Oggi, quanto mai nella storia, siamo esseri che si muovono all'interno di un contesto fluido. Viviamo in uno spazio i cui confini, sempre più labili e invisibili, sono definiti dalla "contemporanea presenza" fisica e digitale. Due mondi la cui fusione è rappresentata dalla parola "Phygital". La paternità di questo termine portmanteau, appartiene al marketing: nel 2007 compare per la prima volta la parola "Phygital" impiegata nel contesto commerciale, il quale, come un sismografo, è il primo fra tutti a tracciare attraverso un nome le vibrazioni che hanno determinato i fenomeni di transizione nell'era "Onlife" . Dal momento della sua nascita, questo nuovo vocabolo si diffonde in maniera capillare in innumerevoli contesti: da quello bancario, all'intrattenimento, al campo degli eventi così come dell'istruzione, al contesto biomedicale, fino alla ristorazione. La "phygitalizzazione" contamina lentamente ed inesorabilmente molteplici ambiti disciplinari, stravolgendone in maniera irreversibile il concetto di esperienza, nella quale i fruitori, incuriositi e disorientati, si ritrovano a vagare in spazi fluidi, ibridi, al tempo stesso fisici e digitali. E nella molteplicità di ambienti in cui il phygital si dirama, nell’area del retail design, si assiste alla nascita di nuovi luoghi di vendita, per un nuovo sistema omnicanale. Spazi, i cui confini, sempre più sottili, delineano traiettorie inedite per nuove forme di organizzazione del contesto di vendita, così come nuove pratiche di consumo, in cui il mondo del progetto sembra aprirsi alla necessità di essere “revisionato” in un’ottica ibrida. In tal senso, questo termine si innesta nel dibattito relativo al design, in un nuovo contesto che tenga conto dei concetti di esperienza, fluidità, omnicanalità.

Spazi ibridi nel retail design. Dal progetto dello spazio al progetto dell'esperienza / Cosentino, Silvia. - (2023 May 09).

Spazi ibridi nel retail design. Dal progetto dello spazio al progetto dell'esperienza

Cosentino, Silvia
09/05/2023

Abstract

Oggi, quanto mai nella storia, siamo esseri che si muovono all'interno di un contesto fluido. Viviamo in uno spazio i cui confini, sempre più labili e invisibili, sono definiti dalla "contemporanea presenza" fisica e digitale. Due mondi la cui fusione è rappresentata dalla parola "Phygital". La paternità di questo termine portmanteau, appartiene al marketing: nel 2007 compare per la prima volta la parola "Phygital" impiegata nel contesto commerciale, il quale, come un sismografo, è il primo fra tutti a tracciare attraverso un nome le vibrazioni che hanno determinato i fenomeni di transizione nell'era "Onlife" . Dal momento della sua nascita, questo nuovo vocabolo si diffonde in maniera capillare in innumerevoli contesti: da quello bancario, all'intrattenimento, al campo degli eventi così come dell'istruzione, al contesto biomedicale, fino alla ristorazione. La "phygitalizzazione" contamina lentamente ed inesorabilmente molteplici ambiti disciplinari, stravolgendone in maniera irreversibile il concetto di esperienza, nella quale i fruitori, incuriositi e disorientati, si ritrovano a vagare in spazi fluidi, ibridi, al tempo stesso fisici e digitali. E nella molteplicità di ambienti in cui il phygital si dirama, nell’area del retail design, si assiste alla nascita di nuovi luoghi di vendita, per un nuovo sistema omnicanale. Spazi, i cui confini, sempre più sottili, delineano traiettorie inedite per nuove forme di organizzazione del contesto di vendita, così come nuove pratiche di consumo, in cui il mondo del progetto sembra aprirsi alla necessità di essere “revisionato” in un’ottica ibrida. In tal senso, questo termine si innesta nel dibattito relativo al design, in un nuovo contesto che tenga conto dei concetti di esperienza, fluidità, omnicanalità.
9-mag-2023
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1679095
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