Questo studio esamina gli effetti di un intervento sulle competenze sociali, adattato al contesto italiano, in un campione nazionale rappresentativo di adolescenti nello spettro autistico. Il presente lavoro di ricerca, inoltre, valuta la fattibilità dell’intervento attraverso l’analisi della fedeltà del trattamento, della validità sociale e dell’aderenza al training. Il Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder, ASD) è un disturbo del neurosviluppo, con basi eziologiche ancora in parte sconosciute (Lai et al., 2014). Le caratteristiche principali del disturbo sono la compromissione delle abilità socio-relazionali e comunicative, sia a livello verbale che non verbale, in presenza di interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati (American Psychiatric Association, [APA], 2013). Il disturbo si manifesta precocemente, nei primi anni dello sviluppo, e la sintomatologia si può manifestare con gradienti differenti, lungo un continuum dimensionale. Oggi è sempre più frequente sentire parlare di condizione piuttosto che di disturbo. L’ASD dura per tutto l’arco di vita e la sintomatologia è riconoscibile già nella prima infanzia, perdura nell’adolescenza e nell’età adulta. Si può associare a disturbi organici e psichiatrici (Mazzone et al., 2012; Simonoff et al., 2013) ma la prognosi dipende da molti fattori. Recenti studi epidemiologici hanno evidenziato che un bambino ogni 54 ha una forma di ASD (Maenner et al., 2020). La distribuzione tra i sessi è differente colpendo, in misura quattro volte maggiore, i maschi rispetto alle femmine. Il dato è tuttavia incerto a causa del mancato riconoscimento diagnostico dei sintomi nucleari, nel genere femminile. Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi modelli terapeutici per trattare la sintomatologia nucleare e i problemi associati all’ASD. Esistono numerose prove di efficacia a sostegno degli interventi precoci intensivi, in termini di modificazione positiva della traiettoria di sviluppo (Lai et al., 2014) mentre sono pochi gli studi inerenti agli interventi indirizzati agli adolescenti o ai giovani adulti (Miller et al., 2014; Ninci et al., 2015). Le competenze sociali sono positivamente correlate all’autoefficacia e a buoni livelli di Qualità della Vita (QoL) e rappresentano un fattore protettivo rispetto all’emergere di problematiche associate (Miller et al., 2014). Nell’ultima decade i social skills training [SST] sono molto diffusi per bambini e adolescenti con ASD (Gates et al., 2017). Nessuno dei curricula, conosciuti in letteratura e manualizzati, è stato tradotto e adattato al contesto italiano. Questo progetto di tesi mira ad offrire uno strumento di condivisione con i clinici basato sull’evidenza scientifica, proponendo la traduzione e l’adattamento del Program for the Education and Enrichment of Relational Skills (PEERS®) (Laugeson et al., 2012), sviluppato presso la UCLA e la validazione del modello nel contesto italiano, attraverso un disegno di ricerca randomizzato controllato (RCT), in un campione di adolescenti con ASD. La prima parte della dissertazione è tesa a fornire una cornice teorica sul disturbo dello spettro autistico. Nello specifico, dopo una panoramica sulla storia e la nosografia del disturbo, è descritta la semeiologia clinica dell’ASD, con un approfondimento sulle abilità sociali negli adolescenti senza compromissione cognitiva. Si è proseguito declinando l’epidemiologia, l’eziopatogenesi e i trattamenti basati sulle evidenze, raccomandati dalle principali linee guida nazionali e internazionali. Successivamente, dopo un primo focus sullo stato dell’arte della ricerca sui modelli di intervento per le competenze sociali nell’autismo, è stata descritta la rassegna sistematica della letteratura condotta in linea con il più recente PRISMA Statement (Moher et al., 2009; Moher et al., 2015) e l’articolo di spiegazione e pubblicazione (Liberati et al., 2009). La revisione sistematica della letteratura ha avuto lo scopo di identificare i modelli di intervento