With the hyper-acceleration of flows and the globalization of information and imagination, a recursive and accumulative approach dominates the forma mentis of digital networks, reminiscent of the Baroque in constructing knowledge in an arti- sanal way. An attitude incompatible with the educational traditions of the “disci- plines” and the distinction between formal and informal learning. A reconfigura- tion of educational systems urges, based on the awareness of teaching/learning processes and technologies at our disposal. Interesting is the concept of the close relationship between learning ability and tangible objects. The “place” of the learn- ing experience is nowadays a manipulable transmedia environment. Some exam- ples in various university courses.

In quale contesto culturale si svolge oggi l’apprendimento? Una prima riflessione riguarda le strutture profonde (metalinguistiche, mediologiche e di potere) della nostra cultura. Già da qualche decennio il procedere analogico-aperto del barocco era tornato a parlarci, e ora è più chiaro il motivo: inattuali, insostenibili le norme definitorie e oggettivanti del razionalismo; al tramonto, o in “riserva” dai ’90, quel controcampo estetico anti-meccanicistico (scrittura saggistica, cinema autoriale, sperimentazioni poetiche, narrative e teatrali e delle arti visive) vocato a scoprire un “altro stato” delle cose sotto la loro apparenza di frammento. Con l’iper-accelerazione dei flussi e la globalizzazione dell’informazione e degli immaginari, a dominare la forma mentis delle reti digitali è un procedere ricorsivo e accumulatorio, incessante ed esplorativo che ricorda il barocco nel costruire conoscenze in modo artigianale, raccogliendo, compulsando, ripetendo, riorganizzando segmenti chiusi e frammenti esperienziali. Funzionale da un lato allo sfondo generale della serialità/virtualità ormai “naturale”, dall’altro alle potenzialità di una mente artigianale-imprenditiva, che sostituisce il taylorismo. Di fronte agli sviluppi imprevedibili, e oscillanti tra sviluppo e catastrofi, della “società del rischio” è necessario far ricorso - come ha teorizzato Richard Sennett - alle capacità tipiche dell’artigiano (se non dell’artista), che tende a monitorare e riconfigurare i fenomeni dal loro interno, a inventare e “aggiungere” costantemente elementi ai suoi prodotti, a tentare, quando è necessario, di modificare i suoi modi di agire. Una attitudine artigianale, tipica nelle pratiche dei laboratori di ricerca, come degli atelier di progettazione e di produzione, incompatibile con le asfittiche tradizioni scritte delle “discipline”: cosicché una acuta sofferenza (denunciata da McLuhan fin dagli anni ’60) riguarda il “cuore” del sistema educativo, ossia le basi cognitive dei sistemi di apprendimento, e di conseguenza i rapporti fra ciò che si vive nell’istituzione e il mondo esterno (tra apprendimento formale e informale). Una inevitabile (ma urgente) riconfigurazione delle istituzioni educative non potrà che basarsi in questa fase sulla coerenza fra cinque “pilastri”: a) la consapevolezza (scientifica e professionale) di come procede l’apprendimento, b) la pratica consapevole e attiva delle tecnologie, c) una didattica partecipativa, d) la virtualizzazione come ambiente, e) la centralità degli skill che abilitano alla vita e al lavoro nell’ambiente dei media. In questo senso, la recente diffusione di esperienze sperimentali a partire dai paesi del nord-Europa - del resto eredi dell’impianto di lungo corso del “costruttivismo sociale” - potrebbe incrociarsi anche in Italia con un rilancio teorico, di cui si vedono segnali, e tentativi di convergenza, per esempio fra studiosi dei media, esponenti dell’officina creativa di Studio Azzurro, pedagogie avanzate, pratiche didattiche che utilizzano il cinema e l’audiovisivo, media education, sociologia urbana. Particolarmente interessante è il recupero e la rifunzionalizzazione di un concetto che ha attraversato l’ultimo secolo della teoria pedagogica e didattica: quello della relazione stretta tra l’apprendere e il fare. Dalla matrice del learning-by-doing (Dewey) all’elaborazione costruzionista del learning-by-making (Papert) il rapporto tra capacità di imparare e oggetto tangibile, tra artefatto e enhancement cognitivo, si ritrova nell’idea di cognitive artifact elaborata da Norman nei primi anni ‘90, ma anche in elaborazioni più recenti ed operativamente didattiche, come gli Episodi di Apprendimento Situato del di Rivoltella. L’oggetto concreto, co-costruito dallo studente o (più spesso) dal gruppo di studenti, diventa il precipitato sensibile del percorso di apprendimento, il traguardo di un processo esperienziale. Il “luogo” dell’esperienza di apprendimento è un ambiente multimediale e transmediale, ormai pienamente e profondamente vissuto, in cui la dimensione della manipolabilità è strutturale, sempre disponibile e reiterabile, da chiunque abbia anche una minima abilità nell’uso dei dispositivi digitali. La predisposizione alla manipolabilità si pone come elemento formidabile di sperimentazione, di elicitazione e coinvolgimento di competenze informali, artigianali, frutto di un approccio apprenditivo try and error, senza gerarchie tra dimensione teorica e pratica. Il dialogo tra learning-by-making, meta-medium digitale e competenze informali apre la strada a un concetto che già oggi possiamo considerare centrale: quello di artefatto cognitivo mediale, un prodotto co-costruito, frutto di sperimentazione, posto come esito di un progetto formativo, al fine di stimolare la praticabilità di premesse e analisi teoriche, ma nel quadro di una partecipazione attiva e diretta dei soggetti in apprendimento. È quanto si è messo a punto all’interno di diversi insegnamenti universitari (Sapienza, Tor Vergata, Cagliari) dove, sotto la guida dei docenti, gli studenti sono stati chiamati ad elaborare cognitivamente i concetti appresi attraverso la produzione di artefatti mediali: video pubblicitari, progetti di videogiochi, script e moodboard di serie tv, progetti di campagne di marketing. La dimensione simbolico-ricostruttiva è stata gestita formalmente dai docenti; quella percettivo-motoria è stata invece delegata alla capacità mimetica informale degli studenti, che hanno operato in autonomia nella bottega artigiana virtuale e in rete.

