Alla vigilia della grande guerra Trieste è una città moderna, porto esclusivo della monarchia asburgica che sfrutta la sua posizione strategica, realizzando importanti stabilimenti, cantieri navali, opifici e l’arsenale. Città multietnica in cui convivono italiani, sloveni, serbi e tedeschi, mantiene il suo ruolo intermediario con i paesi dell’Europa centrale fino alla Grande Guerra, quando con l’ambito ricongiungimento all’Italia perde la sua funzione di mediazione economica e finanziaria. Il capoluogo giuliano passa da una posizione baricentrica ad una marginale, l’economia viene fortemente penalizzata ma non il suo clima culturale con una spiccata vocazione mitteleuropea. Passata la drammatica esperienza della guerra e solo ad un anno dall’avvento del Fascismo, le intellettuali mostrano di aver sviluppato una coscienza più consapevole, soprattutto in questi territori di frontiera dove notoriamente hanno potuto respirare aliti di maggiore libertà rispetto alle consorelle del Regno. A Trieste, pur nell’ effervescente e variegato panorama di stampa ed editoria, non esistono riviste dirette da donne, tranne «Slovenka» (la Slovena), ma è destinata alla minoranza slovena in città e termina le sue pubblicazioni nel 1902. Sarà Ave Beltramini Giorgianni a fondare nel 1923 un periodico con l’ambizione di chiamare a raccolta le donne per operare una rivoluzione culturale e fondare, con il potere della scrittura, una nuova letteratura. La direttrice con oculate strategie editoriali e con un titolo molto provocatorio lancia «Femmina», che in meno di un anno si afferma al di fuori dei confini cittadini, consentendo alle donne triestine e non, di esprimersi pubblicamente su temi quali emancipazione, lavoro, famiglia, diritto al voto, istruzione, senza trascurare rubriche di moda cinema e teatro e con occhio attento le nuove pubblicazioni. Nel 1924 il periodico passa alla direzione di Ada Sestan che si avvale della collaborazione di scrittrici emergenti diventando “palestra” per le giovani Lina Galli, Nike Clama, Haydèè, Pia Rimini, Delia Benco, Nenè Centonze ecc. La donna non è più solo bacino di ricezione di modelli e morale ma diventa agente del processo di modernizzazione nelle forme di scrittura pubblica. Con la nuova direttrice il periodico da quindicennale diventa mensile, cambia formato e si presenta con copertina illustrata con un consistente aumento del numero di pagine, ma la sua vita si conclude nel 1925, confluendo nella nuova rivista «Giuncata». «Femmina» non è stata fino ad oggi oggetto di un’indagine critica opportunamente condotta, non è stato redatto un indice, tantomeno una bibliografia specifica sull’argomento. L’interpretazione della produzione scritta, giornalistica e creativa, prodotta da soggetti scriventi donna, verrà letta applicando la nozione di genere alle singole parti, per fornire una prospettiva storica, culturale e antropologica, diversa rispetto a quella che ci è stata tramandata dalla cultura “ufficiale” imperante maschile, tenendo conto dello specifico ambito del confine orientale italiano nel primo dopoguerra.

Voci di donne: il caso della rivista 'Femmina' nella Trieste degli anni Venti / Vinciguerra, Barbara. - (2023 May 23).

Voci di donne: il caso della rivista 'Femmina' nella Trieste degli anni Venti

VINCIGUERRA, BARBARA
23/05/2023

Abstract

Alla vigilia della grande guerra Trieste è una città moderna, porto esclusivo della monarchia asburgica che sfrutta la sua posizione strategica, realizzando importanti stabilimenti, cantieri navali, opifici e l’arsenale. Città multietnica in cui convivono italiani, sloveni, serbi e tedeschi, mantiene il suo ruolo intermediario con i paesi dell’Europa centrale fino alla Grande Guerra, quando con l’ambito ricongiungimento all’Italia perde la sua funzione di mediazione economica e finanziaria. Il capoluogo giuliano passa da una posizione baricentrica ad una marginale, l’economia viene fortemente penalizzata ma non il suo clima culturale con una spiccata vocazione mitteleuropea. Passata la drammatica esperienza della guerra e solo ad un anno dall’avvento del Fascismo, le intellettuali mostrano di aver sviluppato una coscienza più consapevole, soprattutto in questi territori di frontiera dove notoriamente hanno potuto respirare aliti di maggiore libertà rispetto alle consorelle del Regno. A Trieste, pur nell’ effervescente e variegato panorama di stampa ed editoria, non esistono riviste dirette da donne, tranne «Slovenka» (la Slovena), ma è destinata alla minoranza slovena in città e termina le sue pubblicazioni nel 1902. Sarà Ave Beltramini Giorgianni a fondare nel 1923 un periodico con l’ambizione di chiamare a raccolta le donne per operare una rivoluzione culturale e fondare, con il potere della scrittura, una nuova letteratura. La direttrice con oculate strategie editoriali e con un titolo molto provocatorio lancia «Femmina», che in meno di un anno si afferma al di fuori dei confini cittadini, consentendo alle donne triestine e non, di esprimersi pubblicamente su temi quali emancipazione, lavoro, famiglia, diritto al voto, istruzione, senza trascurare rubriche di moda cinema e teatro e con occhio attento le nuove pubblicazioni. Nel 1924 il periodico passa alla direzione di Ada Sestan che si avvale della collaborazione di scrittrici emergenti diventando “palestra” per le giovani Lina Galli, Nike Clama, Haydèè, Pia Rimini, Delia Benco, Nenè Centonze ecc. La donna non è più solo bacino di ricezione di modelli e morale ma diventa agente del processo di modernizzazione nelle forme di scrittura pubblica. Con la nuova direttrice il periodico da quindicennale diventa mensile, cambia formato e si presenta con copertina illustrata con un consistente aumento del numero di pagine, ma la sua vita si conclude nel 1925, confluendo nella nuova rivista «Giuncata». «Femmina» non è stata fino ad oggi oggetto di un’indagine critica opportunamente condotta, non è stato redatto un indice, tantomeno una bibliografia specifica sull’argomento. L’interpretazione della produzione scritta, giornalistica e creativa, prodotta da soggetti scriventi donna, verrà letta applicando la nozione di genere alle singole parti, per fornire una prospettiva storica, culturale e antropologica, diversa rispetto a quella che ci è stata tramandata dalla cultura “ufficiale” imperante maschile, tenendo conto dello specifico ambito del confine orientale italiano nel primo dopoguerra.
23-mag-2023
File allegati a questo prodotto
File Dimensione Formato  
Tesi_dottorato_Vinciguerra.pdf

embargo fino al 23/05/2024

Note: Tesi completa
Tipologia: Tesi di dottorato
Licenza: Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione 8.92 MB
Formato Adobe PDF
8.92 MB Adobe PDF   Contatta l'autore

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1682822
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact