La postcritica è un sintomo evidente di stanchezza

È nelle prime righe che si decide il destino di un libro, quell’«occhiata innamorativa» che ha la virtù fatale di spingere innanzi nell’attesa remissiva di qualcosa di buono. Se i tempi di attesa si comprimono da poche righe a due parole, il piacere che se ne trae, sapido e rassicurato, è tanto più intenso. Ed è il caso, questo, di una poesia di Peter Spagnuolo, How to Pull a Building Down, che prende avvio con l’ottativo dell’indolenza: «Do nothing». Non c’è traccia di imperativo, sia chiaro – sarebbe fuori luogo, scomposto, come un trambusto improvviso nel meriggio impigrito e solatio di metà luglio.