Le piattaforme social sono ormai strumento imprescindibile della comunicazione politica ed istituzionale. Il leader politico di oggi deve necessariamente “essere” sui social e condividere la propria agenda, i punti del suo programma, i dibattiti che lo vedono protagonista e persino – in misura spesso preponderante – momenti della propria vita quotidiana, intima, familiare. Oggi il leader è ordinario, è vicino a noi e come noi “posta” sui social che cosa ha mangiato, foto con amici e supporters, video comici, contenuti condivisi. Questa “ordinarietà” che prevede una rappresentazione del leader immerso nella semplicità di tutti i giorni, simile in tutto al cittadino votante, colto magari in momenti privati e familiari – il politico al parco coi figli, in coda a fare la spesa, al mercato, per le vie del quartiere – affonda le sue radici nel processo di personalizzazione della politica come sfera del potere e nel mutamento del mercato politico. Il “partito personale” – legato in Italia alla parabola longeva di Silvio Berlusconi ed al ruolo che hanno giocato la Tv generalista e le emittenti private nella spinta al marketing politico - è il frutto della crisi dei partiti tradizionali e dell’emersione di figure di leadership attorno alle quali ruotano i contenuti politici, le campagne, le agende. E’ il partito che si stabilizza sulla forza – che sia finanziaria, mediatica, organizzativa – del leader, non è quest’ultimo a servire l’ideale di partito. L’ideologia, peraltro, sembra materia ormai oscura e dimenticata ed i leader di oggi, più che incarnare manifesti ideologici e dichiarazioni programmatiche, sembrano rispondere alle logiche dell’entertainment politico. La politica diviene personale e personalizzata, incarnata da e incentrata su figure di leader “vendibili” e capaci di rimanere sempre al centro dell’attenzione mediale ed ai vertici dei sondaggi di gradimento. La politica diviene veloce, immediata, diretta dal leader al cittadino - senza filtri massmediali, senza presunti processi di gatekeeping - grazie alla disintermediazione operata dai social network. Questi ultimi sono sia lo specchio di un processo di personalizzazione che parte da più lontano sia, senza dubbio, acceleratore senza pari di questo medesimo processo. Le campagne si fanno sempre meno nelle piazze – ed i bagni di folla ai comizi devono essere rigorosamente documentati e condivisi online: se qualcosa non finisce su Facebook, è davvero accaduta? – e sempre più sui social. All’inizio fu Twitter: la campagna presidenziale del 2008 di Barack Obama si studia ormai sui manuali di comunicazione politica e da allora lo strumento social appare indispensabile. In Italia le tendenze arrivano (quasi) sempre un po’ più tardi ma già durante le elezioni politiche del 2018 e le europee del 2019, lo si può dire, qualcosa è cambiato. La campagna elettorale del 2018, infatti, è stata testimone di un importante e quasi totalizzante spostamento dei contenuti politici dai canali tradizionali alle piattaforme social, che hanno giocato un ruolo nuovo e fondamentale (Novelli, 2019). Se quella statunitense, dieci anni prima, era stata la prima campagna nazionale in cui i media mainstream - televisione, radio e carta stampata – erano stati eclissati dalle nuove tecnologie mediatiche e dal web, anche in Italia il risultato è stato analogo. Diverse erano due anni fa le peculiarità del contesto italiano: l’exploit del Movimento Cinque Stelle, che sul Web e dal “blog delle stelle” aveva da sempre condotto le proprie battaglie; la nuova legge elettorale, Rosatellum, che col suo mezzo proporzionale e mezzo maggioritario premiava sì le coalizioni ma promuoveva anche la competizione fra partiti alleati; i tagli ai finanziamenti ai partiti ed ai rimborsi per le campagne elettorali votati al Parlamento negli anni precedenti. La conseguenza di queste significative trasformazioni fu un radicale mutamento degli strumenti e delle tecniche della campagna elettorale: i candidati preferirono mezzi poco costosi e che permettevano una comunicazione costante e diretta con gli elettori – Internet ed i social network, appunto. Il risultato fu un concreto spostamento del medium: dai manifesti per le strade alle webcard, dal silenzio televisivo della par condicio alle dirette Facebook ed ai political commercials, dai lunghi programmi elettorali scritti nei