Per quale motivo esistono differenze nell’aspettativa di vita tra persone nate in Paesi e continenti diversi, o tra persone che abitano in quartieri diversi di una stessa città? Come mai le persone con un livello inferiore di istruzione hanno un rischio maggiore di andare incontro a complicanze e a mortalità precoce a causa di malattie croniche? In che modo lo status sociale influenza gli esiti di salute di una persona? Come mai le persone migranti sono state esposte ad un maggior rischio di ospedalizzazione per l’infezione da Sars-CoV-2? Le diseguaglianze in salute, vale a dire quelle differenze sistematiche, prodotte socialmente (dunque evitabili e modificabili, quindi ingiuste) presenti tra diversi gruppi di popolazione sia all’interno di una nazione che tra nazioni (Whitehead 1992; Acheson 1998; Braveman 2003; Marmot 2016), sono ormai diffuse in tutto il mondo e risultano abbondantemente documentate con evidenze scientifiche. Le loro cause sono da ricercare non in fattori genetici o biologici, ma in quelli che vengono chiamati i determinanti sociali di salute, vale a dire tutti quei fattori sociali, economici, politici, culturali, ambientali che influenzano la salute delle persone (Dahlgren 1991; CSDH 2008). Parlare di diseguaglianze significa aggiungere un significato morale al termine differenze, dunque provocare ad una presa di posizione in particolare da parte di coloro che lavorano in ambito sanitario e socio-sanitario. Tale lavoro di tesi del Dottorato di Ricerca in “Malattie infettive, Microbiologia e Sanità Pubblica” parte dal presupposto che “pensare alla medicina semplicemente come a una scienza o a un’attività scientifica è non soltanto riduttivo ma sostanzialmente sbagliato. La medicina, in quanto pratica, prevede azioni che esprimono una trama di significati e fini. Gli aspetti etici non possono essere visti come giustapposti, ma debbono essere considerati intrinseci a essa. Ogni decisione e ogni azione portate avanti in questo settore non sono neutrali, cioè non possono prescindere dalla dimensione etica; ciò significa che la natura della medicina deve essere studiata e insegnata a partire da una prospettiva etica.” Il presente elaborato non entrerà nel merito della teoria sui determinanti sociali di salute, né nella descrizione delle diseguaglianze in salute e nell’assistenza sanitaria abbondantemente documentate a livello di letteratura. Consapevole della loro esistenza, che non può essere semplicemente studiata o messa in evidenza attraverso dati epidemiologici ma rispetto alla quale è necessario prendere posizione (Heath 2010), tale lavoro approfondisce l’ambito della formazione universitaria (in particolare degli studenti delle professioni sanitarie e socio-sanitarie) considerandolo uno dei punti fondamentali su cui fare leva per agire un reale cambiamento nella società, contrastare efficacemente le diseguaglianze in salute e impegnarsi per una maggiore giustizia sociale. Si è partiti dunque da alcune domande sullo stato attuale dei Corsi di Laurea per professionisti sanitari e sociosanitari: tali corsi sono in grado di formare professionisti capaci di rispondere ai bisogni di salute delle persone e delle comunità che andranno a servire? Come rispondono alle sfide che l’epoca della globalizzazione e della complessità pone? Come affrontano il tema della responsabilità sociale (in altre parole, che ruolo intendono assumere nei confronti dell’ingiustizia sociale e il suo impatto sulla salute)? I contenuti e le modalità con le quali la formazione viene portata avanti possono infatti perpetuare o addirittura aggravare le diseguaglianze presenti se non si tiene conto della loro esistenza, dei loro meccanismi di generazione e della necessità di agire per promuovere una maggiore equità; appare dunque necessario un profondo rinnovamento culturale. In modo significativo anche Papa Francesco ha innescato un processo a livello mondiale sul tema della formazione che coinvolge i diversi livelli educativi, comprese le università, e che porterà all’elaborazione di un “Patto Globale sull’Educazione” (Global Compact on Education). “Nella storia esistono momenti in cui è necessario prendere decisioni fondanti, che diano non solo un'impronta al nostro modo di vivere, ma specialmente una determinata posizione davanti ai possibili scenari futuri. Nella presente situazione di crisi sanitaria — gravida di