Nel titolo di questo contributo sono impliciti almeno tre aspetti che è bene chiarire. Il primo è che si è ritenuto legittimo parlare del modello delle piattaforme in termini di “capitalismo di piattaforma”, poiché i lavori che hanno proposto questa espressione hanno dimostrato la natura gerarchica e privatistica del potere decisionale ed economico delle piattaforme, evidenziando l’accumulazione verticale su cui si fonda la loro espansione globale (Srnicek 2016; Langley e Leyshon 2017). L’espressione è inoltre entrata nel dibattito pubblico portando con sé un’implicita definizione di scala, che pone l’attenzione sui colossi del web escludendo la miriade di esperienze, anche non digitali e di scala decisamente ridotta (spesso locale), per le quali il termine piattaforma inizia ad essere utilizzato sempre più spesso nel linguaggio comune. Il secondo aspetto è che il capitalismo di piattaforma è un problema, e di non poco conto. Qui il riferimento è al fatto che le piattaforme digitali riconfigurano lo spazio urbano e le interazioni con esso aggravando le disuguaglianze preesistenti e generandone di nuove (Hill 2019; Elwood 2020; Hodson et al. 2021); e anche al fatto non trascurabile che al crescere del loro peso economico cresce, e in modo preoccupante, il loro peso politico (O’Neil 2016; Pollon e Barry 2016; Bratton 2016; van Doorn 2020). L’analisi si posiziona dunque nell’ambito degli studi critici sulle piattaforme digitali facendo riferimento ai lavori che di queste ultime mettono in discussione l’immaterialità (Rodgers e Moore 2018a, 2018b; Bonini 2019), evidenziandone invece sia l’architettura fisica, infrastrutturale ed organizzativa, che il ruolo attivo e non neutrale che svolgono nella ridefinizione delle relazioni di potere, sia nel web che sul territorio (Easterling 2014; Shapiro 2017; Graham 2020; Stehlin et al. 2020) Il terzo aspetto, in fine, è quello al quale dedicheremo maggiore attenzione: perché parlare del capitalismo di piattaforma come di un problema legato alla rendita. Per affrontare questo tema attingerò alle mie ricerche sulle locazioni brevi mediate dalle piattaforme e al nascente dibattito internazionale sul tema del cosiddetto “Internet dei Landlords” (Sadowski 2020a), con l’obiettivo di tradurre nel contesto italiano alcuni degli aspetti emersi dalla letteratura internazionale sul tema e spiegare per quali ragioni questo modello economico può essere considerato una forma di rentier capitalism (Stehlin 2018; Birch 2020), che prospera parassitando risorse socio-economiche e territoriali (Christophers 2020; Mazzucato et al. 2020).
Il capitalismo di piattaforma: un problema di rendita / Esposito, Alessandra. - (2023), pp. 115-129. - SAGGI. NATURA E ARTEFATTO.
Il capitalismo di piattaforma: un problema di rendita
alessandra esposito
2023
Abstract
Nel titolo di questo contributo sono impliciti almeno tre aspetti che è bene chiarire. Il primo è che si è ritenuto legittimo parlare del modello delle piattaforme in termini di “capitalismo di piattaforma”, poiché i lavori che hanno proposto questa espressione hanno dimostrato la natura gerarchica e privatistica del potere decisionale ed economico delle piattaforme, evidenziando l’accumulazione verticale su cui si fonda la loro espansione globale (Srnicek 2016; Langley e Leyshon 2017). L’espressione è inoltre entrata nel dibattito pubblico portando con sé un’implicita definizione di scala, che pone l’attenzione sui colossi del web escludendo la miriade di esperienze, anche non digitali e di scala decisamente ridotta (spesso locale), per le quali il termine piattaforma inizia ad essere utilizzato sempre più spesso nel linguaggio comune. Il secondo aspetto è che il capitalismo di piattaforma è un problema, e di non poco conto. Qui il riferimento è al fatto che le piattaforme digitali riconfigurano lo spazio urbano e le interazioni con esso aggravando le disuguaglianze preesistenti e generandone di nuove (Hill 2019; Elwood 2020; Hodson et al. 2021); e anche al fatto non trascurabile che al crescere del loro peso economico cresce, e in modo preoccupante, il loro peso politico (O’Neil 2016; Pollon e Barry 2016; Bratton 2016; van Doorn 2020). L’analisi si posiziona dunque nell’ambito degli studi critici sulle piattaforme digitali facendo riferimento ai lavori che di queste ultime mettono in discussione l’immaterialità (Rodgers e Moore 2018a, 2018b; Bonini 2019), evidenziandone invece sia l’architettura fisica, infrastrutturale ed organizzativa, che il ruolo attivo e non neutrale che svolgono nella ridefinizione delle relazioni di potere, sia nel web che sul territorio (Easterling 2014; Shapiro 2017; Graham 2020; Stehlin et al. 2020) Il terzo aspetto, in fine, è quello al quale dedicheremo maggiore attenzione: perché parlare del capitalismo di piattaforma come di un problema legato alla rendita. Per affrontare questo tema attingerò alle mie ricerche sulle locazioni brevi mediate dalle piattaforme e al nascente dibattito internazionale sul tema del cosiddetto “Internet dei Landlords” (Sadowski 2020a), con l’obiettivo di tradurre nel contesto italiano alcuni degli aspetti emersi dalla letteratura internazionale sul tema e spiegare per quali ragioni questo modello economico può essere considerato una forma di rentier capitalism (Stehlin 2018; Birch 2020), che prospera parassitando risorse socio-economiche e territoriali (Christophers 2020; Mazzucato et al. 2020).File | Dimensione | Formato | |
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