manifesti ai programmi “in pillole” illustrate e condivise – spesso una al giorno, per le settimane antecedenti al voto - sulle piattaforme social del candidato. Il ruolo della comunicazione politica visuale ha avuto dunque una crescita esponenziale, di pari passo con quella dell’utilizzo dei social network quali vettori di comunicazione politica ed elettorale. Quella italiana del 2018 – come del resto quella americana del 2008 - non è stata la prima campagna elettorale in cui si è fatto uso del Web o delle tecnologie legate a Internet – in Italia l’e-campaigning si affacciava timidamente sulla scena, con i primi –traballanti- siti web di partito, già nel 2001 (Bentivegna, 2006) - ma la prima in cui i candidati li hanno utilizzati in modo attivo ed estensivo, dimostrando un avvicinamento all’ecosistema dei social – dallo sfruttamento dei meccanismi algoritmici e delle logiche di contaminazione e propagazione, all’ibridazione dei contenuti, ai riferimenti alla cultura pop che dai social scaturisce, un esempio su tutti i meme. I social networks sono stati dunque protagonisti di una comunicazione politica efficace nonché mezzo strategico e dinamico per motivare, coinvolgere e generare entusiasmo nell’elettorato e non, banalmente, per ricordare di votare o per motivi di fundraising come avveniva in precedenza. Questo trend è stato confermato l’anno successivo, con la campagna elettorale per le elezioni del Parlamento Europeo del 2019. I primi risultati dell’analisi del monitoraggio social svolto in tutti i Paesi Membri nelle 4 settimane antecedenti al voto - pubblicati nel report dello European Election Monitoring Center del luglio 2019 - hanno evidenziato una massiccia diffusione di Facebook quale mezzo di comunicazione politica elettorale specialmente nell’area Sudeuropea, fra cui l’Italia spiccava in testa per cifre di utilizzo (3.821 contenuti social prodotti da 7 account FB monitorati, seguita dal Portogallo, con 1.967 contenuti per lo stesso numero di account). Mettendo da parte il criterio geografico e volendo porre l’attenzione sull’appartenenza politica, sul podio della Top20 dei partiti che in tutta la UE avevano condiviso i più nei 28 giorni del monitoraggio si sono piazzate Lega – Salvini Premier (2.214 post), Movimento 5 stelle (620) ed UKIP (564). La connessione politico-ideologica di questi tre partiti risulta piuttosto evidente: euroscettici od antieuropeisti, post-ideologici quando non apertamente di destra populista. Le caratteristiche dell’ultima campagna elettorale europea sembrano dunque confermare alcuni punti chiave dell’evoluzione della comunicazione politica ed elettorale dell’ultimo decennio. Il primo, è che oramai il campaigning è quasi esclusivamente social. Il secondo, è che forze politiche più giovani o che si autodefiniscono spesso “di rottura” e di cambiamento – poco importa se alle precedenti elezioni sono risultate il primo partito nazionale – sembrano essere quelle che con maggior destrezza dominano queste social campaigns, dimostrando di saper maneggiare gli strumenti di propagazione e viralità che mettono a disposizione le piattaforme. Il terzo, non meno importante, è che la politica si fa per immagini. I social sono mezzi potenti che si basano sull’immediatezza del messaggio, sulla sua adeguatezza alla diffusione ed alla ricondivisione istantanea, sulle reazioni istintive di chi guarda lo schermo: l’immagine si presta decisamente meglio della parola a queste meccaniche. Assieme a queste prime considerazioni è importante ricordare la rilevanza delle emozioni nella veicolazione del messaggio politico - la cosiddetta affective politics - e quanto anche su questa dimensione influiscano i meccanismi di engagement delle piattaforme. Non si può ignorare il peso sempre crescente che sono andate a ricoprire le emozioni nella strutturazione e veicolazione del messaggio politico – tali da rilevare ancor più dei contenuti stessi del messaggio e tanto da poter parlare appunto di marketing politico (Mellone, 2004; Cacciotto, 2019). Si pensi alle forme di nasty politics (Milton, 2016) ed al dispiegamento di negative campaigning (Mark, 2006; Nai, Walter, 2016), che sfrutta leve emozionali negative e si concretizza in attacchi agli avversari politici, tentativi di delegittimazione, messaggi satirici e denigratori nonché all’utilizzo di linguaggi ostili, resi peraltro