L’attuale reviviscenza dell’istituzionalismo giuridico di inizio Novecento sembra favorita dalla strana alchimia che segna il panorama della politica contemporanea: lo Stato è tutt’altro che al tramonto, ma le forme di mediazione tra attori sociali e istituzioni politico-rappresentative mostrano segni evidenti di logoramento. Pur con tutti i limiti di un parallelismo astorico, pare che oggi, come a inizio Novecento, non si tratti tanto di metter mano a grandi riforme del complesso istituzionale, quanto di individuare nuove modalità di integrazione delle componenti del sociale. «Il sociale», per l’appunto, non già «la società»: l’istituzionalismo giuridico classico mette in guardia rispetto alla tenuta e quindi all’uso in ambito teorico di macro-concetti, che ad avviso di molti teorici istituzionalisti – su tutti Widar Cesarini Sforza e Karl Llewellyn – reificano e ipostatizzano le entità che pretendono di rappresentare. La società come entità unitaria non esiste. Detto altrimenti, esistono solo attori sociali in continuo movimento, le cui attività di interazione e integrazione danno corpo a contesti associativi e organizzativi più o meno ampi, più o meno consolidati, e comunque strutturalmente dipendenti da quelle attività. Non si dà alcuna collettività onnicomprensiva, bensì un turbinio di attori che danno vita a una fitta rete di scambi dalla natura più o meno durevole. L’associazione è il cuore di una vita sociale ricca di potere giusgenerativo e nient’affatto bisognosa dell’attività demiurgica del potere politico. Ecco, quindi, un primo tratto caratterizzante dell’istituzionalismo: l’associazione, non già l’individuo, è l’unità minima del sociale, e come tale non presuppone l’attività costitutiva di un’autorità centrale.
L’anima doppia dell’istituzionalismo giuridico. Carl Schmitt vs. Santi Romano / Croce, Mariano. - In: FORUM DI QUADERNI COSTITUZIONALI RASSEGNA. - ISSN 2281-2113. - 3/2023(2023), pp. 255-263.
L’anima doppia dell’istituzionalismo giuridico. Carl Schmitt vs. Santi Romano
Mariano Croce
2023
Abstract
L’attuale reviviscenza dell’istituzionalismo giuridico di inizio Novecento sembra favorita dalla strana alchimia che segna il panorama della politica contemporanea: lo Stato è tutt’altro che al tramonto, ma le forme di mediazione tra attori sociali e istituzioni politico-rappresentative mostrano segni evidenti di logoramento. Pur con tutti i limiti di un parallelismo astorico, pare che oggi, come a inizio Novecento, non si tratti tanto di metter mano a grandi riforme del complesso istituzionale, quanto di individuare nuove modalità di integrazione delle componenti del sociale. «Il sociale», per l’appunto, non già «la società»: l’istituzionalismo giuridico classico mette in guardia rispetto alla tenuta e quindi all’uso in ambito teorico di macro-concetti, che ad avviso di molti teorici istituzionalisti – su tutti Widar Cesarini Sforza e Karl Llewellyn – reificano e ipostatizzano le entità che pretendono di rappresentare. La società come entità unitaria non esiste. Detto altrimenti, esistono solo attori sociali in continuo movimento, le cui attività di interazione e integrazione danno corpo a contesti associativi e organizzativi più o meno ampi, più o meno consolidati, e comunque strutturalmente dipendenti da quelle attività. Non si dà alcuna collettività onnicomprensiva, bensì un turbinio di attori che danno vita a una fitta rete di scambi dalla natura più o meno durevole. L’associazione è il cuore di una vita sociale ricca di potere giusgenerativo e nient’affatto bisognosa dell’attività demiurgica del potere politico. Ecco, quindi, un primo tratto caratterizzante dell’istituzionalismo: l’associazione, non già l’individuo, è l’unità minima del sociale, e come tale non presuppone l’attività costitutiva di un’autorità centrale.File | Dimensione | Formato | |
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