The contribution analyzes some passages taken from the works of Ephrem of Nisibis in which the deacon discusses and criticizes, for ecclesial purposes, the linguistic customs of Bardaiṣān of Edessa, a Christian intellectual at the court of Abgar VIII. In fact, these passages allow us to broaden our gaze to the birth of the literary use of Aramaic (Edessene, therefore ‘Syriac’), a former language of inscriptions and mosaics, which becomes between the second and third centuries the language of translation from Hebrew and Greek, but also of the production of original poetry and prose. From Bardaiṣān onwards, Syriac is no longer the language of translation or of poetical creation, but a language that, almost like Greek, can aspire to become an instrument of intellectual debate, particularly in the context of religions that have to do with the Jewish scriptural heritage (Jews, Christian, Gnostics, Manichees). In certain environments, language becomes a way of discussing and building cultural and intellectual identity : the more the language is used in the elaborate forms of poetry and treatises, the better it can conquer new intellectual classes accustomed to reading these literary genres in Greek, but eager to support a new language of prestige, more linked to linguistic traditions and local epigraphic habits. Mani accepts Bardaiṣān’s proposal and challenges him in the field of producing texts written in Aramaic. The dialectical relationship among Elchasai,Bardaisan, Mani, and Ephrem is not only built on the terrain of religious conflict, but also on the cultural level and on that of the means that culture uses to find expression and to be communicated. Aramaic, in its pre-classical Syriac variety, becomes at the end of the second century a language of discussion and debate, despite the fact that it is not completely unified but characterized by different varieties and scripts : it is therefore a common environment, in which the differences, far from preventing mutual comprehensibility, underline religious identities.

Il contributo analizza alcuni brani tratti dalle opere di Efrem di Nisibis in cui il diacono discute e critica, a fini ecclesiali, le consuetudini linguistiche di Bardaiṣān di Edessa, intellettuale cristiano alla corte di Abgar VIII. Questi brani, infatti, consentono di allargare lo sguardo alla nascita dell'uso letterario dell'aramaico (edesseno, quindi 'siriaco'), antica lingua di iscrizioni e mosaici, che diventa tra il II e il III secolo la lingua della traduzione da ebraico e greco, ma anche della produzione di poesia e prosa originali. Da Bardaiṣān in poi, il siriaco non è più la lingua della traduzione o della creazione poetica, ma una lingua che, quasi come il greco, può aspirare a diventare strumento di dibattito intellettuale, soprattutto nell'ambito delle religioni che hanno a che fare con la Scrittura ebraica (ebrei, cristiani, gnostici, manichei). In certi ambienti, la lingua diventa un modo per discutere e costruire identità culturali e intellettuali: più la lingua viene utilizzata nelle forme elaborate di poesia e trattati, meglio può conquistare nuove classi intellettuali abituate a leggere questi generi letterari in greco, ma desiderose di sostenere una nuova lingua di prestigio, più legata alle tradizioni linguistiche e alle abitudini epigrafiche locali. Mani accetta la proposta di Bardaiṣān e lo sfida nel campo della produzione di testi scritti in aramaico. Il rapporto dialettico tra Elchasai, Bardaisan, Mani ed Ephrem non si costruisce solo sul terreno del conflitto religioso, ma anche sul piano culturale e su quello dei mezzi che la cultura usa per esprimersi e per essere comunicata. L'aramaico, nella sua varietà siriaca preclassica, diventa alla fine del II secolo un linguaggio di discussione e dibattito, nonostante non sia del tutto unitario ma caratterizzato da varietà e scritture differenti: è quindi un ambiente comune, in cui le differenze, lungi dall'impedire la mutua comprensibilità, sottolineano le identità religiose.