possibili dal vacuum normativo rispetto alla comunicazione sui social. Di pari passo bisogna tener conto del processo di semplificazione del messaggio politico - un processo di riduzione di complessità che ambisce ad una sorta di progressione geometrica della condivisione, al successo a suon di like e reactions - verso il quale spinge l’utilizzo dei social network quali media privilegiati per la comunicazione politica. Sullo sfondo di queste riflessioni, questa ricerca vuole riproporre il meccanismo del monitoraggio degli account social di alcuni politici italiani durante un time span definito per valutare la sussistenza delle caratteristiche che abbiamo finora tracciato. Dunque l’esistenza – o meno – di una nuova iconografia del leader politico, standardizzata dai social network, la prevalenza dell’immagine sul testo, la rispondenza ai criteri di engagement imposti dalle piattaforme (e quindi lo sfruttamento delle meccaniche algoritmiche: “condividi anche tu”, “lascia un like e commenta”, “dillo a tutti i tuoi amici” e così via), l’utilizzo di leve emotive, positive o negative, la presenza di riferimenti alla cultura pop digitale. Si è scelto di selezionare gli account di rappresentanti delle cinque maggiori forze politiche – dunque non il profilo ufficiale di partito ma del leader, rimanendo in linea con la riflessione sulla personalizzazione della politica fatta in apertura – ovvero M5s, Lega, PD, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Gli account selezionati sono quindi quelli dei leader di partito nonché protagonisti della cronaca politica che nell’arco di questo 2020 hanno calcato maggiormente – numero di post pubblicati e copertura tematica (Agi, 2020) - anche il palcoscenico dei social: in testa Matteo Salvini, a seguire Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi, Nicola Zingaretti e Luigi di Maio. Il momento politico che si è scelto di osservare è l’ “election day” del 20 e 21 settembre 2020, che vede il sovrapporsi del referendum costituzionale relativo alla riduzione del numero dei parlamentari, delle elezioni amministrative di oltre un migliaio di comuni e di quelle regionali, in nove regioni. Il time span selezionato per l’analisi del campaigning è il periodo 10-19 settembre, ovvero i 10 giorni antecedenti al voto. La piattaforma scelta è Twitter, primo – in ordine cronologico - “habitat” social del leader politico medio. Si partirà da alcuni dati quantitativi, relativi alle cifre totali ed alle medie quotidiane di tweet condivisi, alle tipologie dei contenuti (solo testo; foto; video – dirette, estratti, filmati, animazioni o spot; webcard), alla presenza/assenza di riferimento testuale all’imminente appuntamento elettorale; si offriranno anche alcuni dati relativi alle interazioni scaturite dai contenuti (condivisioni, like, commenti) per tracciare una panoramica delle capacità di engagement da parte dei profili selezionati. Dal punto di vista qualitativo si tratterà invece di valutare la varietà ed il valore delle immagini, l’emozionalità del messaggio politico – dunque la presenza di emotional leverages -, il fine satirico o parodico, la caratteristiche ricorrenti, se vi sono, di rappresentazione del leader. L’obiettivo, come anticipato, è di analizzare la comunicazione politica a mezzo social in un periodo che può definirsi di campagna elettorale – sebbene sia evidente che nel caso di svariate figure politiche la campagna sia pressoché permanente e prescinda dall’appuntamento elettorale – per valutarne i caratteri di continuità con le due precedenti campagne che hanno visto protagoniste indiscusse le piattaforme social quale medium politico per eccellenza. Che la tendenza all’incremento del ruolo e del peso dei social network in fase di campagna si vada consolidando è dato pressoché assodato; tuttavia che cosa si va aggiungendo alla comunicazione politica su queste piattaforme? Chi ne è protagonista? Che ruolo gioca la comunicazione politica visuale? Come – se lo fanno – mutano e si evolvono le forme del discorso politico e l’iconografia del leader?

Leadership, comunicazione politica e piattaforme social. Il caso dell’election day italiano del settembre 2020 / Garzonio, Emma. - (2021), pp. 112-120. (Intervento presentato al convegno V CONFERENZA NAZIONALE DELLE DOTTORANDE E DEI DOTTORANDI IN SCIENZE SOCIALI tenutosi a Online; Italia).

