Con il presente contributo si intendono presentare le sperimentazioni applicative più recenti sull’uso delle carte Hanji per il restauro fotografico. La ricerca è stata avviata nel 2014, in occasione delle celebrazioni del 130° anniversario delle relazioni bilaterali tra Corea e Italia, grazie a un corso di formazione professionale tenutosi a Milano e rivolto a restauratori europei mid carreer che mirava a sviluppare una migliore comprensione delle proprietà fisiche della Hanji, la carta di gelso prodotta tradizionalmente in Corea, nonchè del suo potenziale per la conservazione del patrimonio culturale su supporto cartaceo. La Hanji è stata impiegata per il restauro di opere cartecee inizialmente in Asia ed in tempi più recenti è stata adottata negli Stati Uniti accanto ad altre carte orientali. Negli ultimi anni è stata introdotta anche in Europa attraverso un’attività di promozione e conoscenza che ha previsto collaborazioni con istituti di ricerca pubblici e privati, oltre all’organizzazione di corsi. Proprio a seguito di un corso, quello milanese, i partecipanti hanno formato il Gruppo 130, con lo scopo di esaminare più a fondo le caratteristiche specifiche che rendono la Hanji un materiale utile per la conservazione di una vasta gamma di manufatti, tra i quali libri, opere grafiche antiche e contemporanee, fotografie. La ricerca ha prodotto risultati scientifici che ne hanno confermato la qualità e che sono stati successivamente divulgati a livello nazionale ed internazionale dallo stesso Gruppo 130. All'interno del gruppo di restauratori, le autrici del presente contributo si sono concentrate in particolare sulle proprietà fisiche ed estetiche della carta coreana, in particolare quando applicate al campo della conservazione delle stampe fotografiche. Oggi si propone dunque di presentare l’evoluzione di questa lunga ricerca, mostrando sintenticamente i risultati diagnostici precedenti e discutendo i test applicativi già effettuati o tutt’ora in progress sui materiali fotografici. A tal fine, è stato operato un confronto fra la Hanji ed altre carte, sia prodotte a mano in Oriente ed Occidente, sia prodotte industrialmente, evidenziandone le differenze non solo in termini di utilità per i trattamenti temporanei, ad esempio come alternativa al tessuto non tessuto durante i trattamenti con solvente, oppure per l’inumidimento selettivo e lo spianamento, ma anche in termini di uso per trattamenti permanenti, in particolar modo per la compensazione delle lacune, la foderatura e il montaggio delle stampe fotografiche. Saranno inoltre discusse le qualità chiave della Hanji, come il colore, la flessibilità, l’orientamento e la lunghezza delle fibre, ed infine la trasparenza, sia per quelle prodotte su telai tradizionali coreani (Oe Bal), sia “alla giapponese” (Ssang Bal), nonché le risposte all'acqua o altri solventi, agli adesivi e ai colori usati di prassi per le integrazioni cromatiche. Al fine di garantire la validità del metodo sperimentale e produrre risultati comparabili, per i test sono stati utilizzati sia campioni, sia fotografie originali provenienti da collezioni di istituzioni, tra le quali la Società Geografica Italiana e la Biblioteca Hertziana - Max-Planck Institute for Art History.

Hanji e le sue applicazioni nel restauro della fotografia. Evoluzione di una ricerca / Delia, Federica; Cattaneo, Barbara. - 18:(2020), pp. 57-64. (Intervento presentato al convegno Lo stato dell'arte 18 Congresso nazionale IGIIC (Italian Group of the International Institute for Conservation) tenutosi a Castello di Udine, Salone del Parlamento e villa de Claricini Dornpacher).

Hanji e le sue applicazioni nel restauro della fotografia. Evoluzione di una ricerca

Barbara Cattaneo
2020

Abstract

Con il presente contributo si intendono presentare le sperimentazioni applicative più recenti sull’uso delle carte Hanji per il restauro fotografico. La ricerca è stata avviata nel 2014, in occasione delle celebrazioni del 130° anniversario delle relazioni bilaterali tra Corea e Italia, grazie a un corso di formazione professionale tenutosi a Milano e rivolto a restauratori europei mid carreer che mirava a sviluppare una migliore comprensione delle proprietà fisiche della Hanji, la carta di gelso prodotta tradizionalmente in Corea, nonchè del suo potenziale per la conservazione del patrimonio culturale su supporto cartaceo. La Hanji è stata impiegata per il restauro di opere cartecee inizialmente in Asia ed in tempi più recenti è stata adottata negli Stati Uniti accanto ad altre carte orientali. Negli ultimi anni è stata introdotta anche in Europa attraverso un’attività di promozione e conoscenza che ha previsto collaborazioni con istituti di ricerca pubblici e privati, oltre all’organizzazione di corsi. Proprio a seguito di un corso, quello milanese, i partecipanti hanno formato il Gruppo 130, con lo scopo di esaminare più a fondo le caratteristiche specifiche che rendono la Hanji un materiale utile per la conservazione di una vasta gamma di manufatti, tra i quali libri, opere grafiche antiche e contemporanee, fotografie. La ricerca ha prodotto risultati scientifici che ne hanno confermato la qualità e che sono stati successivamente divulgati a livello nazionale ed internazionale dallo stesso Gruppo 130. All'interno del gruppo di restauratori, le autrici del presente contributo si sono concentrate in particolare sulle proprietà fisiche ed estetiche della carta coreana, in particolare quando applicate al campo della conservazione delle stampe fotografiche. Oggi si propone dunque di presentare l’evoluzione di questa lunga ricerca, mostrando sintenticamente i risultati diagnostici precedenti e discutendo i test applicativi già effettuati o tutt’ora in progress sui materiali fotografici. A tal fine, è stato operato un confronto fra la Hanji ed altre carte, sia prodotte a mano in Oriente ed Occidente, sia prodotte industrialmente, evidenziandone le differenze non solo in termini di utilità per i trattamenti temporanei, ad esempio come alternativa al tessuto non tessuto durante i trattamenti con solvente, oppure per l’inumidimento selettivo e lo spianamento, ma anche in termini di uso per trattamenti permanenti, in particolar modo per la compensazione delle lacune, la foderatura e il montaggio delle stampe fotografiche. Saranno inoltre discusse le qualità chiave della Hanji, come il colore, la flessibilità, l’orientamento e la lunghezza delle fibre, ed infine la trasparenza, sia per quelle prodotte su telai tradizionali coreani (Oe Bal), sia “alla giapponese” (Ssang Bal), nonché le risposte all'acqua o altri solventi, agli adesivi e ai colori usati di prassi per le integrazioni cromatiche. Al fine di garantire la validità del metodo sperimentale e produrre risultati comparabili, per i test sono stati utilizzati sia campioni, sia fotografie originali provenienti da collezioni di istituzioni, tra le quali la Società Geografica Italiana e la Biblioteca Hertziana - Max-Planck Institute for Art History.
2020
Lo stato dell'arte 18 Congresso nazionale IGIIC (Italian Group of the International Institute for Conservation)
fotografia; restauro; carte orientali; hanji;
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Hanji e le sue applicazioni nel restauro della fotografia. Evoluzione di una ricerca / Delia, Federica; Cattaneo, Barbara. - 18:(2020), pp. 57-64. (Intervento presentato al convegno Lo stato dell'arte 18 Congresso nazionale IGIIC (Italian Group of the International Institute for Conservation) tenutosi a Castello di Udine, Salone del Parlamento e villa de Claricini Dornpacher).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1696993
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