L’autrice analizza il ruolo delle facoltà giuridiche italiane, e di quella romana in particolare, chiamate a fornire proposte e osservazioni sui progetti dei primi tre libri del nuovo Codice civile del regime fascista offrendo un contributo per l’elaborazione dei contenuti del Codice civile del 1942. Si tratta di un argomento rimasto nell’ombra rispetto alle ricerche sui rapporti tra i giuristi e il regime, oggetto di alcuni studi anche recenti. Le facoltà giuridiche sono chiamate a far sentire la loro voce, insieme a quella della Corte di Cassazione, delle Corti d’appello, del Consiglio di Stato, del Consiglio superiore forense, delle Commissioni reali e dei Sindacati fascisti degli avvocati e dei procuratori. A partire dal 1931, infatti, i Guardasigilli si rivolgono alle singole università che demandano alle facoltà giuridiche la nomina delle rispettive commissioni per la revisione e i commenti. Ne scaturisce una serie di annotazioni specifiche poi inserite nei lavori preparatori a cura del Ministero di Grazia e Giustizia sotto i singoli articoli, insieme a quelle degli organi già menzionati. In linea generale, nelle osservazioni e pareri delle università italiane ai progetti dei primi tre libri del Codice civile, conclusi nel 1937 e finiti di stampare nel 1938, anno che coincide con la promulgazione delle efferate leggi razziali, si può ravvisare che la civilistica, ancora salda nei principi romanistici, presenta un colloquio costante con la scienza giuridica europea francese e tedesca e si mostra spesso critica nei riguardi dei progetti analizzati, con lo scopo del loro miglioramento nell’impostazione teorica e nella formulazione degli istituti. L’autrice sostiene che i giuristi che hanno offerto il loro impegno alle facoltà presentano, anche per il periodo in cui hanno lavorato, una posizione perlopiù indipendente rispetto al legislatore. Non ne emerge un quadro germanocentrico, come si sarebbe potuto pensare, alla luce di specifiche tendenze della civilistica italiana del primo Novecento. Ciò non si riferisce ovviamente ai processi decisionali (primo fra tutti quello relativo alle sorti del progetto italo-francese delle obbligazioni e dei contratti), ma al metodo utilizzato nelle osservazioni e nel commento dei progetti, allo studio di singoli istituti, alle analisi di soluzioni prospettate, alla verifica dei modelli di provenienza, in cui è ancora forte il legame con la tradizione francese che aveva originato la codificazione preunitaria e la prima dell’Italia unita.
Osservazioni e proposte delle università italiane ai progetti dei primi libri del Codice civile del 1942 / Moscati, Laura. - In: RIVISTA ITALIANA PER LE SCIENZE GIURIDICHE. - ISSN 0390-6760. - numero speciale:(2022), pp. 149-186.
Osservazioni e proposte delle università italiane ai progetti dei primi libri del Codice civile del 1942
Laura Moscati
2022
Abstract
L’autrice analizza il ruolo delle facoltà giuridiche italiane, e di quella romana in particolare, chiamate a fornire proposte e osservazioni sui progetti dei primi tre libri del nuovo Codice civile del regime fascista offrendo un contributo per l’elaborazione dei contenuti del Codice civile del 1942. Si tratta di un argomento rimasto nell’ombra rispetto alle ricerche sui rapporti tra i giuristi e il regime, oggetto di alcuni studi anche recenti. Le facoltà giuridiche sono chiamate a far sentire la loro voce, insieme a quella della Corte di Cassazione, delle Corti d’appello, del Consiglio di Stato, del Consiglio superiore forense, delle Commissioni reali e dei Sindacati fascisti degli avvocati e dei procuratori. A partire dal 1931, infatti, i Guardasigilli si rivolgono alle singole università che demandano alle facoltà giuridiche la nomina delle rispettive commissioni per la revisione e i commenti. Ne scaturisce una serie di annotazioni specifiche poi inserite nei lavori preparatori a cura del Ministero di Grazia e Giustizia sotto i singoli articoli, insieme a quelle degli organi già menzionati. In linea generale, nelle osservazioni e pareri delle università italiane ai progetti dei primi tre libri del Codice civile, conclusi nel 1937 e finiti di stampare nel 1938, anno che coincide con la promulgazione delle efferate leggi razziali, si può ravvisare che la civilistica, ancora salda nei principi romanistici, presenta un colloquio costante con la scienza giuridica europea francese e tedesca e si mostra spesso critica nei riguardi dei progetti analizzati, con lo scopo del loro miglioramento nell’impostazione teorica e nella formulazione degli istituti. L’autrice sostiene che i giuristi che hanno offerto il loro impegno alle facoltà presentano, anche per il periodo in cui hanno lavorato, una posizione perlopiù indipendente rispetto al legislatore. Non ne emerge un quadro germanocentrico, come si sarebbe potuto pensare, alla luce di specifiche tendenze della civilistica italiana del primo Novecento. Ciò non si riferisce ovviamente ai processi decisionali (primo fra tutti quello relativo alle sorti del progetto italo-francese delle obbligazioni e dei contratti), ma al metodo utilizzato nelle osservazioni e nel commento dei progetti, allo studio di singoli istituti, alle analisi di soluzioni prospettate, alla verifica dei modelli di provenienza, in cui è ancora forte il legame con la tradizione francese che aveva originato la codificazione preunitaria e la prima dell’Italia unita.File | Dimensione | Formato | |
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