sulle competenze sociali per adolescenti con ASD, maggiormente rappresentati nella letteratura scientifica e valutarne la qualità metodologica. Nella seconda parte della tesi è stato approfondito l’adattamento al contesto italiano del programma PEERS®. Infatti, oltre alla traduzione, sono stati discussi i cambiamenti operati sul manuale in italiano e la metodologia seguita per apportare le modifiche. Sono stati, inoltre, presentati i risultati della survey preliminare somministrata ad un gruppo di adolescenti con sviluppo tipico, per identificare i fattori culturali che avrebbero potuto ostacolare l’implementazione del PEERS® nel contesto italiano. Infine, sono state indicate differenze e similitudini, con gli altri adattamenti internazionali. Nell’ultima parte del testo, oggetto della discussione di dottorato, è stato presentato il primo studio italiano sul programma PEERS®. Dopo una breve introduzione sugli obiettivi dello studio, sono stati illustrati i metodi, quindi le caratteristiche dei partecipanti e il dettaglio sugli strumenti di valutazione degli esiti primari e secondari. Successivamente è stata chiarita la procedura con cui è stato somministrato il training, per introdurre il piano di analisi statistiche. I risultati presentati sono relativi alle differenze tra i gruppi (sperimentale e lista di attesa) e al mantenimento dei risultati (follow-up). Inoltre, sono stati considerati e discussi i parametri di accettabilità e validità sociale del trattamento. Sebbene ci siano altri modelli di trattamento sulle competenze sociali, il PEERS® è un intervento ecologicamente valido, basato sull’evidenza scientifica e già replicato in molti Paesi del mondo. I risultati del presente studio indicano che l’intervento è efficace nel modificare positivamente le competenze sociali anche degli adolescenti ASD italiani. In particolare, i ragazzi sottoposti all’intervento hanno acquisito maggiori informazioni sui comportamenti sociali attesi nelle situazioni relazionali tra pari (conoscenze sociali) e hanno sperimentato l’efficacia di mettere in pratica tali comportamenti sociali, nel loro contesto reale di vita (prestazioni sociali). L’intervento ha avuto un effetto positivo sugli esiti primari (le competenze sociali) e ha avuto un impatto anche su delle dimensioni non trattate direttamente dall’intervento, come la regolazione delle emozioni, che è migliorata a conclusione del percorso. Inoltre, il miglioramento nelle competenze sociali ha avuto un effetto secondario positivo nel ridurre i problemi emotivi e comportamentali e i problemi funzionali dovuti ai sintomi depressivi, associati alle relazioni interpersonali (esiti secondari). I risultati ottenuti sono stati mantenuti nel tempo, indicando che gli adolescenti, supportati dai genitori che hanno la funzione di mediare le situazioni sociali complesse, hanno introiettato questi apprendimenti e li continuano ad usare nella quotidianità. Il PEERS®, infine, si è dimostrato un intervento strutturato, ben accetto dai genitori e dagli adolescenti e percepito come utile nell’affrontare i problemi nella relazione con i pari. Le analisi preliminari sull’efficacia e sulla fattibilità indicano che l’intervento potrebbe essere valido anche nei contesti comunitari, come i servizi per la tutela della salute mentale e riabilitazione dell’età evolutiva del SSN. Per i clinici è di fondamentale importanza avere a disposizione interventi efficaci, basati sull’evidenza e applicabili “nel mondo reale”. I futuri obiettivi di ricerca nell’ambito dell’applicazione del programma PEERS® sono l’utilizzo sistematico delle misure osservazionali, aspetto incoraggiato dalla maggior parte delle revisioni sistematiche e metanalisi sul tema (Mirzaei et al., 2020; Rao et al., 2008; Sterrett et al., 2017; White et al., 2007). Future ricerche dovrebbero inserire strumenti specifici per adolescenti con ASD, come il Contextual Assessment of Social Skills, per valorizzare i risultati preliminari ottenuti in altri studi PEERS® (Dolan et al., 2016; Rabin