This copy of In mezzo al mare un'isola c'è... (Edizioni La Conchiglia, 2003) is fake. On the pages are imprinted the etimes of Eduardo’s journey, from Naples to Rome, from the sweaty youth tours - each made for a thousand lire - to the elitist refuge on the tip of the formicola. Right here, on the island of Isca, the dramatist’s words used to be diluted between idleness and agitated scripts, between isolation and worldly commitments, between melodious whistles and the landscape. It is a shelter facing the coast of Nerano and the Carapolla fjord, where a disordered theory of walls draws an ipotetic home. Perhaps that disorder is just "an order that we are not able to see" and that, with the apparent randomness shown by the building in founding its walls on an impervious terrain and difficult to tame, it gives space the flow in continuity through a more direct relationship with the threshold, an inevitable narrative of views, a constant search for the right intensity of light and the relationship with the sky, in short, puts the building back the mediterranean tone of the house that does not fear storm. Thick are the ranks of the forerunners of this domestic myth and pass through the Casa all’italiana by Gio Ponti, for the charming images of the dell’Architettura rurale italiana (Hoepli, 1936) by Giuseppe Pagano and Guarniero Daniel, for the Casa per Positano… e altri lidi by Bernard Rudofsky and Luigi Cosenza, for the Casa sul Mare di Sicilia by Lina Bo and Carlo Pagano, for the dreams of an entire generation of Italian architects who, in the war years, designed extraordinary examples of morphologically powerful and Mediterranean houses. Suspended between myth and reality, these essential visions hide a potentially infinite projectuality. Patios, terraces, balconies, pergolas, stairs, rooms closed, rooms open as squares, the matter is all there available, just have the courage to appropriate and manipulate it with the same attitude of those who, from Curzio Malaparte to Eduardo De Filippo, has built for itself a house in the middle of the inland sea as a landing point, as a comfort shelter, as an accumulator of timeless beauty; beyond belonging to the coast, beyond aesthetic standards and design inhibitions, beyond the states of fact and law: the Mediterranean belongs to everyone, the Mediterranean is freedom.

Questa copia di In mezzo al mare un’isola c’è… (Edizioni La Conchiglia, 2003) è posticcia. Sulle pagine canapine sono impressi gli etimi del viaggio di Eduardo, da Napoli a Roma, dalle sudate turné giovanili - ciascuna fatta per una carta da mille lire - al rifugio elitario sulla punta della formicola. Proprio qui, sull’isola di Isca, i fiumi di parole del drammaturgo solevano diluirsi tra l’ozio e le concitate sceneggiature, tra l’isolamento e gli impegni mondani, tra i fischi melodiosi e il panorama. È un rifugio rivolto alla costa di Nerano e al fiordo Carapolla, dove una teoria disordinata di setti disegna una possibile casa. Forse quel disordine è solo “un ordine che noi non siamo capaci di vedere” e che, con l’apparente casualità mostrata dall’edificio nel fondare le sue muraglie su un terreno impervio e difficile da addomesticare, consegna allo spazio il fluire in continuità attraverso un rapporto più diretto con la soglia, un’immancabile narrativa di scorci, un’incessante ricerca della giusta intensità di luce e della relazione con il cielo, insomma, rimette all’edificio il tono mediterraneo della casa che non teme tempesta. Folte sono le fila dei precursori di questo mito domestico e passano per la Casa all’italiana di Gio Ponti, per le immagini suadenti dell’Architettura rurale italiana (Hoepli, 1936) di Giuseppe Pagano e Guarniero Daniel, per la Casa per Positano… e altri lidi di Bernard Rudofsky e Luigi Cosenza, per la Casa sul Mare di Sicilia di Lina Bo e Carlo Pagano, per i sogni di un’intera generazione di architetti italiani che, negli anni della guerra, disegnavano straordinari esempi di case morfologicamente potenti e mediterranee. Sospese tra mito e realtà, queste visioni essenziali nascondono una progettualità potenzialmente infinita. Patii, terrazze, balconi, pergole, scale, stanze concluse, stanze aperte come piazze, la materia è tutta lì a disposizione, basta avere il coraggio di appropriarsene e manipolarla con la stessa attitudine di chi, da Curzio Malaparte a Eduardo De Filippo, ha costruito per sé stesso una casa nel mezzo del mare interno come punto di approdo, come rifugio consolatorio, come accumulatore di una bellezza senza tempo; al di là dell’appartenenza alle coste, al di là delle norme estetiche e delle inibizioni progettuali, al di là degli stati di fatto e di diritto: il Mediterraneo è di tutti, il Mediterraneo è libertà.

Un rifugio per Eduardo / Arcopinto, Luigi. - In: DROMOS. - ISSN 2239-6284. - 06(2021), pp. 36-37.

