Hobbes dedica alla religione uno spazio sempre crescente nel corso della sua vita. Nelle sue tre grandi opere la riflessione sul tema della religione è costantemente accompagnata da un’accurata analisi dei testi biblici e da un’attenta riconsiderazione della storia sacra. Hobbes si sforza di considerare la storia degli Ebrei non come una storia sui generis, diversa sia nel carattere essenziale sia nelle manifestazioni politiche dalla storia di tutti gli altri popoli. Due sono le caratteristiche essenziali della religione degli Ebrei evidenziate da Hobbes. La prima è il patto stretto da Yahveh con il suo popolo per mezzo di Mosè, e prima ancora con Abramo. La seconda è il ruolo importantissimo dei profeti, che affiancano i sacerdoti nella mediazione tra Dio e gli uomini. L'articolo intende mostrare come nella lettura hobbesiana dei testi sacri tutti i profeti siano falsi profeti, con la sola esclusione di Cristo. Nella dimensione della storia, la figura di Cristo è, per Hobbes, riconducibile a quella di un profeta; mentre, in una dimensione ultraterrena, la sua missione salvifica è una questione di fede che non può essere discussa e dimostrata ma solo «trangugiata». In questo approccio Hobbes segue inizialmente il topos libertino che sovrappone Cristo a Mosè, ma poi lo ribalta. Hobbes si appropria di questo topos modificandolo profondamente, e cioè de-politicizzandolo nel suo significato più profondo: mentre i libertini accentuano molto il ruolo di Cristo in senso politico, Hobbes, pur facendone un profeta-uomo e un futuro re, lo spiritualizza al massimo nella dimensione dei tempi presenti, rimandando il regno politico a un futuro indeterminato.
Il profeta Gesù secondo Hobbes / Schino, ANNA LISA. - In: HUMANITAS. - ISSN 0018-7461. - 76 (Sup1/2021):(2021), pp. 518-528.
Il profeta Gesù secondo Hobbes
Anna Lisa Schino
2021
Abstract
Hobbes dedica alla religione uno spazio sempre crescente nel corso della sua vita. Nelle sue tre grandi opere la riflessione sul tema della religione è costantemente accompagnata da un’accurata analisi dei testi biblici e da un’attenta riconsiderazione della storia sacra. Hobbes si sforza di considerare la storia degli Ebrei non come una storia sui generis, diversa sia nel carattere essenziale sia nelle manifestazioni politiche dalla storia di tutti gli altri popoli. Due sono le caratteristiche essenziali della religione degli Ebrei evidenziate da Hobbes. La prima è il patto stretto da Yahveh con il suo popolo per mezzo di Mosè, e prima ancora con Abramo. La seconda è il ruolo importantissimo dei profeti, che affiancano i sacerdoti nella mediazione tra Dio e gli uomini. L'articolo intende mostrare come nella lettura hobbesiana dei testi sacri tutti i profeti siano falsi profeti, con la sola esclusione di Cristo. Nella dimensione della storia, la figura di Cristo è, per Hobbes, riconducibile a quella di un profeta; mentre, in una dimensione ultraterrena, la sua missione salvifica è una questione di fede che non può essere discussa e dimostrata ma solo «trangugiata». In questo approccio Hobbes segue inizialmente il topos libertino che sovrappone Cristo a Mosè, ma poi lo ribalta. Hobbes si appropria di questo topos modificandolo profondamente, e cioè de-politicizzandolo nel suo significato più profondo: mentre i libertini accentuano molto il ruolo di Cristo in senso politico, Hobbes, pur facendone un profeta-uomo e un futuro re, lo spiritualizza al massimo nella dimensione dei tempi presenti, rimandando il regno politico a un futuro indeterminato.File | Dimensione | Formato | |
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