Identità religiose e varietà linguistiche nella Mesopotamia di età romana : circa alcuni indizi di un dibattito sull’utilizzazione dell’aramaico (Bardesane, Mani, Efrem) / Camplani, Alberto. - In: OCCIDENTE ORIENTE. - ISSN 2723-9454. - 2:(2021), pp. 101-120. [10.19272/202114901007]

Identità religiose e varietà linguistiche nella Mesopotamia di età romana : circa alcuni indizi di un dibattito sull’utilizzazione dell’aramaico (Bardesane, Mani, Efrem)

Alberto Camplani
Primo
2021

Abstract

The contribution analyzes some passages taken from the works of Ephrem of Nisibis in which the deacon discusses and criticizes, for ecclesial purposes, the linguistic customs of Bardaiṣān of Edessa, a Christian intellectual at the court of Abgar VIII. In fact, these passages allow us to broaden our gaze to the birth of the literary use of Aramaic (Edessene, therefore ‘Syriac’), a former language of inscriptions and mosaics, which becomes between the second and third centuries the language of translation from Hebrew and Greek, but also of the production of original poetry and prose. From Bardaiṣān onwards, Syriac is no longer the language of translation or of poetical creation, but a language that, almost like Greek, can aspire to become an instrument of intellectual debate, particularly in the context of religions that have to do with the Jewish scriptural heritage (Jews, Christian, Gnostics, Manichees). In certain environments, language becomes a way of discussing and building cultural and intellectual identity : the more the language is used in the elaborate forms of poetry and treatises, the better it can conquer new intellectual classes accustomed to reading these literary genres in Greek, but eager to support a new language of prestige, more linked to linguistic traditions and local epigraphic habits. Mani accepts Bardaiṣān’s proposal and challenges him in the field of producing texts written in Aramaic. The dialectical relationship among Elchasai,Bardaisan, Mani, and Ephrem is not only built on the terrain of religious conflict, but also on the cultural level and on that of the means that culture uses to find expression and to be communicated. Aramaic, in its pre-classical Syriac variety, becomes at the end of the second century a language of discussion and debate, despite the fact that it is not completely unified but characterized by different varieties and scripts : it is therefore a common environment, in which the differences, far from preventing mutual comprehensibility, underline religious identities.
2021
Il contributo analizza alcuni brani tratti dalle opere di Efrem di Nisibis in cui il diacono discute e critica, a fini ecclesiali, le consuetudini linguistiche di Bardaiṣān di Edessa, intellettuale cristiano alla corte di Abgar VIII. Questi brani, infatti, consentono di allargare lo sguardo alla nascita dell'uso letterario dell'aramaico (edesseno, quindi 'siriaco'), antica lingua di iscrizioni e mosaici, che diventa tra il II e il III secolo la lingua della traduzione da ebraico e greco, ma anche della produzione di poesia e prosa originali. Da Bardaiṣān in poi, il siriaco non è più la lingua della traduzione o della creazione poetica, ma una lingua che, quasi come il greco, può aspirare a diventare strumento di dibattito intellettuale, soprattutto nell'ambito delle religioni che hanno a che fare con la Scrittura ebraica (ebrei, cristiani, gnostici, manichei). In certi ambienti, la lingua diventa un modo per discutere e costruire identità culturali e intellettuali: più la lingua viene utilizzata nelle forme elaborate di poesia e trattati, meglio può conquistare nuove classi intellettuali abituate a leggere questi generi letterari in greco, ma desiderose di sostenere una nuova lingua di prestigio, più legata alle tradizioni linguistiche e alle abitudini epigrafiche locali. Mani accetta la proposta di Bardaiṣān e lo sfida nel campo della produzione di testi scritti in aramaico. Il rapporto dialettico tra Elchasai, Bardaisan, Mani ed Ephrem non si costruisce solo sul terreno del conflitto religioso, ma anche sul piano culturale e su quello dei mezzi che la cultura usa per esprimersi e per essere comunicata. L'aramaico, nella sua varietà siriaca preclassica, diventa alla fine del II secolo un linguaggio di discussione e dibattito, nonostante non sia del tutto unitario ma caratterizzato da varietà e scritture differenti: è quindi un ambiente comune, in cui le differenze, lungi dall'impedire la mutua comprensibilità, sottolineano le identità religiose.
Syriac Language; Syriac Literature; Christian Syria; Religious Controversy; Bardaisan of Edessa; Ephrem of Nisibis; Mani
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Identità religiose e varietà linguistiche nella Mesopotamia di età romana : circa alcuni indizi di un dibattito sull’utilizzazione dell’aramaico (Bardesane, Mani, Efrem) / Camplani, Alberto. - In: OCCIDENTE ORIENTE. - ISSN 2723-9454. - 2:(2021), pp. 101-120. [10.19272/202114901007]
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