«Nell’arte, e nelle nostre idee sul percorso della vita umana, si presume esista una generale e costante tempestività»: con una costatazione estremamente pragmatica – «ciò che è appropriato per i primi anni di vita non lo è per le fasi successive, e viceversa» (Sullo stile tardo, 2009) – Edward W. Said giustifica il proprio tentativo di rintracciare a partire da una condizione biologica, la senilità, alcune costanti formali che legano le opere tarde di diversi artisti. In prospettiva antinomica, sembra lecito domandarsi se si possano individuare attitudini estetiche comuni alle opere d’esordio degli scrittori, legate a una condizione dello spirito dominata da alcuni elementi ricorrenti: incertezze stilistiche, ricerca del successo, difficoltà editoriali... Come lo stile tardo, anche lo “stile giovane” potrebbe essere caratterizzato da «una tensione non armonica e non serena»; eppure, se l’autore maturo di Said si chiude in un «esilio autoimposto», forte della propria individualità, l’artista esordiente sembra essere impegnato nella ricerca di contatti umani e letterari, nella volontà di accostarsi a – o allontanarsi da – maestri, correnti e scuole, in un instancabile tentativo di trovare il proprio posto all’interno di una comunità letteraria. Lo stile del debuttante si configura allora, di frequente, come un «mosaico di citazioni» (J. Kristeva, Sèméiotikè. Ricerche per una semanalisi, 1969), un’eco dei testi formativi, una forma il cui nucleo solo dopo anni di intenso lavoro sarà scrostato dai debiti, facendo emergere la propria personalissima voce. Ammessa la natura fortemente dialogica che contraddistingue gli inizi (cfr. E. Said, Beginnings. Intention and Method, 1975), lettere, carteggi, epistolari e reti epistolari (così come definiti da C. Viola nella Premessa a Le carte vive. Epistolari e carteggi nel Settecento, 2011) costituiscono strumenti privilegiati di indagine, sia per lo studio degli esordi di un singolo autore che per la ricostruzione di contesti sociali e professionali. Ciò è tanto più vero per i secoli XVIII, XIX e XX, quando lo scambio di missive diviene una pratica quotidiana e diffusa presso larghi strati della società (cfr. M. Bossis, L'épistolarité à travers les siècles, 1990). Appartenendo a quella serie di “scritture dell’Io” in cui, consapevolmente o meno, il mittente consegna un’immagine di sé (non priva di menzogne e omissioni, a volte più significative di una confessione sincera), le carte private possono fornire un eloquente ritratto dello scrittore da giovane, che sia tracciato in presa diretta, o sotto forma di una riflessione a posteriori dello scrittore ormai maturo. Inoltre, l’autore esordiente può servirsi della corrispondenza come campo di pratica nel quale affinare i propri strumenti espressivi: la lettera diviene essa stessa oggetto letterario, laboratorio di scrittura, serbatoio di contenuti tematici e soluzioni formali. A partire da questi spunti, si propone un seminario di studi che possa attrarre diversi ambiti di ricerca intorno a un unico ma sfaccettato campo d’indagine: gli esordi autoriali tra Sette e Novecento attraverso lo studio di epistolari e carteggi privati (intendendo eventualmente per esordi anche nuovi inizi, vistose svolte poetiche e stilistiche, accostamenti a generi e linguaggi prima inesplorati). Saranno particolarmente graditi interventi che, oltre a soffermarsi sulle esperienze di singoli autori, mirino anche alla ricostruzione di comunità intellettuali. Tra le possibili – ma non esclusive – prospettive, segnaliamo: - la lettera come lascito autobiografico, documento utile a ricomporre il quadro della formazione giovanile e dell’apprendistato dello scrittore; - la lettera come attestazione di tentativi inediti e progetti mai realizzati in gioventù, nonché testimonianza dei primi rapporti autore-editore e della storia redazionale dei testi d’esordio; rientrano in questa prospettiva anche le lettere che documentano i primi scambi tra scrittore e traduttore, segno della volontà di aprirsi a un nuovo contesto culturale; - la lettera come strumento di interpretazione delle prime opere a partire da dichiarazioni di poetica, forme di commento e autocommento; - la lettera come testo letterario, luogo di gestazione di temi e scelte stilistiche.

