Este trabalho é um comentário à sentença de mérito, da CIJ, no caso Immunités et procédures pénales (Guinée Équatoriale c. France), e, ao mesmo tempo, um estudo sobre o problema – inédito na jurisprudência internacional – que a sentença põe: a determinação do momento no qual e das modalidades pelas quais um imóvel adquire, no direito internacional, o status de «premises of the mission». A sentença da Corte, que estabelece a necessidade do consentimento do Estado acreditado, é criticada. O estudo e a análise da praxe dos Estados, da Convenção de Viena sobre relações diplomáticas, da história do instituto da inviolabilidade dos locais diplomáticos e da (pouca) literatura que tem tratado o problema, demonstram que existe uma norma do direito internacional que determina que a aquisição do status de «premises of the mission» se realize através do (e no momento do) simples início de uso efetivo dos locais para o exercício das funções diplomáticas. A sentença da CIJ «cria» então um requisito – o consentimento do Estado acreditado – que não existe no direito internacional, e isto determina graves potenciais problemas de contraste e coexistência entre situações de fato (reais) e situações meramente jurídico-formais.
Questo lavoro è un commento alla sentenza della CIG, di merito, nel caso Immunités et procédures pénales (Guinée Équatoriale c. France), e, allo stesso tempo, uno studio del problema – inedito nella giurisprudenza internazionale – emergente dalla sentenza, quello del momento in cui e delle modalità attraverso le quali un determinato immobile acquista, nel diritto internazionale, lo status di «premises of the mission». La sentenza della Corte, che ha ritenuto necessario il consenso dello Stato accreditatario, è criticata. Lo studio e l’analisi della prassi degli Stati, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, della storia dell’istituto dell’inviolabilità dei locali diplomatici e della (poca) letteratura che ha trattato il problema, dimostrano che esiste una norma del diritto internazionale che determina che l’acquisto dello status di «premises of the mission» avvenga attraverso il (e nel momento del) solo inizio d’uso effettivo dei locali per l’esercizio delle funzioni diplomatiche. La sentenza della CIG «crea» quindi un requisito – il consenso dello Stato accreditatario – che non esiste nel diritto internazionale, e ciò comporta gravi potenziali problemi di contrasto e coesistenza tra situazioni di fatto (reali) e situazioni puramente giuridico-formali.
Il non acquisto dello status di "locali della missione": note a margine della sentenza della corte internazionale di giustizia nel caso Guinea Equatoriale c. Francia / Travan, Federico. - In: REVISTA DA FACULDADE DE DIREITO, UNIVERSIDADE DE SÃO PAULO. - ISSN 0303-9838. - 116:2(2021), pp. 329-368. [10.11606/issn.2318-8235.v116p329-368]
Il non acquisto dello status di "locali della missione": note a margine della sentenza della corte internazionale di giustizia nel caso Guinea Equatoriale c. Francia
Federico Travan
2021
Abstract
Questo lavoro è un commento alla sentenza della CIG, di merito, nel caso Immunités et procédures pénales (Guinée Équatoriale c. France), e, allo stesso tempo, uno studio del problema – inedito nella giurisprudenza internazionale – emergente dalla sentenza, quello del momento in cui e delle modalità attraverso le quali un determinato immobile acquista, nel diritto internazionale, lo status di «premises of the mission». La sentenza della Corte, che ha ritenuto necessario il consenso dello Stato accreditatario, è criticata. Lo studio e l’analisi della prassi degli Stati, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, della storia dell’istituto dell’inviolabilità dei locali diplomatici e della (poca) letteratura che ha trattato il problema, dimostrano che esiste una norma del diritto internazionale che determina che l’acquisto dello status di «premises of the mission» avvenga attraverso il (e nel momento del) solo inizio d’uso effettivo dei locali per l’esercizio delle funzioni diplomatiche. La sentenza della CIG «crea» quindi un requisito – il consenso dello Stato accreditatario – che non esiste nel diritto internazionale, e ciò comporta gravi potenziali problemi di contrasto e coesistenza tra situazioni di fatto (reali) e situazioni puramente giuridico-formali.File | Dimensione | Formato | |
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