti. In questo dialogo ideale tra gli aspetti pratico-costruttivi e quelli più poetici dell’architettura, si innesta, in maniera sempre più profonda, un’ulteriore interlocutrice: la fotografia. Nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, la macchina fotografica si andava trasformando in strumento espressivo: una concausa che porterà alla sperimentazione dei fotomontaggi. Questa pratica, nell’ambito della rappresentazione architettonica, deriva da una contaminazione tra disegno di architettura e fotografia, finalizzata ad amplificare la componente realistica della rappresentazione stessa e, allo stesso tempo, a innescare un contrasto tra l’immagine fotografica di base e i ‘segni del disegno’ su di essa innestati. Sicuramente per gli architetti il fotomontaggio rappresentò una affascinante novità, una via moderna alla costruzione di un’immagine che unisse realismo e visione, rappresentazione obiettiva e prefigurazione. Nel corso degli anni Trenta, per fini comunicativi e promozionali, questi ingredienti vennero dosati in maniera differente. Ad esempio, in alcuni fotomontaggi allegati ai progetti per il concorso del Palazzo del Littorio, più che l’oggetto architettonico a essere prefigurato fu invece l’evento: basti pensare alle folle presenti negli elaborati dei gruppi lombardi come quelli di Figini, Pollini e BBPR, o in quello dei gruppo di Terragni; conferendo all’immagine una notevole dinamicità, assorbita non solo dal retaggio futurista e dalle sue successive declinazioni, ma anche da fermenti artistici più mitteleuropei. D’altra parte questi sperimentalismi, sintetizzati con la rappresentazione architettonica, navigano verso orizzonti inesplorati: i foto-collage divengono lo spazio per queste ‘invenzioni’, volte alla creazione (o alla simulazione) di una realtà immaginaria dosando elementi di realtà concreta. Meno d’impatto risultano invece i diorami o le fotografie del plastici architettonici con degli sfondi fatti con fotografie del reale, che solo in rari casi acquisiscono artisticità.File | Dimensione | Formato | |
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