I “grandi del mondo”, durante la COP 27 tenutasi a Sharm el-Sheik dal 6 all’8 novembre 2022, non sono riusciti a convergere sul varo di azioni significative per abbattere o quanto meno mitigare le emissioni di gas ad effetto serra. Nel frattempo cresce il surriscaldamento globale: nel 2022 l’aumento della temperatura media sfiora +1,15°C (World Meteorological Organization). Mentre centrare l’obiettivo di 1,5°C, fissato dalla COP 21 di Parigi sembra sempre più difficile, si rafforza la convinzione che, per accompagnare la transizione, sia determinante “agire local”. Lo ribadisce l’ONU, focalizzando il World Cities Day di quest’anno (Shangai, 31 ottobre 2022) sul tema “Act Local to Go Global”, con l’intento di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 incentivando azioni locali a favore del verde, dell’equità, dell’inclusione e della sostenibilità. Proprio queste sono le parole chiave che guidano l’ideazione di un progetto di ri-naturalizzazione urbana, a Roma. centrato sulla dimensione locale, sulla costruzione di un processo pedagogico capace di coinvolgere le nuove generazioni e di attivare la cittadinanza. In linea con i principi della Convenzione Europea del Paesaggio, il progetto prevede, infatti, azioni specifiche di sensibilizzazione, formazione ed educazione per accendere la consapevolezza ambientale. Favorire la conoscenza della natura diventa così un percorso formativo lungo il quale si sviluppano progetti, pratiche collaborative e azioni di cura, coniugando la sostenibilità ambientale con quella economica, e soprattutto sociale. Creando così le basi per l’attivazione di comunità energetiche rinnovabili (Labsus). Diverse e impegnative le sfide a cui il progetto intende rispondere: centrare il progetto nella dimensione di quartiere; integrare il progetto in una dimensione di governance multilevel; individuare una forma di verde che possa trasformarsi in un “laboratorio culturale, eco-pedagogico e di cura” del paesaggio; costruire un percorso pedagogico interattivo che promuova la collaborazione tra Scuole, Istituti superiori e Università; misurare gli impatti del progetto quantificando i servizi eco-sistemici prodotti (Semeraro et al., 2022) attraverso processi di osservazione e conoscenza condivisa (Citizen Science). Se, come afferma Joan Nogué, la capacità degli esseri umani è di creare luoghi nello spazio, di viverli, di riempirli di valore e di tessere relazioni (Nogué, 2010), grazie al “ritorno della natura” lo spazio del quotidiano si carica di valori, di emozioni e di significati a beneficio dei “suoi” abitanti. In questo contesto metodologico, si delinea il progetto coordinato dall’Università Sapienza, con la collaborazione dell’Università della Tuscia, che prende forma attraverso una partecipazione a geografia variabile che coinvolge la Regione Lazio, il Comune di Roma, i Municipi II, III e VIII. Tra le scelte intermedie del progetto, una delle più interessanti riguarda la “forma del verde”. Dagli studi centrati sulle Nature Based Solution emerge un nuovo approccio che dimostra l’efficacia della realizzazione di foreste in ambito urbano per lo sviluppo di servizi ecosistemici e per accrescere la resilienza urbana (Hansen and Pauleit 2014; Madureira and Andresen 2014). Come declinare, allora, la forestazione in ambito di quartiere? La letteratura scientifica e la sperimentazione diretta consentono di identificare le microforeste come un’opzione locale di forestazione urbana a misura di quartiere. I prodromi di questo sviluppo innovativo nascono in Giappone, con il “metodo Miyawaki” (Miyawaki, 2019), si sviluppano in India con le esplorazioni condotte da Shubendu Sharma (Afforest, 2011) finalizzate all’impianto di piccole foreste native in dimensioni ridotte (150-250 m2). Dal 2015 le microforeste arrivano in Europa e si diffondono. Si accerta che una zolla di natura, grande quanto un campo da tennis (250 m2), è in grado di ridurre le temperature di 1 - 2°C; di mitigare l’inquinamento stoccando 60 kg di CO2/mq; di diminuire l’inquinamento acustico di 10dB; di incrementare la stabilità dei suoli e l’assorbimento dell’acqua; di sviluppare la biodiversità (Urban Forests, 2021). L’impatto sociale e culturale è almeno altrettanto rilevante. La microforesta, infatti, diventa pedagogica ancora prima di essere impiantata. Il processo prevede la regia di un tempo di attesa durante il quale temi e luoghi evocano i problemi della città contemporanea e mostrano le soluzioni che possono essere intraprese. La microforesta si trasforma in un mosaico di temi e opzioni da proporre e illustrare attraverso lezioni out-door e sperimentazioni. Si passa dall’analisi percettiva alle misurazioni tramite sensori mobili di temperatura, CO2 e PM, all’analisi delle funzioni delle piante tramite sensori. Attraverso le attività, guidate dalle scuole e partecipate dalle associazioni, la microforesta diventa un luogo di incontro e di riferimento per la comunità ma anche di apprendimento. Con un virtuoso effetto domino il percorso di conoscenza favorisce l’empowerment. Da qui, infatti, parte la redazione di un “patto di collaborazione” per la microforesta. Parafrasando Joan Nogué, la “pedagogia della microforesta” (Nogué, 2010) può aiutare i cittadini a sviluppare una percezione cognitiva del paesaggio, ad accrescere la comprensione dell’identità dei luoghi e dei sistemi di relazioni che ad essi li collegano. Quindi a facilitare la comparsa di forme di coesione sociale, e in definitiva, la consapevolezza dell’importanza del ruolo della natura di prossimità

