Nel corso degli ultimi trent’anni, la nostra cultura disciplinare ha riflettuto a lungo sull’essenza di uno spazio urbano non più facilmente riconoscibile e chiaramente identificabile. Numerosi i tentativi di superare l’iniziale atteggiamento di accettazione fatalista della situazione, che sono riusciti a portare la disciplina urbana dal ruolo meramente conoscitivo e descrittivo verso una rinnovata volontà di produzione attiva dello spazio. L’affermarsi di una percezione dello spazio urbano come continuum spaziale in cui diviene più difficile individuare le cesure, tra interno ed esterno, distante e prossimo, centrale e periferico, ha condotto a considerare “la città e la gran parte del territorio contemporanei, pur frammentati ed eterogenei, (…) piuttosto simili a un grande interno”1. Nel tentativo di considerare l’urbano in una dimensione più ampia, come insieme di processi leggibili nelle città come nelle campagne, nei centri storici come nelle periferie, segno di un nuovo paradigma culturale e di un modo al tempo stesso unico e polimorfo di concepire lo spazio abitabile2, questa nuova concezione ha definitivamente spostato l’attenzione sul legame indissolubile della città con il territorio. L’interesse per “la scala vasta dell’abitare” richiama a una maggiore responsabilità verso l’interezza del “territorio come bene comune”3, ponendo l’accento sulla riscoperta della natura urbana del territorio e della natura territoriale della città. A partire dagli anni 1990-2000, l’affermarsi di discipline legate al paesaggio e le discussioni dei territorialisti4 consentono inoltre un nuovo confronto con il patrimonio locale e con il “luogo”, mettendo in relazione le forme degli insediamenti umani con la geografia. Questo approccio non ha invero avuto decisivi riscontri operativi. Basti pensare a come, nel dibattito sui nostri destini spaziali monopolizzato negli ultimi vent’anni dal paradigma della “città densa e compatta”, si sia spesso dimenticato come la città e il suo non-io – l’insieme territoriale in cui si inscrive – siano intimamente legati da un inevitabile senso di reciprocità non necessariamente ostile alla ricerca di una maggiore sostenibilità abitativa. Nonostante ciò, la questione della “sostenibilità” del nostro futuro abitativo, inserita nel quadro di questo rinnovato sguardo all’interezza della realtà territorio, ha in definitiva reso evidente una duplice necessità: da una parte, quella di affrontare “problemi di larga scala” orientati alla riorganizzazione territoriale in maniera integrata e organica; dall’altra, quella di implementare una prospettiva inter-scalare da cui leggere e interpretare e attraverso cui progettare.

Il rapporto tra spazio antropico e naturale nel progetto di riequilibrio territoriale / Magliacani, Flavia. - In: L'INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI. - ISSN 0579-4900. - Anno LIV:482(2022), pp. 34-53.

Il rapporto tra spazio antropico e naturale nel progetto di riequilibrio territoriale

Flavia Magliacani
Primo
2022

Abstract

Nel corso degli ultimi trent’anni, la nostra cultura disciplinare ha riflettuto a lungo sull’essenza di uno spazio urbano non più facilmente riconoscibile e chiaramente identificabile. Numerosi i tentativi di superare l’iniziale atteggiamento di accettazione fatalista della situazione, che sono riusciti a portare la disciplina urbana dal ruolo meramente conoscitivo e descrittivo verso una rinnovata volontà di produzione attiva dello spazio. L’affermarsi di una percezione dello spazio urbano come continuum spaziale in cui diviene più difficile individuare le cesure, tra interno ed esterno, distante e prossimo, centrale e periferico, ha condotto a considerare “la città e la gran parte del territorio contemporanei, pur frammentati ed eterogenei, (…) piuttosto simili a un grande interno”1. Nel tentativo di considerare l’urbano in una dimensione più ampia, come insieme di processi leggibili nelle città come nelle campagne, nei centri storici come nelle periferie, segno di un nuovo paradigma culturale e di un modo al tempo stesso unico e polimorfo di concepire lo spazio abitabile2, questa nuova concezione ha definitivamente spostato l’attenzione sul legame indissolubile della città con il territorio. L’interesse per “la scala vasta dell’abitare” richiama a una maggiore responsabilità verso l’interezza del “territorio come bene comune”3, ponendo l’accento sulla riscoperta della natura urbana del territorio e della natura territoriale della città. A partire dagli anni 1990-2000, l’affermarsi di discipline legate al paesaggio e le discussioni dei territorialisti4 consentono inoltre un nuovo confronto con il patrimonio locale e con il “luogo”, mettendo in relazione le forme degli insediamenti umani con la geografia. Questo approccio non ha invero avuto decisivi riscontri operativi. Basti pensare a come, nel dibattito sui nostri destini spaziali monopolizzato negli ultimi vent’anni dal paradigma della “città densa e compatta”, si sia spesso dimenticato come la città e il suo non-io – l’insieme territoriale in cui si inscrive – siano intimamente legati da un inevitabile senso di reciprocità non necessariamente ostile alla ricerca di una maggiore sostenibilità abitativa. Nonostante ciò, la questione della “sostenibilità” del nostro futuro abitativo, inserita nel quadro di questo rinnovato sguardo all’interezza della realtà territorio, ha in definitiva reso evidente una duplice necessità: da una parte, quella di affrontare “problemi di larga scala” orientati alla riorganizzazione territoriale in maniera integrata e organica; dall’altra, quella di implementare una prospettiva inter-scalare da cui leggere e interpretare e attraverso cui progettare.
2022
densità; intensità; sostenibilità; territorio; luogo; Grand Paris; transizione ecologica; equilibrio territoriale
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Il rapporto tra spazio antropico e naturale nel progetto di riequilibrio territoriale / Magliacani, Flavia. - In: L'INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI. - ISSN 0579-4900. - Anno LIV:482(2022), pp. 34-53.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1610085
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