Gli interventi finalizzati al miglioramento della sicurezza stradale si distinguono convenzionalmente tra “attivi” e “passivi”, in relazione alla possibilità di ridurre il rischio incidentale o di mitigare gli effetti degli urti, e possono riguardare sia i veicoli e gli utenti, sia l’infrastruttura. In particolare, per quanto concerne la strada, da molti anni si è imposto un diffuso impiego di elementi “passivi”, come ad esempio i vari dispositivi di ritenuta e specificatamente le barriere di sicurezza, utili nei casi in cui possa verificarsi la fuoriuscita dei veicoli dalla sede stradale o il superamento dello spartitraffico. Tale tendenza si è manifestata in maniera molto marcata sulla rete stradale ed autostradale italiana, dove le caratteristiche proprie del territorio, con la relativa scarsa disponibilità di spazi marginali, non consentono, generalmente, di garantire in altro modo il contenimento e l’arresto controllato dei veicoli in svio. Le procedure di omologazione di questi dispositivi di sicurezza passiva, secondo le disposizioni delle attuali norme (nazionali ed europee), fanno riferimento ad alcuni indici globali (ASI, THIV, PHD, VCDI), elaborati sulla base di misure effettuate nel corso di prove al vero (i cosiddetti crash test), che dovrebbero esprimere, in forma aggregata, le prestazioni della barriera riguardo agli effetti biomeccanici degli urti. Ma le prove di crash, che per abitudine vengono lette con attenzione quasi esclusiva verso i succitati indici sintetici, forniscono in effetti anche altre importanti indicazioni sulla dinamica dell’evento d’urto. Poiché sono ormai molti anni che le prove al vero vengono condotte per “collaudare” i dispositivi di ritenuta, si è formato nel tempo un certo patrimonio conoscitivo dal quale si possono trarre, mediante usuali trattamenti analitici e statistici, indicazioni interessanti per comprendere al meglio il comportamento delle barriere durante gli urti, e quindi per fornire utili informazioni ai progettisti ed ai responsabili delle installazioni. In questa sede si presentano i risultati di un lavoro di raccolta e rielaborazione di dati ottenuti da prove di crash, svolte in diversi laboratori europei, sui quali è stata svolta un’analisi teorico-sperimentale per ricercare correlazioni significative tra tutti i numerosi parametri ed indicatori classificati (principalmente: i parametri caratteristici dei dispositivi e i valori geometrici e fisici registrati nelle prove). Il lavoro proposto può costituire uno spunto per ampliare la base conoscitiva del fenomeno, utilizzando dati già esistenti, in modo da poter pervenire anche a modalità innovative di valutazione prestazionale per le barriere di sicurezza.

Analisi teorico-sperimentale delle prove di crash / Bonin, Guido; Cantisani, Giuseppe; Loprencipe, Giuseppe. - In: LE STRADE. - ISSN 0373-2916. - Anno CV n. 1393:(2003), pp. 134-142.

Analisi teorico-sperimentale delle prove di crash

Bonin, Guido;Cantisani, Giuseppe;Loprencipe, Giuseppe
2003

Abstract

Gli interventi finalizzati al miglioramento della sicurezza stradale si distinguono convenzionalmente tra “attivi” e “passivi”, in relazione alla possibilità di ridurre il rischio incidentale o di mitigare gli effetti degli urti, e possono riguardare sia i veicoli e gli utenti, sia l’infrastruttura. In particolare, per quanto concerne la strada, da molti anni si è imposto un diffuso impiego di elementi “passivi”, come ad esempio i vari dispositivi di ritenuta e specificatamente le barriere di sicurezza, utili nei casi in cui possa verificarsi la fuoriuscita dei veicoli dalla sede stradale o il superamento dello spartitraffico. Tale tendenza si è manifestata in maniera molto marcata sulla rete stradale ed autostradale italiana, dove le caratteristiche proprie del territorio, con la relativa scarsa disponibilità di spazi marginali, non consentono, generalmente, di garantire in altro modo il contenimento e l’arresto controllato dei veicoli in svio. Le procedure di omologazione di questi dispositivi di sicurezza passiva, secondo le disposizioni delle attuali norme (nazionali ed europee), fanno riferimento ad alcuni indici globali (ASI, THIV, PHD, VCDI), elaborati sulla base di misure effettuate nel corso di prove al vero (i cosiddetti crash test), che dovrebbero esprimere, in forma aggregata, le prestazioni della barriera riguardo agli effetti biomeccanici degli urti. Ma le prove di crash, che per abitudine vengono lette con attenzione quasi esclusiva verso i succitati indici sintetici, forniscono in effetti anche altre importanti indicazioni sulla dinamica dell’evento d’urto. Poiché sono ormai molti anni che le prove al vero vengono condotte per “collaudare” i dispositivi di ritenuta, si è formato nel tempo un certo patrimonio conoscitivo dal quale si possono trarre, mediante usuali trattamenti analitici e statistici, indicazioni interessanti per comprendere al meglio il comportamento delle barriere durante gli urti, e quindi per fornire utili informazioni ai progettisti ed ai responsabili delle installazioni. In questa sede si presentano i risultati di un lavoro di raccolta e rielaborazione di dati ottenuti da prove di crash, svolte in diversi laboratori europei, sui quali è stata svolta un’analisi teorico-sperimentale per ricercare correlazioni significative tra tutti i numerosi parametri ed indicatori classificati (principalmente: i parametri caratteristici dei dispositivi e i valori geometrici e fisici registrati nelle prove). Il lavoro proposto può costituire uno spunto per ampliare la base conoscitiva del fenomeno, utilizzando dati già esistenti, in modo da poter pervenire anche a modalità innovative di valutazione prestazionale per le barriere di sicurezza.
2003
crash test; analisi statistica; indici globali; omologazione
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Analisi teorico-sperimentale delle prove di crash / Bonin, Guido; Cantisani, Giuseppe; Loprencipe, Giuseppe. - In: LE STRADE. - ISSN 0373-2916. - Anno CV n. 1393:(2003), pp. 134-142.
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