Leadership, comunicazione politica e piattaforme social. Il caso dell’election day italiano del settembre 2020

Emma Garzonio
Primo
Writing – Original Draft Preparation
2021

Abstract

Le piattaforme social sono ormai strumento imprescindibile della comunicazione politica ed istituzionale. Il leader politico di oggi deve necessariamente “essere” sui social e condividere la propria agenda, i punti del suo programma, i dibattiti che lo vedono protagonista e persino – in misura spesso preponderante – momenti della propria vita quotidiana, intima, familiare. Oggi il leader è ordinario, è vicino a noi e come noi “posta” sui social che cosa ha mangiato, foto con amici e supporters, video comici, contenuti condivisi. Questa “ordinarietà” che prevede una rappresentazione del leader immerso nella semplicità di tutti i giorni, simile in tutto al cittadino votante, colto magari in momenti privati e familiari – il politico al parco coi figli, in coda a fare la spesa, al mercato, per le vie del quartiere – affonda le sue radici nel processo di personalizzazione della politica come sfera del potere e nel mutamento del mercato politico. Il “partito personale” – legato in Italia alla parabola longeva di Silvio Berlusconi ed al ruolo che hanno giocato la Tv generalista e le emittenti private nella spinta al marketing politico - è il frutto della crisi dei partiti tradizionali e dell’emersione di figure di leadership attorno alle quali ruotano i contenuti politici, le campagne, le agende. E’ il partito che si stabilizza sulla forza – che sia finanziaria, mediatica, organizzativa – del leader, non è quest’ultimo a servire l’ideale di partito. L’ideologia, peraltro, sembra materia ormai oscura e dimenticata ed i leader di oggi, più che incarnare manifesti ideologici e dichiarazioni programmatiche, sembrano rispondere alle logiche dell’entertainment politico. La politica diviene personale e personalizzata, incarnata da e incentrata su figure di leader “vendibili” e capaci di rimanere sempre al centro dell’attenzione mediale ed ai vertici dei sondaggi di gradimento. La politica diviene veloce, immediata, diretta dal leader al cittadino - senza filtri massmediali, senza presunti processi di gatekeeping - grazie alla disintermediazione operata dai social network. Questi ultimi sono sia lo specchio di un processo di personalizzazione che parte da più lontano sia, senza dubbio, acceleratore senza pari di questo medesimo processo. Le campagne si fanno sempre meno nelle piazze – ed i bagni di folla ai comizi devono essere rigorosamente documentati e condivisi online: se qualcosa non finisce su Facebook, è davvero accaduta? – e sempre più sui social. All’inizio fu Twitter: la campagna presidenziale del 2008 di Barack Obama si studia ormai sui manuali di comunicazione politica e da allora lo strumento social appare indispensabile. In Italia le tendenze arrivano (quasi) sempre un po’ più tardi ma già durante le elezioni politiche del 2018 e le europee del 2019, lo si può dire, qualcosa è cambiato. La campagna elettorale del 2018, infatti, è stata testimone di un importante e quasi totalizzante spostamento dei contenuti politici dai canali tradizionali alle piattaforme social, che hanno giocato un ruolo nuovo e fondamentale (Novelli, 2019). Se quella statunitense, dieci anni prima, era stata la prima campagna nazionale in cui i media mainstream - televisione, radio e carta stampata – erano stati eclissati dalle nuove tecnologie mediatiche e dal web, anche in Italia il risultato è stato analogo. Diverse erano due anni fa le peculiarità del contesto italiano: l’exploit del Movimento Cinque Stelle, che sul Web e dal “blog delle stelle” aveva da sempre condotto le proprie battaglie; la nuova legge elettorale, Rosatellum, che col suo mezzo proporzionale e mezzo maggioritario premiava sì le coalizioni ma promuoveva anche la competizione fra partiti alleati; i tagli ai finanziamenti ai partiti ed ai rimborsi per le campagne elettorali votati al Parlamento negli anni precedenti. La conseguenza di queste significative trasformazioni fu un radicale mutamento degli strumenti e delle tecniche della campagna elettorale: i candidati preferirono mezzi poco costosi e che permettevano una comunicazione costante e diretta con gli elettori – Internet ed i social network, appunto. Il risultato fu un concreto spostamento del medium: dai manifesti per le strade alle webcard, dal silenzio televisivo della par condicio alle dirette Facebook ed ai political commercials, dai lunghi