Giornata internazionale dell'albero- 21 novembre 2023 Microforesta San Lorenzo, Parco dei Caduti, Roma, ore 10.00 / Fratini, Fabiola. - (2023). (Intervento presentato al convegno 21 Novembre 2023 Festa dell’Albero Microforesta San Lorenzo Parco dei Caduti, Roma, ore 10.00 - Evento e sperimentazioni outdoor con 300 bambini provienienti dalla scuola di Gregna S.Andrea e dalle scuole Borsi e Saffi di San Lorenzo. tenutosi a Parco dei Caduti, San Lorenzo, Roma nel 21 novembre 2023).

Giornata internazionale dell'albero- 21 novembre 2023 Microforesta San Lorenzo, Parco dei Caduti, Roma, ore 10.00

fabiola fratini
2023

Abstract

I “grandi del mondo”, durante la COP 27 tenutasi a Sharm el-Sheik dal 6 all’8 novembre 2022, non sono riusciti a convergere sul varo di azioni significative per abbattere o quanto meno mitigare le emissioni di gas ad effetto serra. Nel frattempo cresce il surriscaldamento globale: nel 2022 l’aumento della temperatura media sfiora +1,15°C (World Meteorological Organization). Mentre centrare l’obiettivo di 1,5°C, fissato dalla COP 21 di Parigi sembra sempre più difficile, si rafforza la convinzione che, per accompagnare la transizione, sia determinante “agire local”. Lo ribadisce l’ONU, focalizzando il World Cities Day di quest’anno (Shangai, 31 ottobre 2022) sul tema “Act Local to Go Global”, con l’intento di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 incentivando azioni locali a favore del verde, dell’equità, dell’inclusione e della sostenibilità. Proprio queste sono le parole chiave che guidano l’ideazione di un progetto di ri-naturalizzazione urbana, a Roma. centrato sulla dimensione locale, sulla costruzione di un processo pedagogico capace di coinvolgere le nuove generazioni e di attivare la cittadinanza. In linea con i principi della Convenzione Europea del Paesaggio, il progetto prevede, infatti, azioni specifiche di sensibilizzazione, formazione ed educazione per accendere la consapevolezza ambientale. Favorire la conoscenza della natura diventa così un percorso formativo lungo il quale si sviluppano progetti, pratiche collaborative e azioni di cura, coniugando la sostenibilità ambientale con quella economica, e soprattutto sociale. Creando così le basi per l’attivazione di comunità energetiche rinnovabili (Labsus). Diverse e impegnative le sfide a cui il progetto intende rispondere: centrare il progetto nella dimensione di quartiere; integrare il progetto in una dimensione di governance multilevel; individuare una forma di verde che possa trasformarsi in un “laboratorio culturale, eco-pedagogico e di cura” del paesaggio; costruire un percorso pedagogico interattivo che promuova la collaborazione tra Scuole, Istituti superiori e Università; misurare gli impatti del progetto quantificando i servizi eco-sistemici prodotti (Semeraro et al., 2022) attraverso processi di osservazione e conoscenza condivisa (Citizen Science). Se, come afferma Joan Nogué, la capacità degli esseri umani è di creare luoghi nello spazio, di viverli, di riempirli di valore e di tessere relazioni (Nogué, 2010), grazie al “ritorno della natura” lo spazio del quotidiano si carica di valori, di