sconforto e smarrimento — riteniamo che sia questo il tempo di sottoscrivere un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l'umanità intera, nel formare persone mature. Oggi ci è richiesta la parresìa necessaria per andare oltre visioni estrinsecistiche dei processi educativi, per superare le semplificazioni eccessive appiattite sull'utilità, sul risultato (standardizzato), sulla funzionalità e sulla burocrazia che confondono educazione con istruzione e finiscono per atomizzare le nostre culture; piuttosto ci è chiesto di perseguire una cultura integrale, partecipativa e poliedrica. Ci serve il coraggio di generare processi che assumano consapevolmente la frammentazione esistente e le contrapposizioni che di fatto portiamo con noi; il coraggio di ricreare il tessuto di relazioni in favore di un'umanità capace di parlare la lingua della fraternità. Il valore delle nostre pratiche educative non sarà misurato semplicemente dal superamento di prove standardizzate, bensì dalla capacità di incidere sul cuore di una società e di dar vita a una nuova cultura.” Attraverso tale elaborato ci si propone da un lato di sintetizzare e sistematizzare quello che è stato il percorso di riflessione e di azione portato avanti negli ultimi anni in Italia sul tema della formazione in Salute Globale, (paradigma della salute basato sulla teoria dei determinanti sociali, che si pone l’obiettivo di contrastare le diseguaglianze e promuovere una maggiore giustizia sociale), dall’altro di dare a tale approccio formativo nuovo impulso arrivando ad elaborare proposte che possano essere valutate e accolte a livello accademico. Il primo capitolo espone il quadro presente a livello internazionale relativo alla formazione in Salute Globale. Dopo aver sinteticamente descritto cosa si intende con il termine Salute Globale, riassumendo le definizioni presenti in letteratura, vengono esposti i risultati di una ricerca bibliografica relativa al tema della “formazione in Salute Globale”, con un focus specifico sulla formazione universitaria di base (vale a dire durante i Corsi di Laurea). Nel capitolo ci si sofferma in modo particolare sul tema delle “competenze” in Salute Globale (Global Health Competencies), descrivendo i principali stimoli e lavori pubblicati sul tema. Viene inoltre riportato il trascritto dell’intervista all’epidemiologo Michael Marmot sul tema della formazione in Salute Globale. Tale intervista è stata realizzata nel corso del presente Dottorato. Il secondo capitolo descrive quanto avvenuto in Italia relativamente al tema della formazione in Salute Globale, a partire dalla costituzione della RIISG – Rete Italiana per l’Insegnamento in Salute Globale – e dalla definizione che tale rete ha fornito del termine “Salute Globale”. Pur nella consapevolezza che la Salute Globale non costituisce una disciplina a parte con i suoi specifici argomenti ma piuttosto un approccio applicabile nei diversi contesti in cui si ha a che fare con la salute, si è scelto di riprendere e riproporre i lavori della RIISG relativi ai contenuti/ obiettivi dei corsi, alle metodologie didattiche e alla valutazione. Viene inoltre definito il termine di “Palestra di Salute Globale”, relativo a quelle esperienze formative che avvengono al di fuori delle aule universitarie e che spesso hanno sugli studenti un impatto maggiore rispetto a quello della didattica frontale. A conclusione del capitolo viene riportato il paper elaborato dalla RIISG nel 2015 “Ripensare la formazione medica”, nel quale i fondamenti relativi alla visione della salute e alla visione pedagogica della RIISG. Nello terzo capitolo vengono descritte alcune esperienze formative, portate avanti in aula e al di fuori del contesto universitario, che sono state oggetto di indagine e valutazione (relativamente all’impatto a medio e lungo termine) nel corso del presente Dottorato di Ricerca; si tratta in particolare del Corso Elettivo in ‘Salute Globale ed Equità in Salute’ offerto dal Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dall’Anno Accademico (A.A.) 2008-2009, delle palestre di Salute Globale proposte agli studenti, del tirocinio offerto da oltre venti anni agli studenti di medicina presso il Poliambulatorio della Caritas Diocesana di Roma. I risultati di tali indagini vengono presentati nel capitolo. Sono inoltre esposti i dati dell’ultima mappatura dei Corsi in Salute