programmi elettorali scritti nei manifesti ai programmi “in pillole” illustrate e condivise – spesso una al giorno, per le settimane antecedenti al voto - sulle piattaforme social del candidato. Il ruolo della comunicazione politica visuale ha avuto dunque una crescita esponenziale, di pari passo con quella dell’utilizzo dei social network quali vettori di comunicazione politica ed elettorale. Quella italiana del 2018 – come del resto quella americana del 2008 - non è stata la prima campagna elettorale in cui si è fatto uso del Web o delle tecnologie legate a Internet – in Italia l’e-campaigning si affacciava timidamente sulla scena, con i primi –traballanti- siti web di partito, già nel 2001 (Bentivegna, 2006) - ma la prima in cui i candidati li hanno utilizzati in modo attivo ed estensivo, dimostrando un avvicinamento all’ecosistema dei social – dallo sfruttamento dei meccanismi algoritmici e delle logiche di contaminazione e propagazione, all’ibridazione dei contenuti, ai riferimenti alla cultura pop che dai social scaturisce, un esempio su tutti i meme. I social networks sono stati dunque protagonisti di una comunicazione politica efficace nonché mezzo strategico e dinamico per motivare, coinvolgere e generare entusiasmo nell’elettorato e non, banalmente, per ricordare di votare o per motivi di fundraising come avveniva in precedenza. Questo trend è stato confermato l’anno successivo, con la campagna elettorale per le elezioni del Parlamento Europeo del 2019. I primi risultati dell’analisi del monitoraggio social svolto in tutti i Paesi Membri nelle 4 settimane antecedenti al voto - pubblicati nel report dello European Election Monitoring Center del luglio 2019 - hanno evidenziato una massiccia diffusione di Facebook quale mezzo di comunicazione politica elettorale specialmente nell’area Sudeuropea, fra cui l’Italia spiccava in testa per cifre di utilizzo (3.821 contenuti social prodotti da 7 account FB monitorati, seguita dal Portogallo, con 1.967 contenuti per lo stesso numero di account). Mettendo da parte il criterio geografico e volendo porre l’attenzione sull’appartenenza politica, sul podio della Top20 dei partiti che in tutta la UE avevano condiviso i più nei 28 giorni del monitoraggio si sono piazzate Lega – Salvini Premier (2.214 post), Movimento 5 stelle (620) ed UKIP (564). La connessione politico-ideologica di questi tre partiti risulta piuttosto evidente: euroscettici od antieuropeisti, post-ideologici quando non apertamente di destra populista. Le caratteristiche dell’ultima campagna elettorale europea sembrano dunque confermare alcuni punti chiave dell’evoluzione della comunicazione politica ed elettorale dell’ultimo decennio. Il primo, è che oramai il campaigning è quasi esclusivamente social. Il secondo, è che forze politiche più giovani o che si autodefiniscono spesso “di rottura” e di cambiamento – poco importa se alle precedenti elezioni sono risultate il primo partito nazionale – sembrano essere quelle che con maggior destrezza dominano queste social campaigns, dimostrando di saper maneggiare gli strumenti di propagazione e viralità che mettono a disposizione le piattaforme. Il terzo, non meno importante, è che la politica si fa per immagini. I social sono mezzi potenti che si basano sull’immediatezza del messaggio, sulla sua adeguatezza alla diffusione ed alla ricondivisione istantanea, sulle reazioni istintive di chi guarda lo schermo: l’immagine si presta decisamente meglio della parola a queste meccaniche. Assieme a queste prime considerazioni è importante ricordare la rilevanza delle emozioni nella veicolazione del messaggio politico - la cosiddetta affective politics - e quanto anche su questa dimensione influiscano i meccanismi di engagement delle piattaforme. Non si può ignorare il peso sempre crescente che sono andate a ricoprire le emozioni nella strutturazione e veicolazione del messaggio politico – tali da rilevare ancor più dei contenuti stessi del messaggio e tanto da poter parlare appunto di marketing politico (Mellone, 2004; Cacciotto, 2019). Si pensi alle forme di nasty politics (Milton, 2016) ed al dispiegamento di negative campaigning (Mark, 2006; Nai, Walter, 2016), che sfrutta leve emozionali negative e si concretizza in attacchi agli avversari politici, tentativi di delegittimazione, messaggi satirici e denigratori nonché all’utilizzo di linguaggi ostili, resi peraltro possibili dal vacuum normativo rispetto alla comunicazione sui social. Di pari passo bisogna tener conto del processo