L’attuale pandemia da Covid-19 ha alzato il sipario su una crisi di tipo “sindemico”, caratterizzata da disparità sociali, difficoltà economiche e diseguale accesso alle cure sanitarie, a dimostrazione di quanto il tema della salute sia strettamente legato a quello economico e sociale. Il drastico aumento della platea dei poveri e l’acuirsi dei bisogni e delle disuguaglianze ha di fatto svelato tutta la fragilità dell’attuale modello di sviluppo e di abitare, restituendoci l’immagine di città sempre più frammentarie e conflittuali. Pure nel paesaggio urbano si denota una certa disparità. A lungo, infatti, gli Stati-nazione, si sono serviti dell’heritage per diffondere una specifica interpretazione del passato, in cui affondare le proprie radici e legittimarsi, omettendo, al contempo, tutti quei gruppi sociali concepiti a margine. Non c’è da stupirsi, dunque, se pure in contesto infra-pandemico, sia esploso un malessere che, sulla scia del movimento Black Lives Matter, ha portato all’intensificazione delle proteste contro diversi simboli e monumenti nazionali. Ben più di una semplice “cancellazione” della storia, tale fenomeno denota in realtà quanto l’heritage possa essere conflittuale. Attraverso simili contestazioni, le tante minoranze attuali (etniche, sessuali, di genere, religiose), che soffrono ancora di più gli effetti della pandemia, denunciano di fatto una loro mancata riconoscibilità sulla scena pubblica e culturale, reclamando la costruzione di spazi urbani più inclusivi. È dunque attorno a tali contestazioni che si è scelto di focalizzare la presente analisi nel duplice obiettivo di comprenderne le motivazioni e di contribuire al dibattito critico sulla più generale evoluzione dei contesti urbani, in coerenza con un’idea di cultura quale “bene comune”, capace di proporre delle possibilità di cambiamento sociale, oltre, e nonostante, il contesto coloniale nel quale siamo tutt’ora immersi.
Futuri passati: contestazione dei monumenti in tempi infra-pandemici / Giantomasso, Camilla. - In: MEMORIE GEOGRAFICHE. - 21(2022), pp. 553-558. (Intervento presentato al convegno Catene/Chains. Giornata di studio della Società di Studi Geografici tenutosi a Napoli).
Futuri passati: contestazione dei monumenti in tempi infra-pandemici
Camilla Giantomasso
Writing – Review & Editing
2022
Abstract
L’attuale pandemia da Covid-19 ha alzato il sipario su una crisi di tipo “sindemico”, caratterizzata da disparità sociali, difficoltà economiche e diseguale accesso alle cure sanitarie, a dimostrazione di quanto il tema della salute sia strettamente legato a quello economico e sociale. Il drastico aumento della platea dei poveri e l’acuirsi dei bisogni e delle disuguaglianze ha di fatto svelato tutta la fragilità dell’attuale modello di sviluppo e di abitare, restituendoci l’immagine di città sempre più frammentarie e conflittuali. Pure nel paesaggio urbano si denota una certa disparità. A lungo, infatti, gli Stati-nazione, si sono serviti dell’heritage per diffondere una specifica interpretazione del passato, in cui affondare le proprie radici e legittimarsi, omettendo, al contempo, tutti quei gruppi sociali concepiti a margine. Non c’è da stupirsi, dunque, se pure in contesto infra-pandemico, sia esploso un malessere che, sulla scia del movimento Black Lives Matter, ha portato all’intensificazione delle proteste contro diversi simboli e monumenti nazionali. Ben più di una semplice “cancellazione” della storia, tale fenomeno denota in realtà quanto l’heritage possa essere conflittuale. Attraverso simili contestazioni, le tante minoranze attuali (etniche, sessuali, di genere, religiose), che soffrono ancora di più gli effetti della pandemia, denunciano di fatto una loro mancata riconoscibilità sulla scena pubblica e culturale, reclamando la costruzione di spazi urbani più inclusivi. È dunque attorno a tali contestazioni che si è scelto di focalizzare la presente analisi nel duplice obiettivo di comprenderne le motivazioni e di contribuire al dibattito critico sulla più generale evoluzione dei contesti urbani, in coerenza con un’idea di cultura quale “bene comune”, capace di proporre delle possibilità di cambiamento sociale, oltre, e nonostante, il contesto coloniale nel quale siamo tutt’ora immersi.File | Dimensione | Formato | |
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