Globale che vengono attualmente svolti in Italia, realizzata sempre nel corso del Dottorato per l’A.A. 2018-2019. Il quarto capitolo affronta nei suoi diversi paragrafi alcuni riferimenti del contesto culturale nel quale ci si trova, con lo scopo di mettere in evidenza come l’approccio di Salute Globale e la formazione ad essa relativa sia coerente con diversi input presenti a livello della società: importanti documenti ed iniziative proposte da Papa Francesco – in collaborazione con i leader delle altre grandi religioni monoteistiche e in dialogo con ogni persona - sulle tematiche dell’ecologia integrale, della fratellanza umana e dell’educazione; gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile proposti dalle Nazioni Unite; la tematica della Terza Missione dell’Università; il contesto della pandemia da SARS-CoV-2 con le diseguaglianze ad essa connesse. La descrizione di tali tematiche conferma l’attualità e la necessità di tale approccio, che vuole essere in linea anche con quanto affermato dalla Rettrice della Sapienza Università di Roma Antonella Polimeni nella sua prolusione per l’inaugurazione dell’A.A. 2020-2021 dal titolo: Diseguaglianze, mobilità sociale e istruzione: quale ruolo per l’Università? “Abbiamo sempre più bisogno di università pubbliche che si pongano al servizio di tutti gli esseri umani, nella didattica nella ricerca e nella Terza missione…. a disposizione di questo progetto complessivo, questa che chiamerei la Quarta missione dell’Università: la missione volta a favorire la crescita delle persone, anche e soprattutto, a favorire la crescita di chi è più svantaggiato, di chi è nell’angolo, a favorire un pluralismo vero ed esteso, che sia capace di porre tutte e tutti, finalmente e sostanzialmente, su uno stesso piano di potenzialità, di opportunità e di meriti”. Nelle conclusioni vengono formulate proposte per portare avanti e diffondere l’approccio formativo in Salute Globale a livello universitario in Italia.

La formazione universitaria in salute globale come strategia di contrasto delle diseguaglianze in salute / Civitelli, Giulia. - (2022 Feb 21).

La formazione universitaria in salute globale come strategia di contrasto delle diseguaglianze in salute

CIVITELLI, GIULIA
21/02/2022

Abstract

Per quale motivo esistono differenze nell’aspettativa di vita tra persone nate in Paesi e continenti diversi, o tra persone che abitano in quartieri diversi di una stessa città? Come mai le persone con un livello inferiore di istruzione hanno un rischio maggiore di andare incontro a complicanze e a mortalità precoce a causa di malattie croniche? In che modo lo status sociale influenza gli esiti di salute di una persona? Come mai le persone migranti sono state esposte ad un maggior rischio di ospedalizzazione per l’infezione da Sars-CoV-2? Le diseguaglianze in salute, vale a dire quelle differenze sistematiche, prodotte socialmente (dunque evitabili e modificabili, quindi ingiuste) presenti tra diversi gruppi di popolazione sia all’interno di una nazione che tra nazioni (Whitehead 1992; Acheson 1998; Braveman 2003; Marmot 2016), sono ormai diffuse in tutto il mondo e risultano abbondantemente documentate con evidenze scientifiche. Le loro cause sono da ricercare non in fattori genetici o biologici, ma in quelli che vengono chiamati i determinanti sociali di salute, vale a dire tutti quei fattori sociali, economici, politici, culturali, ambientali che influenzano la salute delle persone (Dahlgren 1991; CSDH 2008). Parlare di diseguaglianze significa aggiungere un significato morale al termine differenze, dunque provocare ad una presa di posizione in particolare da parte di coloro che lavorano in ambito sanitario e socio-sanitario. Tale lavoro di tesi del Dottorato di Ricerca in “Malattie infettive, Microbiologia e Sanità Pubblica” parte dal presupposto che “pensare alla medicina semplicemente come a una scienza o a un’attività scientifica è non soltanto riduttivo ma sostanzialmente sbagliato. La medicina, in quanto pratica, prevede azioni che esprimono una trama di significati e fini. Gli aspetti etici non possono essere visti come giustapposti, ma debbono essere considerati intrinseci a essa. Ogni decisione e ogni azione portate avanti in questo settore non sono neutrali, cioè non possono prescindere dalla dimensione etica; ciò significa che la natura della medicina deve essere studiata