Le pagine tracciano alcune questioni tuttora irrisolte circa il testo apocrifo noto come Lettera degli apostoli, prospettando le direttrici che la ricerca storico-filologica e dottrinaria intorno all'opera può ancora intraprendere: ambiente d'origine, identità dell'autore, luogo e cronologia di redazione. Sono nondimeno interessate ad alcuni aspetti specifici: principalmente, l’osservanza pasquale dell’autore (plausibilmente quartodecimano), l’uso delle fonti scritturistiche (canoniche e apocrife), le convergenze con altri testi più o meno coevi. Scritta originariamente in greco, la Lettera degli Apostoli è un apocrifo cristiano davvero antico, che desta grande interesse per il suo contenuto. Dai tempi della sua riscoperta in occidente, all’inizio del XX secolo, è stata oggetto di varie indagini volte soprattutto ad accertare il luogo e la data di redazione. Altri studi si sono interessati a questioni particolari, come appunto le sue fonti scritturistiche. Secondo le conclusioni a cui sono giunti alcuni esperti, la Lettera potrebbe essere la prima opera cristiana a testimoniare l’uso esclusivo dei quattro vangeli canonici. La sua datazione si riflette pertanto sulle nostre conoscenze a proposito della formazione del Nuovo Testamento e dell’uso dei vangeli nella chiesa antica. A causa dei problemi presenti nel testo, la cui tradizione ha subito vari incidenti, queste indagini non sono però giunte a risultati sicuri e la questione dell’origine è rimasta piuttosto oscura. L’originale greco non è pervenuto. La Lettera ha una tradizione etiopica ed è documentata da un ms. papiraceo copto (del IV o V sec.) in stato gravemente mutilo. Alcuni frammenti di una versione latina, datati al V sec., sono presenti in un palinsesto proveniente dalla biblioteca di Bobbio, oggi custodito a Napoli: Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, ex Vind. lat. 2 (olim Vindob. 16), sec. VII VIII. Scoperti e pubblicati nel 1908 da Josef Bick, sono più largamente conosciuti dal 1919 per l’edizione di Carl Schmidt. I frammenti latini portati alla luce coprono alcuni passi del testo copto dell’Institut de la Mission archéologique français au Caire rinvenuto da Schmidt ed edito sotto il titolo: Entretiens de Jésus avec ses disciples après la rérurrection (Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur 43). Questa era la seconda e più larga parte del testo etiopico edito nel 1913 da L. Guerrier con il concorso di S. Grébaut e denominato Le Testament en Galilée de Notre Seigneur Jésus Christ (Patrologia Orientalis 9/3), Paris 1913 (19822). I frammenti sono di grande importanza perché depongono per l’insospettabile fortuna occidentale di un testo di origine greca. Nei primi anni del Novecento furono studiati ad occhio nudo e pubblicati in stato piuttosto lacunoso. Le più recenti metodiche permettono di completare il rilevamento di Bick e, se del caso, restituire integralmente il testo che si trova nella scriptio inferior. Il ritrovamento di nuove parti della versione latina contenuta nel palinsesto di Napoli avrebbe un valore incalcolabile per le nostre conoscenze sulla Lettera degli Apostoli e potrebbe chiarire alcune delle questioni di studio da tempo penosamente sospese. Il completamento di un passo, in cui le lezioni etiopica e copta divergono, sarebbe importante per determinare con maggior sicurezza la data di composizione della Lettera e, di conseguenza, per ampliare le nostre informazioni sulla cronologia di formazione del canone neotestamentario.
Epistula Apostolorum (CA 22, 52; ed. C. Schmidt TU 43). Alcune questioni aperte / Vella, Roberto. - In: VOX PATRUM. - ISSN 0860-9411. - (2020).
Epistula Apostolorum (CA 22, 52; ed. C. Schmidt TU 43). Alcune questioni aperte
VELLA ROBERTO
2020
Abstract
Le pagine tracciano alcune questioni tuttora irrisolte circa il testo apocrifo noto come Lettera degli apostoli, prospettando le direttrici che la ricerca storico-filologica e dottrinaria intorno all'opera può ancora intraprendere: ambiente d'origine, identità dell'autore, luogo e cronologia di redazione. Sono nondimeno interessate ad alcuni aspetti specifici: principalmente, l’osservanza pasquale dell’autore (plausibilmente quartodecimano), l’uso delle fonti scritturistiche (canoniche e apocrife), le convergenze con altri testi più o meno coevi. Scritta originariamente in greco, la Lettera degli Apostoli è un apocrifo cristiano davvero antico, che desta grande interesse per il suo contenuto. Dai tempi della sua riscoperta in occidente, all’inizio del XX secolo, è stata oggetto di varie indagini volte soprattutto ad accertare il luogo e la data di redazione. Altri studi si sono interessati a questioni particolari, come appunto le sue fonti scritturistiche. Secondo le conclusioni a cui sono giunti alcuni esperti, la Lettera potrebbe essere la prima opera cristiana a testimoniare l’uso esclusivo dei quattro vangeli canonici. La sua datazione si riflette pertanto sulle nostre conoscenze a proposito della formazione del Nuovo Testamento e dell’uso dei vangeli nella chiesa antica. A causa dei problemi presenti nel testo, la cui tradizione ha subito vari incidenti, queste indagini non sono però giunte a risultati sicuri e la questione dell’origine è rimasta piuttosto oscura. L’originale greco non è pervenuto. La Lettera ha una tradizione etiopica ed è documentata da un ms. papiraceo copto (del IV o V sec.) in stato gravemente mutilo. Alcuni frammenti di una versione latina, datati al V sec., sono presenti in un palinsesto proveniente dalla biblioteca di Bobbio, oggi custodito a Napoli: Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, ex Vind. lat. 2 (olim Vindob. 16), sec. VII VIII. Scoperti e pubblicati nel 1908 da Josef Bick, sono più largamente conosciuti dal 1919 per l’edizione di Carl Schmidt. I frammenti latini portati alla luce coprono alcuni passi del testo copto dell’Institut de la Mission archéologique français au Caire rinvenuto da Schmidt ed edito sotto il titolo: Entretiens de Jésus avec ses disciples après la rérurrection (Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur 43). Questa era la seconda e più larga parte del testo etiopico edito nel 1913 da L. Guerrier con il concorso di S. Grébaut e denominato Le Testament en Galilée de Notre Seigneur Jésus Christ (Patrologia Orientalis 9/3), Paris 1913 (19822). I frammenti sono di grande importanza perché depongono per l’insospettabile fortuna occidentale di un testo di origine greca. Nei primi anni del Novecento furono studiati ad occhio nudo e pubblicati in stato piuttosto lacunoso. Le più recenti metodiche permettono di completare il rilevamento di Bick e, se del caso, restituire integralmente il testo che si trova nella scriptio inferior. Il ritrovamento di nuove parti della versione latina contenuta nel palinsesto di Napoli avrebbe un valore incalcolabile per le nostre conoscenze sulla Lettera degli Apostoli e potrebbe chiarire alcune delle questioni di studio da tempo penosamente sospese. Il completamento di un passo, in cui le lezioni etiopica e copta divergono, sarebbe importante per determinare con maggior sicurezza la data di composizione della Lettera e, di conseguenza, per ampliare le nostre informazioni sulla cronologia di formazione del canone neotestamentario.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