Apprendere nell'atelier artigiano dei media / Ragone, Giovanni; Ceccherelli, Alessio. - In: SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE. - ISSN 1121-1733. - 62:(2021), pp. 105-120. [10.3280/SC2021-062007]

Apprendere nell'atelier artigiano dei media

Giovanni Ragone;
2021

Abstract

With the hyper-acceleration of flows and the globalization of information and imagination, a recursive and accumulative approach dominates the forma mentis of digital networks, reminiscent of the Baroque in constructing knowledge in an arti- sanal way. An attitude incompatible with the educational traditions of the “disci- plines” and the distinction between formal and informal learning. A reconfigura- tion of educational systems urges, based on the awareness of teaching/learning processes and technologies at our disposal. Interesting is the concept of the close relationship between learning ability and tangible objects. The “place” of the learn- ing experience is nowadays a manipulable transmedia environment. Some exam- ples in various university courses.
2021
In quale contesto culturale si svolge oggi l’apprendimento? Una prima riflessione riguarda le strutture profonde (metalinguistiche, mediologiche e di potere) della nostra cultura. Già da qualche decennio il procedere analogico-aperto del barocco era tornato a parlarci, e ora è più chiaro il motivo: inattuali, insostenibili le norme definitorie e oggettivanti del razionalismo; al tramonto, o in “riserva” dai ’90, quel controcampo estetico anti-meccanicistico (scrittura saggistica, cinema autoriale, sperimentazioni poetiche, narrative e teatrali e delle arti visive) vocato a scoprire un “altro stato” delle cose sotto la loro apparenza di frammento. Con l’iper-accelerazione dei flussi e la globalizzazione dell’informazione e degli immaginari, a dominare la forma mentis delle reti digitali è un procedere ricorsivo e accumulatorio, incessante ed esplorativo che ricorda il barocco nel costruire conoscenze in modo artigianale, raccogliendo, compulsando, ripetendo, riorganizzando segmenti chiusi e frammenti esperienziali. Funzionale da un lato allo sfondo generale della serialità/virtualità ormai “naturale”, dall’altro alle potenzialità di una mente artigianale-imprenditiva, che sostituisce il taylorismo. Di fronte agli sviluppi imprevedibili, e oscillanti tra sviluppo e catastrofi, della “società del rischio” è necessario far ricorso - come ha teorizzato Richard Sennett - alle capacità tipiche dell’artigiano (se non dell’artista), che tende a monitorare e riconfigurare i fenomeni dal loro interno, a inventare e “aggiungere” costantemente elementi ai suoi prodotti, a tentare, quando è necessario, di modificare i suoi modi di agire. Una attitudine artigianale, tipica nelle pratiche dei laboratori di ricerca, come degli atelier di progettazione e di produzione, incompatibile con le asfittiche tradizioni scritte delle “discipline”: cosicché una acuta sofferenza (denunciata da McLuhan fin dagli anni ’60) riguarda il “cuore” del sistema educativo, ossia le basi cognitive dei sistemi di apprendimento, e di conseguenza i rapporti fra ciò che si vive nell’istituzione e il mondo esterno (tra apprendimento formale e informale). Una inevitabile (ma urgente) riconfigurazione delle istituzioni educative non potrà che basarsi in questa fase sulla coerenza fra cinque “pilastri”: a) la consapevolezza (scientifica e professionale) di come procede l’apprendimento, b) la pratica consapevole e attiva delle tecnologie, c) una