emozioni e di significati a beneficio dei “suoi” abitanti. In questo contesto metodologico, si delinea il progetto coordinato dall’Università Sapienza, con la collaborazione dell’Università della Tuscia, che prende forma attraverso una partecipazione a geografia variabile che coinvolge la Regione Lazio, il Comune di Roma, i Municipi II, III e VIII. Tra le scelte intermedie del progetto, una delle più interessanti riguarda la “forma del verde”. Dagli studi centrati sulle Nature Based Solution emerge un nuovo approccio che dimostra l’efficacia della realizzazione di foreste in ambito urbano per lo sviluppo di servizi ecosistemici e per accrescere la resilienza urbana (Hansen and Pauleit 2014; Madureira and Andresen 2014). Come declinare, allora, la forestazione in ambito di quartiere? La letteratura scientifica e la sperimentazione diretta consentono di identificare le microforeste come un’opzione locale di forestazione urbana a misura di quartiere. I prodromi di questo sviluppo innovativo nascono in Giappone, con il “metodo Miyawaki” (Miyawaki, 2019), si sviluppano in India con le esplorazioni condotte da Shubendu Sharma (Afforest, 2011) finalizzate all’impianto di piccole foreste native in dimensioni ridotte (150-250 m2). Dal 2015 le microforeste arrivano in Europa e si diffondono. Si accerta che una zolla di natura, grande quanto un campo da tennis (250 m2), è in grado di ridurre le temperature di 1 - 2°C; di mitigare l’inquinamento stoccando 60 kg di CO2/mq; di diminuire l’inquinamento acustico di 10dB; di incrementare la stabilità dei suoli e l’assorbimento dell’acqua; di sviluppare la biodiversità (Urban Forests, 2021). L’impatto sociale e culturale è almeno altrettanto rilevante. La microforesta, infatti, diventa pedagogica ancora prima di essere impiantata. Il processo prevede la regia di un tempo di attesa durante il quale temi e luoghi evocano i problemi della città contemporanea e mostrano le soluzioni che possono essere intraprese. La microforesta si trasforma in un mosaico di temi e opzioni da proporre e illustrare attraverso lezioni out-door e sperimentazioni. Si passa dall’analisi percettiva alle misurazioni tramite sensori mobili di temperatura, CO2 e PM, all’analisi delle funzioni delle piante tramite sensori. Attraverso le attività, guidate dalle scuole e partecipate dalle associazioni, la microforesta diventa un luogo di incontro e di riferimento per la comunità ma anche di apprendimento. Con un virtuoso effetto domino il percorso di conoscenza favorisce l’empowerment. Da qui, infatti, parte la redazione di un “patto di collaborazione” per la microforesta. Parafrasando Joan Nogué, la “pedagogia della microforesta” (Nogué, 2010) può aiutare i cittadini a sviluppare una percezione cognitiva del paesaggio, ad accrescere la comprensione dell’identità dei luoghi e dei sistemi di relazioni che ad essi li collegano. Quindi a facilitare la comparsa di forme di coesione sociale, e in definitiva, la consapevolezza dell’importanza del ruolo della natura di prossimità
2023
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1693451
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