di semplificazione del messaggio politico - un processo di riduzione di complessità che ambisce ad una sorta di progressione geometrica della condivisione, al successo a suon di like e reactions - verso il quale spinge l’utilizzo dei social network quali media privilegiati per la comunicazione politica. Sullo sfondo di queste riflessioni, questa ricerca vuole riproporre il meccanismo del monitoraggio degli account social di alcuni politici italiani durante un time span definito per valutare la sussistenza delle caratteristiche che abbiamo finora tracciato. Dunque l’esistenza – o meno – di una nuova iconografia del leader politico, standardizzata dai social network, la prevalenza dell’immagine sul testo, la rispondenza ai criteri di engagement imposti dalle piattaforme (e quindi lo sfruttamento delle meccaniche algoritmiche: “condividi anche tu”, “lascia un like e commenta”, “dillo a tutti i tuoi amici” e così via), l’utilizzo di leve emotive, positive o negative, la presenza di riferimenti alla cultura pop digitale. Si è scelto di selezionare gli account di rappresentanti delle cinque maggiori forze politiche – dunque non il profilo ufficiale di partito ma del leader, rimanendo in linea con la riflessione sulla personalizzazione della politica fatta in apertura – ovvero M5s, Lega, PD, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Gli account selezionati sono quindi quelli dei leader di partito nonché protagonisti della cronaca politica che nell’arco di questo 2020 hanno calcato maggiormente – numero di post pubblicati e copertura tematica (Agi, 2020) - anche il palcoscenico dei social: in testa Matteo Salvini, a seguire Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi, Nicola Zingaretti e Luigi di Maio. Il momento politico che si è scelto di osservare è l’ “election day” del 20 e 21 settembre 2020, che vede il sovrapporsi del referendum costituzionale relativo alla riduzione del numero dei parlamentari, delle elezioni amministrative di oltre un migliaio di comuni e di quelle regionali, in nove regioni. Il time span selezionato per l’analisi del campaigning è il periodo 10-19 settembre, ovvero i 10 giorni antecedenti al voto. La piattaforma scelta è Twitter, primo – in ordine cronologico - “habitat” social del leader politico medio. Si partirà da alcuni dati quantitativi, relativi alle cifre totali ed alle medie quotidiane di tweet condivisi, alle tipologie dei contenuti (solo testo; foto; video – dirette, estratti, filmati, animazioni o spot; webcard), alla presenza/assenza di riferimento testuale all’imminente appuntamento elettorale; si offriranno anche alcuni dati relativi alle interazioni scaturite dai contenuti (condivisioni, like, commenti) per tracciare una panoramica delle capacità di engagement da parte dei profili selezionati. Dal punto di vista qualitativo si tratterà invece di valutare la varietà ed il valore delle immagini, l’emozionalità del messaggio politico – dunque la presenza di emotional leverages -, il fine satirico o parodico, la caratteristiche ricorrenti, se vi sono, di rappresentazione del leader. L’obiettivo, come anticipato, è di analizzare la comunicazione politica a mezzo social in un periodo che può definirsi di campagna elettorale – sebbene sia evidente che nel caso di svariate figure politiche la campagna sia pressoché permanente e prescinda dall’appuntamento elettorale – per valutarne i caratteri di continuità con le due precedenti campagne che hanno visto protagoniste indiscusse le piattaforme social quale medium politico per eccellenza. Che la tendenza all’incremento del ruolo e del peso dei social network in fase di campagna si vada consolidando è dato pressoché assodato; tuttavia che cosa si va aggiungendo alla comunicazione politica su queste piattaforme? Chi ne è protagonista? Che ruolo gioca la comunicazione politica visuale? Come – se lo fanno – mutano e si evolvono le forme del discorso politico e l’iconografia del leader?
2021
V CONFERENZA NAZIONALE DELLE DOTTORANDE E DEI DOTTORANDI IN SCIENZE SOCIALI
comunicazione politica; social network monitoring; visual communication;
04 Pubblicazione in atti di convegno::04b Atto di convegno in volume
Leadership, comunicazione politica e piattaforme social. Il caso dell’election day italiano del settembre 2020 / Garzonio, Emma. - (2021), pp. 112-120. (Intervento presentato al convegno V CONFERENZA NAZIONALE DELLE DOTTORANDE E DEI DOTTORANDI IN SCIENZE SOCIALI tenutosi a Online; Italia).
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