Il progetto ON-Tech, finanziato dal DTC-Lazio, prevede la collaborazione di diversi partner per la sperimentazione di nuove malte di restauro che siano resistenti, compatibili con i materiali antichi ed eco-friendly. Le malte saranno formulate a partire dall’antica ricetta romana, che si è dimostrata essere promettente, in quanto ha consentito alle strutture dell’antichità di giungere fino a noi. Nello specifico, i partner coinvolti sono Sapienza Università di Roma, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Tecno Edile Toscana, Istituto Centrale per il Restauro e Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Questo progetto si propone di fornire al settore del restauro malte innovative, che permettano di promuovere un approccio conservativo più attento nei confronti della compatibilità dei materiali negli interventi di restauro, senza dover scendere a compromessi con la durevolezza dei materiali. Fondamentale è inoltre l’ecocompatibilità, per venire incontro alle esigenze legate alla necessaria riduzione di produzione di CO2 causata dall’industria dei cementi, che risulta essere la terza fonte antropica di questo tipo di emissioni (1). L’idea del progetto nasce dallo studio archeometrico delle malte di epoca romana utilizzate per la costruzione dell’Acquedotto Traiano-Paolo, che hanno mostrato caratteristiche inedite rispetto ai precedenti studi effettuati su malte romane. L’Acquedotto Traiano-Paolo è uno degli undici acquedotti che in epoca romana rifornivano d’acqua la città di Roma. Fu costruito per volere dell’imperatore Traiano e venne inaugurato il 24 giugno del 109 d.C., come riportato nei Fasti Ostienses. Il tragitto di questo acquedotto, di circa 57 km, parte dalle sorgenti a nord del lago di Bracciano e giunge fino al Gianicolo. A rendere questo acquedotto eccezionale è il fatto che a tutt’oggi esso sia in funzione: nonostante le invasioni barbariche ne abbiano causato l’interruzione, il restauro voluto da papa Paolo V Borghese ha permesso di ristabilirne la funzionalità (2). Lo studio archeometrico è stato effettuato su campioni di malta romana della fase costruttiva originaria traianea, che sono stati prelevati dal caput aquae di Settebotti, presso Trevignano Romano (RM), dall’interno del condotto sotterraneo e da diversi tipi di muratura: dalla volta, dalle pareti in opus latericium, dalla malta presente tra i blocchi di leucitite. I campioni sono stati studiati mediante diffrattometria a raggi X su polveri (XRPD), che permette di ottenere informazioni sulle fasi cristalline presenti. Le osservazioni al microscopio ottico (MO) hanno permesso la caratterizzazione delle fasi mineralogiche e petrografiche, mentre tramite microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS) è stato possibile effettuare osservazioni micro-tessiturali e analisi microchimiche, supportate da ulteriori analisi chimiche alla microsonda elettronica (EMP). Infine, la calorimetria differenziale a scansione accoppiata all’analisi termogravimetrica (DSC-TGA) ha permesso di valutare l’idraulicità della malta (3). L’aggregato, ovvero il materiale impiegato per dare corpo alla malta ed evitare i fenomeni di ritiro tipici della frazione legante, è costituito da frammenti eterogenei di materiali naturali a comportamento pozzolanico, tra i quali è possibile identificare: pozzolana rossa con matrice porosa rosso-marrone e cristalli di leucite, riconducibile al vulcanismo dei Colli Albani; materiali pozzolanici tipo tufo, con tessitura porfirica, porosità variabile, arrotondamento variabile e colore da marrone a rosso e giallo, con cristalli di augite, ilmenite e analcime, tipici dei Monti Sabatini; frammenti di scorie con tessitura porfirica e elevata porosità, con cristalli di sanidino in una matrice ricca in Si e Al; frammenti di rocce vulcaniche contenenti apatite, clinopirosseni, feldspati e ilmenite, riconducibili all’Unità di Martignano dei Monti Sabatini (Fig. 1) (4). Il legante si presenta in forma amorfa, privo di calcite, prevalentemente composto da Si, Al, Ca e K. L’assenza di calcite è di per sé un fatto unico, riscontrato per la prima volta in questo studio. Gli antichi Romani infatti erano soliti utilizzare la calce come legante e per rendere la malta idraulica aggiungevano un aggregato con proprietà pozzolaniche. Ciò determinava la formazione di fasi idrauliche, generalmente localizzate all’interfaccia tra aggregato e legante, che però erano comunque accompagnate da calcite dovuta a una successiva carbonatazione (5). Nel nostro caso, il rapporto legante/aggregato è 1:3, come richiesto dalle indicazioni di Vitruvio (De Architectura) e l’indice di idraulicità è prossimo a 0, evidenziando l’elevato carattere idraulico: l’assenza di calcite può essere dovuta al completo consumo della portlandite durante la reazione idraulica di presa, oppure connessa a processi di alterazione. In conclusione, le malte originali dell’Acquedotto Traiano-Paolo presentano spiccate proprietà idrauliche e una durevolezza testimoniata dal fatto che dopo quasi duemila anni esse svolgono ancora la loro funzione. Per questo motivo sono state scelte come esempio dal quale partire per produrre moderne malte di restauro, che verranno formulate e testate grazie alla collaborazione dei diversi partner del progetto.

On-Tech. Old new technology / Calzolari, Laura; Medeghini, Laura; Mignardi, Silvano. - (2022), pp. 241-245. (Intervento presentato al convegno 2 Convegno annuale del Distretto Tecnologico per i Beni e le attività Culturali della Regione Lazio tenutosi a Roma) [10.48255/9788891326652].