e insegnata a partire da una prospettiva etica.” Il presente elaborato non entrerà nel merito della teoria sui determinanti sociali di salute, né nella descrizione delle diseguaglianze in salute e nell’assistenza sanitaria abbondantemente documentate a livello di letteratura. Consapevole della loro esistenza, che non può essere semplicemente studiata o messa in evidenza attraverso dati epidemiologici ma rispetto alla quale è necessario prendere posizione (Heath 2010), tale lavoro approfondisce l’ambito della formazione universitaria (in particolare degli studenti delle professioni sanitarie e socio-sanitarie) considerandolo uno dei punti fondamentali su cui fare leva per agire un reale cambiamento nella società, contrastare efficacemente le diseguaglianze in salute e impegnarsi per una maggiore giustizia sociale. Si è partiti dunque da alcune domande sullo stato attuale dei Corsi di Laurea per professionisti sanitari e sociosanitari: tali corsi sono in grado di formare professionisti capaci di rispondere ai bisogni di salute delle persone e delle comunità che andranno a servire? Come rispondono alle sfide che l’epoca della globalizzazione e della complessità pone? Come affrontano il tema della responsabilità sociale (in altre parole, che ruolo intendono assumere nei confronti dell’ingiustizia sociale e il suo impatto sulla salute)? I contenuti e le modalità con le quali la formazione viene portata avanti possono infatti perpetuare o addirittura aggravare le diseguaglianze presenti se non si tiene conto della loro esistenza, dei loro meccanismi di generazione e della necessità di agire per promuovere una maggiore equità; appare dunque necessario un profondo rinnovamento culturale. In modo significativo anche Papa Francesco ha innescato un processo a livello mondiale sul tema della formazione che coinvolge i diversi livelli educativi, comprese le università, e che porterà all’elaborazione di un “Patto Globale sull’Educazione” (Global Compact on Education). “Nella storia esistono momenti in cui è necessario prendere decisioni fondanti, che diano non solo un'impronta al nostro modo di vivere, ma specialmente una determinata posizione davanti ai possibili scenari futuri. Nella presente situazione di crisi sanitaria — gravida di sconforto e smarrimento — riteniamo che sia questo il tempo di sottoscrivere un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l'umanità intera, nel formare persone mature. Oggi ci è richiesta la parresìa necessaria per andare oltre visioni estrinsecistiche dei processi educativi, per superare le semplificazioni eccessive appiattite sull'utilità, sul risultato (standardizzato), sulla funzionalità e sulla burocrazia che confondono educazione con istruzione e finiscono per atomizzare le nostre culture; piuttosto ci è chiesto di perseguire una cultura integrale, partecipativa e poliedrica. Ci serve il coraggio di generare processi che assumano consapevolmente la frammentazione esistente e le contrapposizioni che di fatto portiamo con noi; il coraggio di ricreare il tessuto di relazioni in favore di un'umanità capace di parlare la lingua della fraternità. Il valore delle nostre pratiche educative non sarà misurato semplicemente dal superamento di prove standardizzate, bensì dalla capacità di incidere sul cuore di una società e di dar vita a una nuova cultura.” Attraverso tale elaborato ci si propone da un lato di sintetizzare e sistematizzare quello che è stato il percorso di riflessione e di azione portato avanti negli ultimi anni in Italia sul tema della formazione in Salute Globale, (paradigma della salute basato sulla teoria dei determinanti sociali, che si pone l’obiettivo di contrastare le diseguaglianze e promuovere una maggiore giustizia sociale), dall’altro di dare a tale approccio formativo nuovo impulso arrivando ad elaborare proposte che possano essere valutate e accolte a livello accademico. Il primo capitolo espone il quadro presente a livello internazionale relativo alla formazione in Salute Globale. Dopo aver sinteticamente descritto cosa si intende con il termine Salute Globale, riassumendo le definizioni presenti in letteratura, vengono esposti i risultati di una ricerca bibliografica relativa al tema della “formazione in Salute Globale”, con un focus specifico sulla formazione universitaria di base (vale a dire durante i Corsi di Laurea). Nel capitolo ci si sofferma