Il saggio indaga l’influsso sotterraneo dei Canti nella poesia di Palazzeschi. Come si evince già dalle dichiarazioni del poeta toscano su I cavalli bianchi (1905) e poi ancor più chiaramente dalla Prefazione a Cuor mio (1968), quella di Leopardi è infatti una presenza costante nella produzione in versi di Aldo: un corpo a corpo che dura quasi sette decenni, dal 1905 al 1972 (anno di pubblicazione di Via delle cento stelle). L’articolo illustra dunque la personalissima reinterpretazione palazzeschiana – non solo e non sempre parodica – di topoi (la vista dalla finestra, il «suon dell’ora», la siepe-muricciolo e il colle, il pomo caduto, il dì di festa, la quiete dopo la tempesta, l’immobilità delle rive), di modalità discorsive, di tratti stilistici, di figure (la «vecchierella», il «vecchierel», il pastore errante, Giacomo stesso, le rose e le viole, la ginestra) e di temi (il tedio, il progressivo allontanamento dalla natura) tra i più cari al poeta dei Canti, e in particolare al poeta degli Idilli e dei Canti pisano-recanatesi, ai quali Palazzeschi torna con una lunga fedeltà “deformante”.
Una lunga fedeltà deformante. Su Palazzeschi poeta e Leopardi (1905-1972) / Allegrini, Vincenzo. - In: OBLIO. - ISSN 2039-7917. - XIII, dicembre 2022(2022), pp. 58-90.
Una lunga fedeltà deformante. Su Palazzeschi poeta e Leopardi (1905-1972)
Vincenzo Allegrini
2022
Abstract
Il saggio indaga l’influsso sotterraneo dei Canti nella poesia di Palazzeschi. Come si evince già dalle dichiarazioni del poeta toscano su I cavalli bianchi (1905) e poi ancor più chiaramente dalla Prefazione a Cuor mio (1968), quella di Leopardi è infatti una presenza costante nella produzione in versi di Aldo: un corpo a corpo che dura quasi sette decenni, dal 1905 al 1972 (anno di pubblicazione di Via delle cento stelle). L’articolo illustra dunque la personalissima reinterpretazione palazzeschiana – non solo e non sempre parodica – di topoi (la vista dalla finestra, il «suon dell’ora», la siepe-muricciolo e il colle, il pomo caduto, il dì di festa, la quiete dopo la tempesta, l’immobilità delle rive), di modalità discorsive, di tratti stilistici, di figure (la «vecchierella», il «vecchierel», il pastore errante, Giacomo stesso, le rose e le viole, la ginestra) e di temi (il tedio, il progressivo allontanamento dalla natura) tra i più cari al poeta dei Canti, e in particolare al poeta degli Idilli e dei Canti pisano-recanatesi, ai quali Palazzeschi torna con una lunga fedeltà “deformante”.File | Dimensione | Formato | |
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