On-Tech. Old new technology

Laura Calzolari
Primo
;
Laura Medeghini;Silvano Mignardi
2022

Abstract

Il progetto ON-Tech, finanziato dal DTC-Lazio, prevede la collaborazione di diversi partner per la sperimentazione di nuove malte di restauro che siano resistenti, compatibili con i materiali antichi ed eco-friendly. Le malte saranno formulate a partire dall’antica ricetta romana, che si è dimostrata essere promettente, in quanto ha consentito alle strutture dell’antichità di giungere fino a noi. Nello specifico, i partner coinvolti sono Sapienza Università di Roma, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Tecno Edile Toscana, Istituto Centrale per il Restauro e Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Questo progetto si propone di fornire al settore del restauro malte innovative, che permettano di promuovere un approccio conservativo più attento nei confronti della compatibilità dei materiali negli interventi di restauro, senza dover scendere a compromessi con la durevolezza dei materiali. Fondamentale è inoltre l’ecocompatibilità, per venire incontro alle esigenze legate alla necessaria riduzione di produzione di CO2 causata dall’industria dei cementi, che risulta essere la terza fonte antropica di questo tipo di emissioni (1). L’idea del progetto nasce dallo studio archeometrico delle malte di epoca romana utilizzate per la costruzione dell’Acquedotto Traiano-Paolo, che hanno mostrato caratteristiche inedite rispetto ai precedenti studi effettuati su malte romane. L’Acquedotto Traiano-Paolo è uno degli undici acquedotti che in epoca romana rifornivano d’acqua la città di Roma. Fu costruito per volere dell’imperatore Traiano e venne inaugurato il 24 giugno del 109 d.C., come riportato nei Fasti Ostienses. Il tragitto di questo acquedotto, di circa 57 km, parte dalle sorgenti a nord del lago di Bracciano e giunge fino al Gianicolo. A rendere questo acquedotto eccezionale è il fatto che a tutt’oggi esso sia in funzione: nonostante le invasioni barbariche ne abbiano causato l’interruzione, il restauro voluto da papa Paolo V Borghese ha permesso di ristabilirne la funzionalità (2). Lo studio archeometrico è stato effettuato su campioni di malta romana della fase costruttiva originaria traianea, che sono stati prelevati dal caput aquae di Settebotti, presso Trevignano Romano (RM), dall’interno del condotto sotterraneo e da diversi tipi di muratura: dalla volta, dalle pareti in opus latericium, dalla malta presente tra i blocchi di leucitite. I campioni sono stati studiati mediante diffrattometria a raggi X su polveri (XRPD), che permette di ottenere informazioni sulle fasi cristalline presenti. Le osservazioni al microscopio ottico (MO) hanno permesso la caratterizzazione delle fasi mineralogiche e petrografiche, mentre tramite microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS) è stato possibile effettuare osservazioni micro-tessiturali e analisi microchimiche, supportate da ulteriori analisi chimiche alla microsonda elettronica (EMP). Infine, la calorimetria differenziale a scansione accoppiata all’analisi termogravimetrica (DSC-TGA) ha permesso di valutare l’idraulicità della malta (3). L’aggregato, ovvero il materiale impiegato per dare corpo alla malta ed evitare i fenomeni di ritiro tipici della frazione legante, è costituito da frammenti eterogenei di materiali naturali a comportamento pozzolanico, tra i quali è possibile identificare: pozzolana rossa con matrice porosa rosso-marrone e cristalli di leucite, riconducibile al vulcanismo dei Colli Albani; materiali pozzolanici tipo tufo, con tessitura porfirica, porosità variabile, arrotondamento variabile e colore da marrone a rosso e giallo, con cristalli di augite, ilmenite e analcime, tipici dei Monti Sabatini; frammenti di scorie con tessitura porfirica e elevata porosità, con cristalli di sanidino in una matrice ricca in Si e Al; frammenti di rocce vulcaniche contenenti apatite, clinopirosseni, feldspati e ilmenite, riconducibili all’Unità di Martignano dei Monti Sabatini (Fig. 1) (4). Il legante si presenta in forma amorfa, privo di calcite, prevalentemente composto da Si, Al, Ca e K. L’assenza di calcite è di per sé un fatto unico, riscontrato per la prima volta in questo studio. Gli antichi Romani infatti erano soliti utilizzare la calce come legante e per rendere la malta idraulica aggiungevano un aggregato con proprietà pozzolaniche. Ciò determinava la formazione di fasi idrauliche, generalmente localizzate all’interfaccia tra aggregato e legante, che però erano comunque accompagnate da calcite dovuta a una successiva carbonatazione (5). Nel nostro caso, il rapporto legante/aggregato è 1:3, come richiesto dalle indicazioni di Vitruvio (De Architectura) e l’indice di idraulicità è prossimo a 0, evidenziando l’elevato carattere idraulico: l’assenza di calcite può essere dovuta al completo consumo della portlandite durante la reazione idraulica di presa, oppure connessa a processi di alterazione. In conclusione, le malte originali dell’Acquedotto Traiano-Paolo presentano spiccate proprietà idrauliche e una durevolezza testimoniata dal fatto che dopo quasi duemila anni esse svolgono ancora la loro funzione. Per questo motivo sono state scelte come esempio dal quale partire per produrre moderne malte di restauro, che verranno formulate e testate grazie alla collaborazione dei diversi partner del progetto.
2022
2 Convegno annuale del Distretto Tecnologico per i Beni e le attività Culturali della Regione Lazio
malte romane; malte di restauro; ecocompatibilità
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
On-Tech. Old new technology / Calzolari, Laura; Medeghini, Laura; Mignardi, Silvano. - (2022), pp. 241-245. (Intervento presentato al convegno 2 Convegno annuale del Distretto Tecnologico per i Beni e le attività Culturali della Regione Lazio tenutosi a Roma) [10.48255/9788891326652].
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