I think that making architecture today means confronting a context that everyone represents as saturated and trying - as much as possible and granted - to build in the gaps of the constructions through overwriting aimed at shifting the sense of things. Working with Cherubino Gambardella, I learned the importance of accommodation in architecture, that is the necessary attitude to mediate between the bodies involved in order to define a new spatial arrangement, without fearing the stratification of signs. An architectural object can also change with the interposition of "simple" underscores that, in adhering to the signals of something that already exists under trace in the state of fact, they can live clinging inside and outside the original building in harmony with it. Any empty shell can reserve imaginary chances if viewed with extreme metamorphic obsession with its adaptation. This serves to project it also in a blurred way towards a new architecture, according to an approach aimed at rehabilitating the minor building that populates the Italian soil. Just like the virtuous model proposed by the SHArch research project (1), which applies these reflections to the recovery and reuse of confiscated property. By absorbing these assumptions I am trying - over time - to put in order thoughts that do not constitute a real theory, but seem to me sufficient to begin to specify a way of working. My attempt is to intervene on the existing with actions defined and dominated by geometric signs, almost reduced to bone, to obtain an expressiveness based on the shadow and the plastic possibilities of its chiaroscuro compendium. The body determines the shape and position of the additions, changes the perception of the space that houses them and opens the way to singular duality in balance between appearance and reality. Thus, the project is split between virtual image and built image: the two are similar without ever overlapping and the compendium of shadow accentuates the differences with dissonant conformations.

Penso che fare architettura oggi significhi confrontarsi con un contesto che tutti rappresentano come saturo e provare - per quanto possibile e concesso - a costruire nelle lacune delle costruzioni mediante sovrascritture mirate a spostare il senso delle cose. Lavorando con Cherubino Gambardella ho imparato l’importanza dell’accomodare in architettura, ovvero quella necessaria attitudine a mediare tra gli enti incorrenti per arrivare a definire un nuovo assetto spaziale, senza temere la stratificazione dei segni. Un oggetto architettonico può mutare anche con l’interposizione di “semplici” sottolineature che, nell’aderire ai segnali di qualcosa che esiste già sotto traccia nello stato di fatto, possono vivere aggrappate dentro e fuori l’edificio originale mettendosi in consonanza con quest’ultimo. Ogni guscio vuoto può riservare chance immaginarie se guardato con estrema ossessione metamorfica nei confronti del suo adattamento. Ciò serve a proiettarlo anche in maniera sfocata verso una nuova architettura, secondo un approccio volto a riabilitare il costruito minore che popola il suolo italiano. Proprio come per il modello virtuoso prospettato dal progetto di ricerca SHArch (1), che applica queste riflessioni al recupero e al riuso dei beni confiscati. Assorbendo tali assunti sto cercando - nel tempo - di mettere in ordine dei pensieri che non costituiscono una teoria vera e propria, ma mi sembrano sufficienti per cominciare a precisare un modo di lavorare. Il mio tentativo è quello di intervenire sull’esistente con azioni definite e dominate da segni geometrici, quasi ridotti all’osso, per ottenere un’espressività fondata sull’ombra e sulle possibilità plastiche del suo compendio chiaroscurale. L’ente determina forma e posizione delle aggiunte, cambia la percezione dello spazio che le ospita e apre la strada a singolari dualità in bilico tra apparenza e realtà. Così, il progetto è scisso tra immagine virtuale e immagine costruita: le due si assomigliano senza sovrapporsi mai e il compendio d’ombra ne accentua le differenze con conformazioni dissonanti.

Azione adattativa / Arcopinto, Luigi. - In: DROMOS. - ISSN 2239-6284. - 10(2023), pp. 56-56.

Azione adattativa

Arcopinto, Luigi
2023

Abstract

I think that making architecture today means confronting a context that everyone represents as saturated and trying - as much as possible and granted - to build in the gaps of the constructions through overwriting aimed at shifting the sense of things. Working with Cherubino Gambardella, I learned the importance of accommodation in architecture, that is the necessary attitude to mediate between the bodies involved in order to define a new spatial arrangement, without fearing the stratification of signs. An architectural object can also change with the interposition of "simple" underscores that, in adhering to the signals of something that already exists under trace in the state of fact, they can live clinging inside and outside the original building in harmony with it. Any empty shell can reserve imaginary chances if viewed with extreme metamorphic obsession with its adaptation. This serves to project it also in a blurred way towards a new architecture, according to an approach aimed at rehabilitating the minor building that populates the Italian soil. Just like the virtuous model proposed by the SHArch research project (1), which applies these reflections to the recovery and reuse of confiscated property. By absorbing these assumptions I am trying - over time - to put in order thoughts that do not constitute a real theory, but seem to me sufficient to begin to specify a way of working. My attempt is to intervene on the existing with actions defined and dominated by geometric signs, almost reduced to bone, to obtain an expressiveness based on the shadow and the plastic possibilities of its chiaroscuro compendium. The body determines the shape and position of the additions, changes the perception of the space that houses them and opens the way to singular duality in balance between appearance and reality. Thus, the project is split between virtual image and built image: the two are similar without ever overlapping and the compendium of shadow accentuates the differences with dissonant conformations.
2023
Penso che fare architettura oggi significhi confrontarsi con un contesto che tutti rappresentano come saturo e provare - per quanto possibile e concesso - a costruire nelle lacune delle costruzioni mediante sovrascritture mirate a spostare il senso delle cose. Lavorando con Cherubino Gambardella ho imparato l’importanza dell’accomodare in architettura, ovvero quella necessaria attitudine a mediare tra gli enti incorrenti per arrivare a definire un nuovo assetto spaziale, senza temere la stratificazione dei segni. Un oggetto architettonico può mutare anche con l’interposizione di “semplici” sottolineature che, nell’aderire ai segnali di qualcosa che esiste già sotto traccia nello stato di fatto, possono vivere aggrappate dentro e fuori l’edificio originale mettendosi in consonanza con quest’ultimo. Ogni guscio vuoto può riservare chance immaginarie se guardato con estrema ossessione metamorfica nei confronti del suo adattamento. Ciò serve a proiettarlo anche in maniera sfocata verso una nuova architettura, secondo un approccio volto a riabilitare il costruito minore che popola il suolo italiano. Proprio come per il modello virtuoso prospettato dal progetto di ricerca SHArch (1), che applica queste riflessioni al recupero e al riuso dei beni confiscati. Assorbendo tali assunti sto cercando - nel tempo - di mettere in ordine dei pensieri che non costituiscono una teoria vera e propria, ma mi sembrano sufficienti per cominciare a precisare un modo di lavorare. Il mio tentativo è quello di intervenire sull’esistente con azioni definite e dominate da segni geometrici, quasi ridotti all’osso, per ottenere un’espressività fondata sull’ombra e sulle possibilità plastiche del suo compendio chiaroscurale. L’ente determina forma e posizione delle aggiunte, cambia la percezione dello spazio che le ospita e apre la strada a singolari dualità in bilico tra apparenza e realtà. Così, il progetto è scisso tra immagine virtuale e immagine costruita: le due si assomigliano senza sovrapporsi mai e il compendio d’ombra ne accentua le differenze con conformazioni dissonanti.
adattare; capannone; industria; euclidea; edificio industriale; Napoli; accomodare
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Azione adattativa / Arcopinto, Luigi. - In: DROMOS. - ISSN 2239-6284. - 10(2023), pp. 56-56.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1697331
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