Comprendere la provenienza delle pietre che, nei secoli, hanno rappresentato la struttura portante e l’apparato decorativo della basilica aquilana di Santa Maria di Collemaggio non è un’operazione semplice. Studiando la chiesa e il convento si rinvengono materiali lapidei di diversa natura e provenienza: calcari vacuolari, definiti comunemente ‘travertini’, di uso comune nella Conca Aquilana per la loro tenacia, durabilità e igroscopicità; la ‘pietra gentile’ di facile lavorabilità, preferita dai costruttori per il basso costo di lavorazione; le pietre rosse, provenienti da diversi siti che nel corso dei secoli sono andati esaurendosi progressivamente, che insieme alla ‘pietra gentile’ bianca tanto caratterizza l’aspetto dell’architettura ecclesiastica aquilana. I luoghi di provenienza del materiale destinato a realizzare i muri di minor qualità e quelli che non dovevano rimanere a vista furono, in alcune occasioni, i campi, soggetti a ‘spietratura’, talvolta appositamente destinati a tale scopo. Altri materiali impiegati nella basilica furono recuperati dalle macerie risultate dai crolli subiti dall’edificio nel corso del grande terremoto del 1703, che danneggiò gravemente il complesso monumentale. Solo poche pietre e alcuni marmi giunsero a l’Aquila da aree esterne al Contado, prevalentemente dal Lazio, dalla Campania e dalla Sicilia, dove si rifornivano gli scalpellini attivi a l’Aquila, molti dei quali si erano perfezionati a Napoli e a Roma nell'arte di lavorare la pietra.
Le pietre di Collemaggio / Mancini, Rossana. - (2020), pp. 326-337.
Le pietre di Collemaggio
Mancini, Rossana
2020
Abstract
Comprendere la provenienza delle pietre che, nei secoli, hanno rappresentato la struttura portante e l’apparato decorativo della basilica aquilana di Santa Maria di Collemaggio non è un’operazione semplice. Studiando la chiesa e il convento si rinvengono materiali lapidei di diversa natura e provenienza: calcari vacuolari, definiti comunemente ‘travertini’, di uso comune nella Conca Aquilana per la loro tenacia, durabilità e igroscopicità; la ‘pietra gentile’ di facile lavorabilità, preferita dai costruttori per il basso costo di lavorazione; le pietre rosse, provenienti da diversi siti che nel corso dei secoli sono andati esaurendosi progressivamente, che insieme alla ‘pietra gentile’ bianca tanto caratterizza l’aspetto dell’architettura ecclesiastica aquilana. I luoghi di provenienza del materiale destinato a realizzare i muri di minor qualità e quelli che non dovevano rimanere a vista furono, in alcune occasioni, i campi, soggetti a ‘spietratura’, talvolta appositamente destinati a tale scopo. Altri materiali impiegati nella basilica furono recuperati dalle macerie risultate dai crolli subiti dall’edificio nel corso del grande terremoto del 1703, che danneggiò gravemente il complesso monumentale. Solo poche pietre e alcuni marmi giunsero a l’Aquila da aree esterne al Contado, prevalentemente dal Lazio, dalla Campania e dalla Sicilia, dove si rifornivano gli scalpellini attivi a l’Aquila, molti dei quali si erano perfezionati a Napoli e a Roma nell'arte di lavorare la pietra.File | Dimensione | Formato | |
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