L’immigrazione dalla nascita degli Stati-nazione e dall’imposizione delle frontiere non è solo una questione di movimenti della popolazione, è un meccanismo complesso in cui intervengono gli Stati riceventi, le politiche di categorizzazione, le politiche di immigrazione, quelle di asilo, la gestione delle frontiere (Commissione Europea, 2019), i Paesi di origine e i migranti stessi (Ambrosini, 2005). Secondo Zanfrini tale percorso prende il nome di national-building process (2016, p. 7) ovvero quel processo frutto delle scelte politiche-istituzionali di ogni Paese che ne definisce le peculiarità ideologiche. Ad oggi, gli Stati formulano le proprie politiche migratorie ispirandosi ad un principio comune secondo il quale l’ingresso dei lavoratori stranieri avviene nella misura utile al mantenimento del benessere nazionale e alle richieste del sistema produttivo (Bux e Maciejewski, 2022). Tale principio si traduce nei diversi modelli di inclusione, nei diversi ruoli degli immigrati nella società, nel mercato del lavoro, nella durata della permanenza e nel diverso grado di accesso ai diritti di cittadinanza. La riflessione sul legame tra dimensione politico-istituzionale e flussi migratori nasce nell’ambito europeo, infatti, è qui, a differenza degli altri Paesi, che si registra un grande coinvolgimento del governo nelle questioni migratorie (Consiglio Europeo, 2000) grazie alle procedure messe in atto da questi ultimi per gestire l’ammissione e il sostegno dei migranti. Invero, negli ultimi decenni, l’Europa, in particolare i Paesi appartenenti all’Unione, sono stati investiti da ingenti flussi in entrata; tale contesto, insieme alla volontà dell’Unione di costruire un sistema di politiche comuni per affrontare il fenomeno delle migrazioni, ha creato l’opportunità di studiare in maniera unitaria tutti i Paesi che vi appartengono. La regolazione, secondo Ambrosini (2005), spiega sicuramente le modalità delle migrazioni, l’orientamento verso un Paese apparentemente più accessibile (Abou-Chabi, 2016). Ma cosa spinge invece un Paese ad adottare un tipo di politica migratoria piuttosto che un’altra? Quali sono i principali fattori che influenzano tale scelta? (Martínez-Ariño et al, 2018). Ciò che nella letteratura risulta essere ancora incerto sono appunto questo tipo di considerazioni. Cercare una risposta è difficile perché le migrazioni sono un fenomeno complesso che necessita di un approccio multi-causale, di un disegno che intrecci diversi fattori che possono a loro volta assumere importanza diversa rispetto ai diversi periodi economico-storico-politici di un Paese (Kraly e Hovy, 2020; Lavenex e Piper, 2022). A tal proposito, attraverso la costruzione di un disegno longitudinale comparato [Paesi UE; T0: 2008 (Post crisi economica; Trattato europeo sull’immigrazione); T1: 2013 (5 anni dalla prima rilevazione; post primavera araba e pre crisi migratoria); T2: 2018 (5 anni dalla seconda rilevazione; post crisi migratoria e implementazione Agenda Europea del maggio 2015)] l’obiettivo principale della ricerca è capire quale fattore, tra quelli demografici, economici, politico-culturali e sociali influenzano o meno la scelta dei Paesi UE nell’adottare un tipo di politica migratoria tendente all’apertura o alla chiusura.
Le politiche migratorie europee: uno studio longitudinale comparato sui 27 Paesi dell’Unione / Cavagnuolo, Michela. - In: SOCIOLOGIA E RICERCA SOCIALE. - ISSN 1121-1148. - 130(2023), pp. 66-88. [10.3280/SR2023-130004]
Le politiche migratorie europee: uno studio longitudinale comparato sui 27 Paesi dell’Unione
Michela Cavagnuolo
2023
Abstract
L’immigrazione dalla nascita degli Stati-nazione e dall’imposizione delle frontiere non è solo una questione di movimenti della popolazione, è un meccanismo complesso in cui intervengono gli Stati riceventi, le politiche di categorizzazione, le politiche di immigrazione, quelle di asilo, la gestione delle frontiere (Commissione Europea, 2019), i Paesi di origine e i migranti stessi (Ambrosini, 2005). Secondo Zanfrini tale percorso prende il nome di national-building process (2016, p. 7) ovvero quel processo frutto delle scelte politiche-istituzionali di ogni Paese che ne definisce le peculiarità ideologiche. Ad oggi, gli Stati formulano le proprie politiche migratorie ispirandosi ad un principio comune secondo il quale l’ingresso dei lavoratori stranieri avviene nella misura utile al mantenimento del benessere nazionale e alle richieste del sistema produttivo (Bux e Maciejewski, 2022). Tale principio si traduce nei diversi modelli di inclusione, nei diversi ruoli degli immigrati nella società, nel mercato del lavoro, nella durata della permanenza e nel diverso grado di accesso ai diritti di cittadinanza. La riflessione sul legame tra dimensione politico-istituzionale e flussi migratori nasce nell’ambito europeo, infatti, è qui, a differenza degli altri Paesi, che si registra un grande coinvolgimento del governo nelle questioni migratorie (Consiglio Europeo, 2000) grazie alle procedure messe in atto da questi ultimi per gestire l’ammissione e il sostegno dei migranti. Invero, negli ultimi decenni, l’Europa, in particolare i Paesi appartenenti all’Unione, sono stati investiti da ingenti flussi in entrata; tale contesto, insieme alla volontà dell’Unione di costruire un sistema di politiche comuni per affrontare il fenomeno delle migrazioni, ha creato l’opportunità di studiare in maniera unitaria tutti i Paesi che vi appartengono. La regolazione, secondo Ambrosini (2005), spiega sicuramente le modalità delle migrazioni, l’orientamento verso un Paese apparentemente più accessibile (Abou-Chabi, 2016). Ma cosa spinge invece un Paese ad adottare un tipo di politica migratoria piuttosto che un’altra? Quali sono i principali fattori che influenzano tale scelta? (Martínez-Ariño et al, 2018). Ciò che nella letteratura risulta essere ancora incerto sono appunto questo tipo di considerazioni. Cercare una risposta è difficile perché le migrazioni sono un fenomeno complesso che necessita di un approccio multi-causale, di un disegno che intrecci diversi fattori che possono a loro volta assumere importanza diversa rispetto ai diversi periodi economico-storico-politici di un Paese (Kraly e Hovy, 2020; Lavenex e Piper, 2022). A tal proposito, attraverso la costruzione di un disegno longitudinale comparato [Paesi UE; T0: 2008 (Post crisi economica; Trattato europeo sull’immigrazione); T1: 2013 (5 anni dalla prima rilevazione; post primavera araba e pre crisi migratoria); T2: 2018 (5 anni dalla seconda rilevazione; post crisi migratoria e implementazione Agenda Europea del maggio 2015)] l’obiettivo principale della ricerca è capire quale fattore, tra quelli demografici, economici, politico-culturali e sociali influenzano o meno la scelta dei Paesi UE nell’adottare un tipo di politica migratoria tendente all’apertura o alla chiusura.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.