The paper tries to highlight a distinctive narrative trend which can be detected in political communication strategies of Italian rightwing leaders and parties: a peculiar declination of the traditional rightwing storytelling which opposes native citizens and migrants. The paper identifies and classifies as post-racism a peculiar rhetorical trend that redefines rights as a limited resource, regulated by a strict state monopoly. Post-racism attempts to redefine freedoms in the sociopolitical debate: they cease to represent inalienable and immaterial qualities, and they are treated like goods to be administered and distributed, according to socioeconomic – and ideological – policies that can assume both inclusive and protectionist connotations. Within this framework, identity and policies are renegotiated and reformulated through a purely economic-quantitative paradigm. The result is a form of ideological capitalization of freedoms. This trend implies much more than a propagandistic strategy: while it underrates the moral and humanitarian implications of migration crisis, it provides a narrative frame for new subtle forms of discrimination and xenophobia. Post-racism reveals the utmost risk of rethinking human rights as assets and resources; resources whose exclusive exploitation can be guaranteed only to a limited number of shareholders. An alarming symptom of a progressive and increasingly evident redefinition of life standards by quantitative-numerical parameters.
Attraverso un’analisi del contenuto dei post Facebook e Instagram pubblicati sulle pagine ufficiali dei principali attori politici italiani, la ricerca individua un tòpos narrativo ricorrente nella comunicazione istituzionale di partiti e leader di centro-destra. Dall’esame del corpus testuale – raccolto nel contesto delle restrizioni sociali legate al fenomeno pandemico – emerge una peculiare caratterizzazione dello storytelling politico sul tema immigrazione. Nello specifico, l’indagine porta alla luce un’evoluzione della tradizionale narrativa che contrappone italiani e migranti: una riformulazione del dualismo dialettico “nativo-straniero,” nei termini di una capitalizzazione delle libertà. Lo scritto individua e classificata come post-razzismo un peculiare trend retorico che ridefinisce i diritti come una risorsa limitata e regolata da un ferreo monopolio di stato. Non un bene inalienabile ed immateriale, quanto piuttosto un bene da amministrare e distribuire, secondo politiche socioeconomiche – ed ideologiche – più o meno inclusive o protezioniste. Tale tendenza non si configura unicamente come una inedita, più sottile, forme di discriminazione: è un sintomo intellettuale – e un rischio umanitario – di come la società tenda a ripensare valori e vite come risorse quantificabili. Risorse il cui sfruttamento esclusivo, all’interno di una narrativa propagandistica della scarsità, possa essere garantito solo a un numero limitato di azionisti.
Post-razzismo e capitalizzazione delle libertà: narrazioni sul confine e sul confinamento / Calabresi, Livio. - In: POLITICHE SOCIALI. - ISSN 2284-2098. - 2/2022:2/2022(2022), pp. 271-288. [10.7389/104619]
Post-razzismo e capitalizzazione delle libertà: narrazioni sul confine e sul confinamento
Livio Calabresi
2022
Abstract
Attraverso un’analisi del contenuto dei post Facebook e Instagram pubblicati sulle pagine ufficiali dei principali attori politici italiani, la ricerca individua un tòpos narrativo ricorrente nella comunicazione istituzionale di partiti e leader di centro-destra. Dall’esame del corpus testuale – raccolto nel contesto delle restrizioni sociali legate al fenomeno pandemico – emerge una peculiare caratterizzazione dello storytelling politico sul tema immigrazione. Nello specifico, l’indagine porta alla luce un’evoluzione della tradizionale narrativa che contrappone italiani e migranti: una riformulazione del dualismo dialettico “nativo-straniero,” nei termini di una capitalizzazione delle libertà. Lo scritto individua e classificata come post-razzismo un peculiare trend retorico che ridefinisce i diritti come una risorsa limitata e regolata da un ferreo monopolio di stato. Non un bene inalienabile ed immateriale, quanto piuttosto un bene da amministrare e distribuire, secondo politiche socioeconomiche – ed ideologiche – più o meno inclusive o protezioniste. Tale tendenza non si configura unicamente come una inedita, più sottile, forme di discriminazione: è un sintomo intellettuale – e un rischio umanitario – di come la società tenda a ripensare valori e vite come risorse quantificabili. Risorse il cui sfruttamento esclusivo, all’interno di una narrativa propagandistica della scarsità, possa essere garantito solo a un numero limitato di azionisti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.