et al., 2018). Una problematica spesso riscontrata anche negli altri studi, è che i valutatori non sono in cieco, a causa della tipologia stessa del trattamento. Non è possibile, infatti, che i genitori, così come i ragazzi, siano all’oscuro dell’assegnazione al gruppo. In considerazione della mancanza di risultati ottenuti dai valutatori in cieco (Laugeson et al., 2012), confermato anche nel presente studio, è cruciale nella pianificazione della batteria di valutazione inserire test osservazionali somministrati da valutatori esterni al trattamento. Studi preliminari indicano che PEERS® mediato dai coetanei a sviluppo tipico, è altrettanto efficace sia per gli adolescenti ASD che per i tutor alla pari (Matthews et al., 2018). Al momento però non ci sono studi che inseriscono i compagni di classe nel processo di valutazione, ipotesi accessoria che potrebbe rivelarsi valida, in quanto hanno a disposizione, rispetto agli insegnanti, più occasioni di osservazione per verificare i comportamenti sociali spontanei dei compagni. Gli altri studi sul PEERS® (Chang et al., 2014; Frankel et al., 2010; Hill et al., 2017; Laugeson et al., 2012; Laugeson et al., 2009; Mandelberg et al., 2014; Rabin et al., 2018; Schohl et al., 2014; Yoo et al., 2014), ma anche su altri modelli (Vernon et al., 2018), hanno usato il test SSIS per valutare le competenze sociali globali. La misura non è specifica per le persone con ASD, ma è stata costruita per bambini e ragazzi con problematiche comportamentali. È pur vero che i ragazzi con ASD spesso presentano in co-occorrenza problemi comportamentali e quindi potrebbe essere una misura valida per cogliere i cambiamenti nelle competenze sociali globali, almeno in questa sottopopolazione. Il test non dispone di un adattamento italiano e un campione normativo di riferimento; quindi, sarebbe utile procedere con gli aggiustamenti necessari, e testarlo nell’ambito di questo intervento. Gli esiti relativi ai genitori, in questo lavoro, non sono stati valutati. I genitori hanno valutato le caratteristiche dei propri figli ma non è noto se ci sia un impatto del trattamento, anche su variabili personali, come lo stress e il benessere. Strumenti atti a valutare la Qualità della vita (QoL) e lo stress genitoriale dovrebbero essere implementati in futuri lavori. Mentre lo stress genitoriale è stato studiato nel PEERS® (Corona et al., 2019; Karst et al., 2015), la QoL è un dominio non ancora testato. La definizione della QoL fornita dall’OMS si riferisce alla “percezione che ciascuna persona ha della propria posizione di vita, nel contesto della cultura e del sistema di valori nel quale è inserito, e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, priorità e preoccupazioni”, questo concetto riveste una grande rilevanza, clinica e sperimentale, nello studio della disabilità. Per valutarla esistono strumenti adattati al contesto italiano con soddisfacenti proprietà psicometriche (de Girolamo, 1993). Infine, dal punto di vista metodologico, sarebbe appropriato dopo aver svolto lo studio pilota RCT per valutare l’efficacia dell’intervento, replicare lo studio con il training in presenza (confermando o meno le evidenze in telemedicina disponibili), e proseguire svolgendo uno studio comunitario nei servizi pubblici italiani del SSN per verificare eventuali convergenze e difformità. Tale procedura completerebbe il processo di validazione dell’intervento (Smith et al., 2007), ad oggi testato solo tramite uno studio pilota con un campione composto da 5 partecipanti (Hill et al., 2017). Sul piano clinico-assistenziale e in termini di economia sanitaria, sarebbe uno sforzo senz’altro gravoso, ma in grado di restituire nuove conoscenze su degli aspetti scarsamente valutati negli studi sui SST (compreso il PEERS®), ossia sul costo-efficacia e sulla validità esterna dell’intervento.

PEERS®, intervento sulle competenze sociali per adolescenti con disturbo dello spettro autistico (ASD): il primo studio pilota RCT italiano / Fatta, LAURA MARIA. - (2022 May 30).

PEERS®, intervento sulle competenze sociali per adolescenti con disturbo dello spettro autistico (ASD): il primo studio pilota RCT italiano

FATTA, LAURA MARIA
30/05/2022

Abstract

Questo studio esamina gli effetti di un intervento sulle competenze sociali, adattato al contesto italiano, in un campione nazionale rappresentativo di adolescenti nello spettro autistico. Il presente lavoro di ricerca, inoltre, valuta la fattibilità dell’intervento attraverso l’analisi della fedeltà del trattamento, della validità sociale e dell’aderenza al training. Il Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder, ASD) è un disturbo del neurosviluppo, con basi eziologiche ancora in parte sconosciute (Lai et al., 2014). Le caratteristiche principali del disturbo sono la compromissione delle abilità socio-relazionali e comunicative, sia a livello verbale che non verbale, in presenza di interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati (American Psychiatric Association, [APA], 2013). Il disturbo si manifesta precocemente, nei primi anni dello sviluppo, e la sintomatologia si può manifestare con gradienti differenti, lungo un continuum dimensionale. Oggi è sempre più frequente sentire parlare di condizione piuttosto che di disturbo. L’ASD dura per tutto l’arco di vita e la sintomatologia è riconoscibile già nella prima infanzia, perdura nell’adolescenza e nell’età adulta. Si può associare a disturbi organici e psichiatrici (Mazzone et al., 2012; Simonoff et al., 2013) ma la prognosi dipende da molti fattori. Recenti studi epidemiologici hanno evidenziato che un bambino ogni 54 ha una forma di ASD (Maenner et al., 2020). La distribuzione tra i sessi è differente colpendo, in misura quattro volte maggiore, i maschi rispetto alle femmine. Il dato è tuttavia incerto a causa del mancato riconoscimento diagnostico dei sintomi nucleari, nel genere femminile. Negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi modelli terapeutici per trattare la sintomatologia nucleare e i problemi associati all’ASD. Esistono numerose prove di efficacia a sostegno degli interventi precoci intensivi, in termini di modificazione positiva della traiettoria di sviluppo (Lai et al., 2014) mentre sono pochi gli studi inerenti agli interventi indirizzati agli adolescenti o ai giovani adulti (Miller et al., 2014; Ninci et al., 2015). Le competenze sociali sono positivamente correlate all’autoefficacia e a buoni livelli di Qualità della Vita (QoL) e rappresentano un fattore protettivo rispetto all’emergere di problematiche associate (Miller et al., 2014). Nell’ultima decade i social skills training [SST] sono molto diffusi per bambini e adolescenti con ASD (Gates et al., 2017). Nessuno dei curricula, conosciuti in letteratura e manualizzati, è stato tradotto e adattato al contesto italiano. Questo progetto di tesi mira ad offrire uno strumento di condivisione con i clinici basato sull’evidenza scientifica, proponendo la traduzione e l’adattamento del Program for the Education and Enrichment of Relational Skills (PEERS®) (Laugeson et al., 2012), sviluppato presso la UCLA e la validazione del modello nel contesto italiano, attraverso un disegno di ricerca randomizzato controllato (RCT), in un campione di adolescenti con ASD. La prima parte della dissertazione è tesa a fornire una cornice teorica sul disturbo dello spettro autistico. Nello specifico, dopo una panoramica sulla storia e la nosografia del disturbo, è descritta la semeiologia clinica dell’ASD, con un approfondimento sulle abilità sociali negli adolescenti senza compromissione cognitiva. Si è proseguito declinando l’epidemiologia, l’eziopatogenesi e i trattamenti basati sulle evidenze, raccomandati dalle principali linee guida nazionali e internazionali. Successivamente, dopo un primo focus sullo stato dell’arte della ricerca sui modelli di intervento per le competenze sociali nell’autismo, è stata descritta la rassegna sistematica della letteratura condotta in linea con il più recente PRISMA Statement (Moher et al., 2009; Moher et al., 2015) e l’articolo di spiegazione e pubblicazione (Liberati et al., 2009). La revisione sistematica della letteratura ha avuto lo scopo di identificare i modelli di intervento sulle competenze sociali per adolescenti con ASD, maggiormente rappresentati nella letteratura scientifica e valutarne la qualità metodologica. Nella seconda parte della tesi è stato approfondito l’adattamento al contesto italiano del programma PEERS®. Infatti, oltre alla traduzione, sono stati discussi i cambiamenti operati sul manuale in italiano e la metodologia seguita per apportare le modifiche. Sono stati, inoltre, presentati i risultati della survey preliminare somministrata ad un gruppo di adolescenti con sviluppo tipico, per identificare i fattori culturali che avrebbero potuto ostacolare l’implementazione del PEERS® nel contesto italiano. Infine, sono state indicate differenze e similitudini, con gli altri adattamenti internazionali. Nell’ultima parte del testo, oggetto della discussione di dottorato, è stato presentato il primo studio italiano sul programma PEERS®. Dopo una breve introduzione sugli obiettivi dello studio, sono stati illustrati i metodi, quindi le caratteristiche dei partecipanti e il dettaglio sugli strumenti di valutazione degli esiti primari e secondari. Successivamente è stata chiarita la procedura con cui è stato somministrato il training, per introdurre il piano di analisi statistiche. I risultati presentati sono relativi alle differenze tra i gruppi (sperimentale e lista di attesa) e al mantenimento dei risultati (follow-up). Inoltre, sono stati considerati e discussi i parametri di accettabilità e validità sociale del trattamento. Sebbene ci siano altri modelli di trattamento sulle competenze sociali, il PEERS® è un intervento ecologicamente valido, basato sull’evidenza scientifica e già replicato in molti Paesi del mondo. I risultati del presente studio indicano che l’intervento è efficace nel modificare positivamente le competenze sociali anche degli adolescenti ASD italiani. In particolare, i ragazzi sottoposti all’intervento hanno acquisito maggiori informazioni sui comportamenti sociali attesi nelle situazioni relazionali tra pari (conoscenze sociali) e hanno sperimentato l’efficacia di mettere in pratica tali comportamenti sociali, nel loro contesto reale di vita (prestazioni sociali). L’intervento ha avuto un effetto positivo sugli esiti primari (le competenze sociali) e ha avuto un impatto anche su delle dimensioni non trattate direttamente dall’intervento, come la regolazione delle emozioni, che è migliorata a conclusione del percorso. Inoltre, il miglioramento nelle competenze sociali ha avuto un effetto secondario positivo nel ridurre i problemi emotivi e comportamentali e i problemi funzionali dovuti ai sintomi depressivi, associati alle relazioni interpersonali (esiti secondari). I risultati ottenuti sono stati mantenuti nel tempo, indicando che gli adolescenti, supportati dai genitori che hanno la funzione di mediare le situazioni sociali complesse, hanno introiettato questi apprendimenti e li continuano ad usare nella quotidianità. Il PEERS®, infine, si è dimostrato un intervento strutturato, ben accetto dai genitori e dagli adolescenti e percepito come utile nell’affrontare i problemi nella relazione con i pari. Le analisi preliminari sull’efficacia e sulla fattibilità indicano che l’intervento potrebbe essere valido anche nei contesti comunitari, come i servizi per la tutela della salute mentale e riabilitazione dell’età evolutiva del SSN. Per i clinici è di fondamentale importanza avere a disposizione interventi efficaci, basati sull’evidenza e applicabili “nel mondo reale”. I futuri obiettivi di ricerca nell’ambito dell’applicazione del programma PEERS® sono l’utilizzo sistematico delle misure osservazionali, aspetto incoraggiato dalla maggior parte delle revisioni sistematiche e metanalisi sul tema (Mirzaei et al., 2020; Rao et al., 2008; Sterrett et al., 2017; White et al., 2007). Future ricerche dovrebbero inserire strumenti specifici per adolescenti con ASD, come il Contextual Assessment of Social Skills, per