Cortile a Cleopatra (1936) è il primo romanzo di ambientazione levantina di Fausta Cialente, stabilitasi ad Alessandria d’Egitto nel 1921. Il testo rielabora l’incontro con una nuova realtà geografica caratterizzata dalla convivenza di culture diverse e dagli squilibri sociali indotti dal colonialismo. Determinanti nella costruzione del testo si rivelano i rapporti (di affrancamento e di incompatibilità) fra le pratiche religiose dei personaggi (cattolici, ortodossi, ebrei, arabi), intese come codici storico-culturali attraverso cui si esercita la retorica dell’identità. In questo contesto, Cialente assume un paradigma conoscitivo archetipico: il romanzo racconta la storia di un tabù violato e di un rito di espiazione che affronta, tramite un sacrificio, la dimensione del divino. Il mito agisce dentro l’impianto realistico del racconto attraverso la ricostruzione di gesti, comportamenti e rappresentazioni riconducibili ai differenti culti religiosi. L’attenzione etnografica della scrittura assume così una carica simbolica che interroga, di fronte a un mondo di diversità radicali, la possibilità degli uomini di stare insieme e di mantenere un potere di significato universale.
Cortile a Cleopatra di Fausta Cialente fra letteratura e antropologia / Rubini, Francesca. - (2022), pp. 517-524. (Intervento presentato al convegno Letteratura e antropologia. Generi, forme e immaginari. Convegno MOD, Campobasso 13/15 Giugno 2019 tenutosi a Campobasso).
Cortile a Cleopatra di Fausta Cialente fra letteratura e antropologia
Rubini Francesca
2022
Abstract
Cortile a Cleopatra (1936) è il primo romanzo di ambientazione levantina di Fausta Cialente, stabilitasi ad Alessandria d’Egitto nel 1921. Il testo rielabora l’incontro con una nuova realtà geografica caratterizzata dalla convivenza di culture diverse e dagli squilibri sociali indotti dal colonialismo. Determinanti nella costruzione del testo si rivelano i rapporti (di affrancamento e di incompatibilità) fra le pratiche religiose dei personaggi (cattolici, ortodossi, ebrei, arabi), intese come codici storico-culturali attraverso cui si esercita la retorica dell’identità. In questo contesto, Cialente assume un paradigma conoscitivo archetipico: il romanzo racconta la storia di un tabù violato e di un rito di espiazione che affronta, tramite un sacrificio, la dimensione del divino. Il mito agisce dentro l’impianto realistico del racconto attraverso la ricostruzione di gesti, comportamenti e rappresentazioni riconducibili ai differenti culti religiosi. L’attenzione etnografica della scrittura assume così una carica simbolica che interroga, di fronte a un mondo di diversità radicali, la possibilità degli uomini di stare insieme e di mantenere un potere di significato universale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.