Un rifugio per Eduardo

Arcopinto, Luigi
2021

Abstract

This copy of In mezzo al mare un'isola c'è... (Edizioni La Conchiglia, 2003) is fake. On the pages are imprinted the etimes of Eduardo’s journey, from Naples to Rome, from the sweaty youth tours - each made for a thousand lire - to the elitist refuge on the tip of the formicola. Right here, on the island of Isca, the dramatist’s words used to be diluted between idleness and agitated scripts, between isolation and worldly commitments, between melodious whistles and the landscape. It is a shelter facing the coast of Nerano and the Carapolla fjord, where a disordered theory of walls draws an ipotetic home. Perhaps that disorder is just "an order that we are not able to see" and that, with the apparent randomness shown by the building in founding its walls on an impervious terrain and difficult to tame, it gives space the flow in continuity through a more direct relationship with the threshold, an inevitable narrative of views, a constant search for the right intensity of light and the relationship with the sky, in short, puts the building back the mediterranean tone of the house that does not fear storm. Thick are the ranks of the forerunners of this domestic myth and pass through the Casa all’italiana by Gio Ponti, for the charming images of the dell’Architettura rurale italiana (Hoepli, 1936) by Giuseppe Pagano and Guarniero Daniel, for the Casa per Positano… e altri lidi by Bernard Rudofsky and Luigi Cosenza, for the Casa sul Mare di Sicilia by Lina Bo and Carlo Pagano, for the dreams of an entire generation of Italian architects who, in the war years, designed extraordinary examples of morphologically powerful and Mediterranean houses. Suspended between myth and reality, these essential visions hide a potentially infinite projectuality. Patios, terraces, balconies, pergolas, stairs, rooms closed, rooms open as squares, the matter is all there available, just have the courage to appropriate and manipulate it with the same attitude of those who, from Curzio Malaparte to Eduardo De Filippo, has built for itself a house in the middle of the inland sea as a landing point, as a comfort shelter, as an accumulator of timeless beauty; beyond belonging to the coast, beyond aesthetic standards and design inhibitions, beyond the states of fact and law: the Mediterranean belongs to everyone, the Mediterranean is freedom.
2021
Questa copia di In mezzo al mare un’isola c’è… (Edizioni La Conchiglia, 2003) è posticcia. Sulle pagine canapine sono impressi gli etimi del viaggio di Eduardo, da Napoli a Roma, dalle sudate turné giovanili - ciascuna fatta per una carta da mille lire - al rifugio elitario sulla punta della formicola. Proprio qui, sull’isola di Isca, i fiumi di parole del drammaturgo solevano diluirsi tra l’ozio e le concitate sceneggiature, tra l’isolamento e gli impegni mondani, tra i fischi melodiosi e il panorama. È un rifugio rivolto alla costa di Nerano e al fiordo Carapolla, dove una teoria disordinata di setti disegna una possibile casa. Forse quel disordine è solo “un ordine che noi non siamo capaci di vedere” e che, con l’apparente casualità mostrata dall’edificio nel fondare le sue muraglie su un terreno impervio e difficile da addomesticare, consegna allo spazio il fluire in continuità attraverso un rapporto più diretto con la soglia, un’immancabile narrativa di scorci, un’incessante ricerca della giusta intensità di luce e della relazione con il cielo, insomma, rimette all’edificio il tono mediterraneo della casa che non teme tempesta. Folte sono le fila dei precursori di questo mito domestico e passano per la Casa all’italiana di Gio Ponti, per le immagini suadenti dell’Architettura rurale italiana (Hoepli, 1936) di Giuseppe Pagano e Guarniero Daniel, per la Casa per Positano… e altri lidi di Bernard Rudofsky e Luigi Cosenza, per la Casa sul Mare di Sicilia di Lina Bo e Carlo Pagano, per i sogni di un’intera generazione di architetti italiani che, negli anni della guerra, disegnavano straordinari esempi di case morfologicamente potenti e mediterranee. Sospese tra mito e realtà, queste visioni essenziali nascondono una progettualità potenzialmente infinita. Patii, terrazze, balconi, pergole, scale, stanze concluse, stanze aperte come piazze, la materia è tutta lì a disposizione, basta avere il coraggio di appropriarsene e manipolarla con la stessa attitudine di chi, da Curzio Malaparte a Eduardo De Filippo, ha costruito per sé stesso una casa nel mezzo del mare interno come punto di approdo, come rifugio consolatorio, come accumulatore di una bellezza senza tempo; al di là dell’appartenenza alle coste, al di là delle norme estetiche e delle inibizioni progettuali, al di là degli stati di fatto e di diritto: il Mediterraneo è di tutti, il Mediterraneo è libertà.
Mediterraneo; isca; Eduardo; De Filippo; casa; rifugio
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Un rifugio per Eduardo / Arcopinto, Luigi. - In: DROMOS. - ISSN 2239-6284. - 06(2021), pp. 36-37.
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