valorizzare i risultati preliminari ottenuti in altri studi PEERS® (Dolan et al., 2016; Rabin et al., 2018). Una problematica spesso riscontrata anche negli altri studi, è che i valutatori non sono in cieco, a causa della tipologia stessa del trattamento. Non è possibile, infatti, che i genitori, così come i ragazzi, siano all’oscuro dell’assegnazione al gruppo. In considerazione della mancanza di risultati ottenuti dai valutatori in cieco (Laugeson et al., 2012), confermato anche nel presente studio, è cruciale nella pianificazione della batteria di valutazione inserire test osservazionali somministrati da valutatori esterni al trattamento. Studi preliminari indicano che PEERS® mediato dai coetanei a sviluppo tipico, è altrettanto efficace sia per gli adolescenti ASD che per i tutor alla pari (Matthews et al., 2018). Al momento però non ci sono studi che inseriscono i compagni di classe nel processo di valutazione, ipotesi accessoria che potrebbe rivelarsi valida, in quanto hanno a disposizione, rispetto agli insegnanti, più occasioni di osservazione per verificare i comportamenti sociali spontanei dei compagni. Gli altri studi sul PEERS® (Chang et al., 2014; Frankel et al., 2010; Hill et al., 2017; Laugeson et al., 2012; Laugeson et al., 2009; Mandelberg et al., 2014; Rabin et al., 2018; Schohl et al., 2014; Yoo et al., 2014), ma anche su altri modelli (Vernon et al., 2018), hanno usato il test SSIS per valutare le competenze sociali globali. La misura non è specifica per le persone con ASD, ma è stata costruita per bambini e ragazzi con problematiche comportamentali. È pur vero che i ragazzi con ASD spesso presentano in co-occorrenza problemi comportamentali e quindi potrebbe essere una misura valida per cogliere i cambiamenti nelle competenze sociali globali, almeno in questa sottopopolazione. Il test non dispone di un adattamento italiano e un campione normativo di riferimento; quindi, sarebbe utile procedere con gli aggiustamenti necessari, e testarlo nell’ambito di questo intervento. Gli esiti relativi ai genitori, in questo lavoro, non sono stati valutati. I genitori hanno valutato le caratteristiche dei propri figli ma non è noto se ci sia un impatto del trattamento, anche su variabili personali, come lo stress e il benessere. Strumenti atti a valutare la Qualità della vita (QoL) e lo stress genitoriale dovrebbero essere implementati in futuri lavori. Mentre lo stress genitoriale è stato studiato nel PEERS® (Corona et al., 2019; Karst et al., 2015), la QoL è un dominio non ancora testato. La definizione della QoL fornita dall’OMS si riferisce alla “percezione che ciascuna persona ha della propria posizione di vita, nel contesto della cultura e del sistema di valori nel quale è inserito, e in relazione ai propri obiettivi, aspettative, priorità e preoccupazioni”, questo concetto riveste una grande rilevanza, clinica e sperimentale, nello studio della disabilità. Per valutarla esistono strumenti adattati al contesto italiano con soddisfacenti proprietà psicometriche (de Girolamo, 1993). Infine, dal punto di vista metodologico, sarebbe appropriato dopo aver svolto lo studio pilota RCT per valutare l’efficacia dell’intervento, replicare lo studio con il training in presenza (confermando o meno le evidenze in telemedicina disponibili), e proseguire svolgendo uno studio comunitario nei servizi pubblici italiani del SSN per verificare eventuali convergenze e difformità. Tale procedura completerebbe il processo di validazione dell’intervento (Smith et al., 2007), ad oggi testato solo tramite uno studio pilota con un campione composto da 5 partecipanti (Hill et al., 2017). Sul piano clinico-assistenziale e in termini di economia sanitaria, sarebbe uno sforzo senz’altro gravoso, ma in grado di restituire nuove conoscenze su degli aspetti scarsamente valutati negli studi sui SST (compreso il PEERS®), ossia sul costo-efficacia e sulla validità esterna dell’intervento.
30-mag-2022
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Tipologia: Tesi di dottorato
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