Espressione di un «obbligo preventivo» a riconoscersi in un quadro comune di principi e valori, la Costituzione italiana promulgata il 27 dicembre del 1947 postula un legame forte e necessario con il futuro quale principio dinamizzante della realtà politica e sociale. Partecipe del più vasto e radicale processo di trasformazione del diritto pubblico otto-novecentesco, l’opera dei costituenti fu infatti permeata dalla volontà di superare il principio formalistico della «sovranità della legge» tramite l’affermazione di un’istanza politica e metagiuridica superiore, ancorata a valori e principi fortificati da un consenso sociale ampio e trasversale e consacrata in un testo non disponibile agli occasionali signori della legge, ma anzi capace di vincolare il legislatore del futuro a un preciso comando e a precise finalità di carattere generale. L’enfasi posta durante i lavori in commissione e in assemblea sull’esigenza e la necessità di definire un nucleo ideologico dalla forte valenza coesiva e programmatica, contribuì a caricare di significati palingenetici l’atto fondativo della città repubblicana, senza tuttavia riuscire a mascherarne le contraddizioni in termini di sviluppo e di proiezione dello stesso nucleo ideologico costituzionale nella realtà storica, concretamente data. Esito di una stagione di intense battaglie politiche e sociali tra forze di vario orientamento culturale e ideologico, organizzate secondo principi e logiche di appartenenza diversamente sensibili all’evoluzione del dato politico internazionale, la costituzione finì così per incorporare un’idea depotenziata di futuro come grande «tempo di transizione», indeterminato quanto ai caratteri e agli strumenti attuativi della «rivoluzione promessa». Le radici di un’utopia ragionevole, nel segno della concordia orbis e del cammino verso una pacificazione civile e morale degli italiani, o del principio di una democrazia «sostanziale», tesa a rimuovere gli ostacoli verso la vera eguaglianza sociale, non poterono dunque svilupparsi se non in presenza di altre, meno irenistiche prefigurazioni del progresso civile e sociale. La concezione tragica della politica come conflitto fu un dato costante e significativo del dibattito costituente, che avrebbe contribuito per altro verso ad esaltare e nobilitare l’ideale della politica come arte di governo e del compromesso. Arte che si scelse infatti di consacrare nel quadro di una concezione costituzionale organicamente debole del potere esecutivo e di una declinazione altrettanto debole del principio di maggioranza, dettate da preoccupazioni contingenti e da una prefigurazione del futuro in termini potenzialmente divisivi. L’opera costituente sembra così rappresentare, nel suo esito finale, una meditata, realistica presa d’atto della necessità di mettere tra parentesi l’utopia e di costruire il futuro come tempo di transizione, aperto ad ogni possibile esito e direzione. L’idea della costituzione come grande utopia irrealizzata o come promessa eternamente attuale sarebbe stata simbioticamente figlia di un altro tempo storico, successivo alla sua entrata in vigore. Un tempo segnato dalla angosciata meditazione intorno alla natura non occasionale e contingente della democrazia come forma di governo sempre al presente, funzionale alla mediazione permanente degli interessi e della pluralità di istanze politiche e sociali in essa presenti.

La Costituzione repubblicana: un patto per il futuro? / Guiso, Andrea. - In: MONDO CONTEMPORANEO. - ISSN 1825-8905. - 2-3/2022(2022), pp. 47-72.

La Costituzione repubblicana: un patto per il futuro?

Guiso, Andrea
2022

Abstract

Espressione di un «obbligo preventivo» a riconoscersi in un quadro comune di principi e valori, la Costituzione italiana promulgata il 27 dicembre del 1947 postula un legame forte e necessario con il futuro quale principio dinamizzante della realtà politica e sociale. Partecipe del più vasto e radicale processo di trasformazione del diritto pubblico otto-novecentesco, l’opera dei costituenti fu infatti permeata dalla volontà di superare il principio formalistico della «sovranità della legge» tramite l’affermazione di un’istanza politica e metagiuridica superiore, ancorata a valori e principi fortificati da un consenso sociale ampio e trasversale e consacrata in un testo non disponibile agli occasionali signori della legge, ma anzi capace di vincolare il legislatore del futuro a un preciso comando e a precise finalità di carattere generale. L’enfasi posta durante i lavori in commissione e in assemblea sull’esigenza e la necessità di definire un nucleo ideologico dalla forte valenza coesiva e programmatica, contribuì a caricare di significati palingenetici l’atto fondativo della città repubblicana, senza tuttavia riuscire a mascherarne le contraddizioni in termini di sviluppo e di proiezione dello stesso nucleo ideologico costituzionale nella realtà storica, concretamente data. Esito di una stagione di intense battaglie politiche e sociali tra forze di vario orientamento culturale e ideologico, organizzate secondo principi e logiche di appartenenza diversamente sensibili all’evoluzione del dato politico internazionale, la costituzione finì così per incorporare un’idea depotenziata di futuro come grande «tempo di transizione», indeterminato quanto ai caratteri e agli strumenti attuativi della «rivoluzione promessa». Le radici di un’utopia ragionevole, nel segno della concordia orbis e del cammino verso una pacificazione civile e morale degli italiani, o del principio di una democrazia «sostanziale», tesa a rimuovere gli ostacoli verso la vera eguaglianza sociale, non poterono dunque svilupparsi se non in presenza di altre, meno irenistiche prefigurazioni del progresso civile e sociale. La concezione tragica della politica come conflitto fu un dato costante e significativo del dibattito costituente, che avrebbe contribuito per altro verso ad esaltare e nobilitare l’ideale della politica come arte di governo e del compromesso. Arte che si scelse infatti di consacrare nel quadro di una concezione costituzionale organicamente debole del potere esecutivo e di una declinazione altrettanto debole del principio di maggioranza, dettate da preoccupazioni contingenti e da una prefigurazione del futuro in termini potenzialmente divisivi. L’opera costituente sembra così rappresentare, nel suo esito finale, una meditata, realistica presa d’atto della necessità di mettere tra parentesi l’utopia e di costruire il futuro come tempo di transizione, aperto ad ogni possibile esito e direzione. L’idea della costituzione come grande utopia irrealizzata o come promessa eternamente attuale sarebbe stata simbioticamente figlia di un altro tempo storico, successivo alla sua entrata in vigore. Un tempo segnato dalla angosciata meditazione intorno alla natura non occasionale e contingente della democrazia come forma di governo sempre al presente, funzionale alla mediazione permanente degli interessi e della pluralità di istanze politiche e sociali in essa presenti.
2022
Costituzione, cultura politica, futuro, utopia, guerra fredda
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
La Costituzione repubblicana: un patto per il futuro? / Guiso, Andrea. - In: MONDO CONTEMPORANEO. - ISSN 1825-8905. - 2-3/2022(2022), pp. 47-72.
File allegati a questo prodotto
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1691750
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact