Caratterizzata da Signorie libere poi assorbite nel primo Cinquecento all’interno del più ampio Stato Pontificio, la provincia di Romagna si presentava come un agglomerato di comunità fra loro equivalenti che non rinunciarono mai nei secoli successivi ad affermare la loro importanza, cercando di prevalere le une sulle altre. Allorché quindi il declino politico ed economico del papato impose un cambio di strategia, diversificando gli investimenti nell’ottica di rilanciare i commerci, le municipalità romagnole approfittarono di questa benevola congiuntura per aggiornare le loro attrezzature pubbliche. Tuttavia, date le difficoltà crescenti, le gerarchie ecclesiastiche non mancarono di inviare gli architetti camerali per sovraintendere alle fabbriche autorizzate: missioni che incentivarono uno sviluppo locale attraverso tanto il confronto diretto con questi specialisti quanto le opere che tali progettisti papali lasciarono nella regione. Parallelamente, un bisogno sempre maggiore di rinsaldare l’azione pastorale della Chiesa Cattolica sospinse un diffuso rinnovo dell’edilizia sacra che, anche in questo caso, vide alternarsi operatori romagnoli e professionisti pontifici. Questa dialettica fondata sulla ricezione e declinazione del Barocco diede forma a un’architettura di media rappresentatività che, nella sua generalizzata qualità, sembra costituire il principale contributo offerto dalla Legazione al dibattito artistico nazionale dell’ultimo secolo di antico regime.
Architettura del Settecento nello Stato Pontificio. Pragmatismo e decoro. Il caso della Romagna / Benincampi, Iacopo. - In: GRAND'A. - ISSN 2785-1672. - 1(2021), pp. 112-123.
Architettura del Settecento nello Stato Pontificio. Pragmatismo e decoro. Il caso della Romagna
Iacopo Benincampi
2021
Abstract
Caratterizzata da Signorie libere poi assorbite nel primo Cinquecento all’interno del più ampio Stato Pontificio, la provincia di Romagna si presentava come un agglomerato di comunità fra loro equivalenti che non rinunciarono mai nei secoli successivi ad affermare la loro importanza, cercando di prevalere le une sulle altre. Allorché quindi il declino politico ed economico del papato impose un cambio di strategia, diversificando gli investimenti nell’ottica di rilanciare i commerci, le municipalità romagnole approfittarono di questa benevola congiuntura per aggiornare le loro attrezzature pubbliche. Tuttavia, date le difficoltà crescenti, le gerarchie ecclesiastiche non mancarono di inviare gli architetti camerali per sovraintendere alle fabbriche autorizzate: missioni che incentivarono uno sviluppo locale attraverso tanto il confronto diretto con questi specialisti quanto le opere che tali progettisti papali lasciarono nella regione. Parallelamente, un bisogno sempre maggiore di rinsaldare l’azione pastorale della Chiesa Cattolica sospinse un diffuso rinnovo dell’edilizia sacra che, anche in questo caso, vide alternarsi operatori romagnoli e professionisti pontifici. Questa dialettica fondata sulla ricezione e declinazione del Barocco diede forma a un’architettura di media rappresentatività che, nella sua generalizzata qualità, sembra costituire il principale contributo offerto dalla Legazione al dibattito artistico nazionale dell’ultimo secolo di antico regime.File | Dimensione | Formato | |
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