didattica partecipativa, d) la virtualizzazione come ambiente, e) la centralità degli skill che abilitano alla vita e al lavoro nell’ambiente dei media. In questo senso, la recente diffusione di esperienze sperimentali a partire dai paesi del nord-Europa - del resto eredi dell’impianto di lungo corso del “costruttivismo sociale” - potrebbe incrociarsi anche in Italia con un rilancio teorico, di cui si vedono segnali, e tentativi di convergenza, per esempio fra studiosi dei media, esponenti dell’officina creativa di Studio Azzurro, pedagogie avanzate, pratiche didattiche che utilizzano il cinema e l’audiovisivo, media education, sociologia urbana. Particolarmente interessante è il recupero e la rifunzionalizzazione di un concetto che ha attraversato l’ultimo secolo della teoria pedagogica e didattica: quello della relazione stretta tra l’apprendere e il fare. Dalla matrice del learning-by-doing (Dewey) all’elaborazione costruzionista del learning-by-making (Papert) il rapporto tra capacità di imparare e oggetto tangibile, tra artefatto e enhancement cognitivo, si ritrova nell’idea di cognitive artifact elaborata da Norman nei primi anni ‘90, ma anche in elaborazioni più recenti ed operativamente didattiche, come gli Episodi di Apprendimento Situato del di Rivoltella. L’oggetto concreto, co-costruito dallo studente o (più spesso) dal gruppo di studenti, diventa il precipitato sensibile del percorso di apprendimento, il traguardo di un processo esperienziale. Il “luogo” dell’esperienza di apprendimento è un ambiente multimediale e transmediale, ormai pienamente e profondamente vissuto, in cui la dimensione della manipolabilità è strutturale, sempre disponibile e reiterabile, da chiunque abbia anche una minima abilità nell’uso dei dispositivi digitali. La predisposizione alla manipolabilità si pone come elemento formidabile di sperimentazione, di elicitazione e coinvolgimento di competenze informali, artigianali, frutto di un approccio apprenditivo try and error, senza gerarchie tra dimensione teorica e pratica. Il dialogo tra learning-by-making, meta-medium digitale e competenze informali apre la strada a un concetto che già oggi possiamo considerare centrale: quello di artefatto cognitivo mediale, un prodotto co-costruito, frutto di sperimentazione, posto come esito di un progetto formativo, al fine di stimolare la praticabilità di premesse e analisi teoriche, ma nel quadro di una partecipazione attiva e diretta dei soggetti in apprendimento. È quanto si è messo a punto all’interno di diversi insegnamenti universitari (Sapienza, Tor Vergata, Cagliari) dove, sotto la guida dei docenti, gli studenti sono stati chiamati ad elaborare cognitivamente i concetti appresi attraverso la produzione di artefatti mediali: video pubblicitari, progetti di videogiochi, script e moodboard di serie tv, progetti di campagne di marketing. La dimensione simbolico-ricostruttiva è stata gestita formalmente dai docenti; quella percettivo-motoria è stata invece delegata alla capacità mimetica informale degli studenti, che hanno operato in autonomia nella bottega artigiana virtuale e in rete.
cognitive artifact; constructivism; informal learning; media
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Apprendere nell'atelier artigiano dei media / Ragone, Giovanni; Ceccherelli, Alessio. - In: SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE. - ISSN 1121-1733. - 62:(2021), pp. 105-120. [10.3280/SC2021-062007]
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