Partendo dalla vicenda e dagli interventi di cui fu oggetto l’abbazia di S. Maria della Castagnola a Chiaravalle, vicino Ancona, si focalizza l’attenzione sulla tutela ed il restauro nelle Marche tra la seconda metà del XIX sec. e gli inizi del XX. Il sito, fin dalla rifondazione operata dai cistercensi nel XII secolo, ha costituito una delle realtà più rilevanti nell’ambito delle fabbriche religiose marchigiane, divenendo il centro di un’importante entità politico-economica dal secolo XIII al XV. Dopo la soppressione dell’età napoleonica, il complesso monastico venne acquisito al patrimonio “dell’Appannaggio” di Eugène de Beauharnais, rinnovando la propria vocazione direzionale e rimanendovi fino al 1845; in questo periodo fu oggetto di trasformazioni che segnarono marcatamente la struttura e lasciarono molteplici segni. Una vasta documentazione proveniente dall’Archivio della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche unita all’analisi critica dell’operato delle due maggiori figure attive in quest’area geografica nel periodo postunitario, Giuseppe Sacconi ed Icilio Bocci, conduce ad esaminare un periodo in cui la grande attenzione alla storia dei monumenti ed alla loro evoluzione venne interpretata con esiti sovente troppo selettivi nei confronti della memoria e del dato materiale.
La selezione come prassi. La tutela e il restauro nelle Marche nel XIX secolo e l’abbazia di Santa Maria in Castagnola a Chiaravalle / Ausilio, Alfonso; Pacheco, Alessandra. - In: CONFRONTI. - ISSN 2279-7920. - 13-16(2022), pp. 337-344.
La selezione come prassi. La tutela e il restauro nelle Marche nel XIX secolo e l’abbazia di Santa Maria in Castagnola a Chiaravalle
Ausilio, AlfonsoWriting – Original Draft Preparation
;
2022
Abstract
Partendo dalla vicenda e dagli interventi di cui fu oggetto l’abbazia di S. Maria della Castagnola a Chiaravalle, vicino Ancona, si focalizza l’attenzione sulla tutela ed il restauro nelle Marche tra la seconda metà del XIX sec. e gli inizi del XX. Il sito, fin dalla rifondazione operata dai cistercensi nel XII secolo, ha costituito una delle realtà più rilevanti nell’ambito delle fabbriche religiose marchigiane, divenendo il centro di un’importante entità politico-economica dal secolo XIII al XV. Dopo la soppressione dell’età napoleonica, il complesso monastico venne acquisito al patrimonio “dell’Appannaggio” di Eugène de Beauharnais, rinnovando la propria vocazione direzionale e rimanendovi fino al 1845; in questo periodo fu oggetto di trasformazioni che segnarono marcatamente la struttura e lasciarono molteplici segni. Una vasta documentazione proveniente dall’Archivio della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche unita all’analisi critica dell’operato delle due maggiori figure attive in quest’area geografica nel periodo postunitario, Giuseppe Sacconi ed Icilio Bocci, conduce ad esaminare un periodo in cui la grande attenzione alla storia dei monumenti ed alla loro evoluzione venne interpretata con esiti sovente troppo selettivi nei confronti della memoria e del dato materiale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.