Per affrontare il dibattito che si è svolto negli anni Ottanta sull’architettura e sulla città di Roma è necessario delineare il contesto nel quale ci si muoveva, che, per inerzia fisiologica connaturata all’architettura, in special modo in Italia ove i processi che portano alla costruzione sono lenti e di incerto destino, è sempre esito di un clima culturale pregresso. In quel periodo in particolare, lo scollamento tra ciò che sarebbe successo nella città reale e ciò che si andava immaginando e progettando è particolarmente marcato. I grandi temi sono da un lato riconducibili alle difficoltà di gestione della città in trasformazione dall’altro all’incuria del patrimonio e ai problemi di una città di antico impianto da conservare e risanare. Se l’espansione extra-moenia avanzava con ritmo incalzante su tre linee indipendenti e spesso divergenti – i grandi interventi di edilizia popolare, l’abusivismo e le lottizzazioni private – che malgrado tutto procederanno senza grandi cambiamenti di rotta, il ruolo dell’area archeologica centrale e quello del centro storico nel suo insieme saranno sotto i riflettori per lungo tempo anche se con risultati modesti. Di quel periodo, durante il quale il panorama romano sembrava aver raggiunto lo statuto di scuola perfino esportabile, oltre la cronaca le teorie e le buone intenzioni, restano tanti calligrammi da rivista e alcuni progetti destinati a rimanere. Oltre alla Moschea di Portoghesi, la cui costruzione ha accompagnato l’intero decennio, ne cito tre più uno (tutti non realizzati). Il Colosso di Aymonino, il piano di zona Casale di Gregna di Portoghesi, la proposta del gruppo romano per la XVII Triennale di Milano, coordinato da Purini, e, da ultimo, il nuovo ponte dell’Accademia presentato da Cellini alla Biennale di Architettura di Venezia del 1985.
Roma Ottanta. Cronache di vita e architettura / Toppetti, Fabrizio. - In: STORIA DELL'URBANISTICA. - ISSN 2035-8733. - 13(2021), pp. 253-274.
Roma Ottanta. Cronache di vita e architettura
Fabrizio Toppetti
2021
Abstract
Per affrontare il dibattito che si è svolto negli anni Ottanta sull’architettura e sulla città di Roma è necessario delineare il contesto nel quale ci si muoveva, che, per inerzia fisiologica connaturata all’architettura, in special modo in Italia ove i processi che portano alla costruzione sono lenti e di incerto destino, è sempre esito di un clima culturale pregresso. In quel periodo in particolare, lo scollamento tra ciò che sarebbe successo nella città reale e ciò che si andava immaginando e progettando è particolarmente marcato. I grandi temi sono da un lato riconducibili alle difficoltà di gestione della città in trasformazione dall’altro all’incuria del patrimonio e ai problemi di una città di antico impianto da conservare e risanare. Se l’espansione extra-moenia avanzava con ritmo incalzante su tre linee indipendenti e spesso divergenti – i grandi interventi di edilizia popolare, l’abusivismo e le lottizzazioni private – che malgrado tutto procederanno senza grandi cambiamenti di rotta, il ruolo dell’area archeologica centrale e quello del centro storico nel suo insieme saranno sotto i riflettori per lungo tempo anche se con risultati modesti. Di quel periodo, durante il quale il panorama romano sembrava aver raggiunto lo statuto di scuola perfino esportabile, oltre la cronaca le teorie e le buone intenzioni, restano tanti calligrammi da rivista e alcuni progetti destinati a rimanere. Oltre alla Moschea di Portoghesi, la cui costruzione ha accompagnato l’intero decennio, ne cito tre più uno (tutti non realizzati). Il Colosso di Aymonino, il piano di zona Casale di Gregna di Portoghesi, la proposta del gruppo romano per la XVII Triennale di Milano, coordinato da Purini, e, da ultimo, il nuovo ponte dell’Accademia presentato da Cellini alla Biennale di Architettura di Venezia del 1985.File | Dimensione | Formato | |
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