in modo particolare sul tema delle “competenze” in Salute Globale (Global Health Competencies), descrivendo i principali stimoli e lavori pubblicati sul tema. Viene inoltre riportato il trascritto dell’intervista all’epidemiologo Michael Marmot sul tema della formazione in Salute Globale. Tale intervista è stata realizzata nel corso del presente Dottorato. Il secondo capitolo descrive quanto avvenuto in Italia relativamente al tema della formazione in Salute Globale, a partire dalla costituzione della RIISG – Rete Italiana per l’Insegnamento in Salute Globale – e dalla definizione che tale rete ha fornito del termine “Salute Globale”. Pur nella consapevolezza che la Salute Globale non costituisce una disciplina a parte con i suoi specifici argomenti ma piuttosto un approccio applicabile nei diversi contesti in cui si ha a che fare con la salute, si è scelto di riprendere e riproporre i lavori della RIISG relativi ai contenuti/ obiettivi dei corsi, alle metodologie didattiche e alla valutazione. Viene inoltre definito il termine di “Palestra di Salute Globale”, relativo a quelle esperienze formative che avvengono al di fuori delle aule universitarie e che spesso hanno sugli studenti un impatto maggiore rispetto a quello della didattica frontale. A conclusione del capitolo viene riportato il paper elaborato dalla RIISG nel 2015 “Ripensare la formazione medica”, nel quale i fondamenti relativi alla visione della salute e alla visione pedagogica della RIISG. Nello terzo capitolo vengono descritte alcune esperienze formative, portate avanti in aula e al di fuori del contesto universitario, che sono state oggetto di indagine e valutazione (relativamente all’impatto a medio e lungo termine) nel corso del presente Dottorato di Ricerca; si tratta in particolare del Corso Elettivo in ‘Salute Globale ed Equità in Salute’ offerto dal Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dall’Anno Accademico (A.A.) 2008-2009, delle palestre di Salute Globale proposte agli studenti, del tirocinio offerto da oltre venti anni agli studenti di medicina presso il Poliambulatorio della Caritas Diocesana di Roma. I risultati di tali indagini vengono presentati nel capitolo. Sono inoltre esposti i dati dell’ultima mappatura dei Corsi in Salute Globale che vengono attualmente svolti in Italia, realizzata sempre nel corso del Dottorato per l’A.A. 2018-2019. Il quarto capitolo affronta nei suoi diversi paragrafi alcuni riferimenti del contesto culturale nel quale ci si trova, con lo scopo di mettere in evidenza come l’approccio di Salute Globale e la formazione ad essa relativa sia coerente con diversi input presenti a livello della società: importanti documenti ed iniziative proposte da Papa Francesco – in collaborazione con i leader delle altre grandi religioni monoteistiche e in dialogo con ogni persona - sulle tematiche dell’ecologia integrale, della fratellanza umana e dell’educazione; gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile proposti dalle Nazioni Unite; la tematica della Terza Missione dell’Università; il contesto della pandemia da SARS-CoV-2 con le diseguaglianze ad essa connesse. La descrizione di tali tematiche conferma l’attualità e la necessità di tale approccio, che vuole essere in linea anche con quanto affermato dalla Rettrice della Sapienza Università di Roma Antonella Polimeni nella sua prolusione per l’inaugurazione dell’A.A. 2020-2021 dal titolo: Diseguaglianze, mobilità sociale e istruzione: quale ruolo per l’Università? “Abbiamo sempre più bisogno di università pubbliche che si pongano al servizio di tutti gli esseri umani, nella didattica nella ricerca e nella Terza missione…. a disposizione di questo progetto complessivo, questa che chiamerei la Quarta missione dell’Università: la missione volta a favorire la crescita delle persone, anche e soprattutto, a favorire la crescita di chi è più svantaggiato, di chi è nell’angolo, a favorire un pluralismo vero ed esteso, che sia capace di porre tutte e tutti, finalmente e sostanzialmente, su uno stesso piano di potenzialità, di opportunità e di meriti”. Nelle conclusioni vengono formulate proposte per portare avanti e diffondere l’approccio formativo in Salute Globale a livello universitario in Italia.
21-feb-2022
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Tipologia: Tesi di dottorato
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