"Il ritratto dell'artista da giovane" nei carteggi privati tra Sette e Novecento / Baratta, Aldo; Collevecchio, Maria; Erbosi, Flavia; Rabat, Agathe; Rossi, EUGENIA MARIA. - (2021). (Intervento presentato al convegno "Il ritratto dell'artista da giovane" nei carteggi privati tra Sette e Novecento tenutosi a «Sapienza» Università di Roma (Italianistica) - Université Sorbonne Nouvelle (ED 122 - LECEMO) nel 7-8 ottobre 2021).

"Il ritratto dell'artista da giovane" nei carteggi privati tra Sette e Novecento

Aldo Baratta;Maria Collevecchio;Flavia Erbosi;Agathe Rabat;Eugenia Maria Rossi
2021

Abstract

«Nell’arte, e nelle nostre idee sul percorso della vita umana, si presume esista una generale e costante tempestività»: con una costatazione estremamente pragmatica – «ciò che è appropriato per i primi anni di vita non lo è per le fasi successive, e viceversa» (Sullo stile tardo, 2009) – Edward W. Said giustifica il proprio tentativo di rintracciare a partire da una condizione biologica, la senilità, alcune costanti formali che legano le opere tarde di diversi artisti. In prospettiva antinomica, sembra lecito domandarsi se si possano individuare attitudini estetiche comuni alle opere d’esordio degli scrittori, legate a una condizione dello spirito dominata da alcuni elementi ricorrenti: incertezze stilistiche, ricerca del successo, difficoltà editoriali... Come lo stile tardo, anche lo “stile giovane” potrebbe essere caratterizzato da «una tensione non armonica e non serena»; eppure, se l’autore maturo di Said si chiude in un «esilio autoimposto», forte della propria individualità, l’artista esordiente sembra essere impegnato nella ricerca di contatti umani e letterari, nella volontà di accostarsi a – o allontanarsi da – maestri, correnti e scuole, in un instancabile tentativo di trovare il proprio posto all’interno di una comunità letteraria. Lo stile del debuttante si configura allora, di frequente, come un «mosaico di citazioni» (J. Kristeva, Sèméiotikè. Ricerche per una semanalisi, 1969), un’eco dei testi formativi, una forma il cui nucleo solo dopo anni di intenso lavoro sarà scrostato dai debiti, facendo emergere la propria personalissima voce. Ammessa la natura fortemente dialogica che contraddistingue gli inizi (cfr. E. Said, Beginnings. Intention and Method, 1975), lettere, carteggi, epistolari e reti epistolari (così come definiti da C. Viola nella Premessa a Le carte vive. Epistolari e carteggi nel Settecento, 2011) costituiscono strumenti privilegiati di indagine, sia per lo studio degli esordi di un singolo autore che per la ricostruzione di contesti sociali e professionali. Ciò è tanto più vero per i secoli XVIII, XIX e XX, quando lo scambio di missive diviene una pratica quotidiana e diffusa presso larghi strati della società (cfr. M. Bossis, L'épistolarité à travers les siècles, 1990). Appartenendo a quella serie di “scritture dell’Io” in cui, consapevolmente o meno, il mittente consegna un’immagine di sé (non priva di menzogne e omissioni, a volte più significative di una confessione sincera), le carte private possono fornire un eloquente ritratto dello scrittore da giovane, che sia tracciato in presa diretta, o sotto forma di una riflessione a posteriori dello scrittore ormai maturo. Inoltre, l’autore esordiente può servirsi della corrispondenza come campo di pratica nel quale affinare i propri strumenti espressivi: la lettera diviene essa stessa oggetto letterario, laboratorio di scrittura, serbatoio di contenuti tematici e soluzioni formali. A partire da questi spunti, si propone un seminario di studi che possa attrarre diversi ambiti di ricerca intorno a un unico ma sfaccettato campo d’indagine: gli esordi autoriali tra Sette e Novecento attraverso lo studio di epistolari e carteggi privati (intendendo eventualmente per esordi anche nuovi inizi, vistose svolte poetiche e stilistiche, accostamenti a generi e linguaggi prima inesplorati). Saranno particolarmente graditi interventi che, oltre a soffermarsi sulle esperienze di singoli autori, mirino anche alla ricostruzione di comunità intellettuali. Tra le possibili – ma non esclusive – prospettive, segnaliamo: - la lettera come lascito autobiografico, documento utile a ricomporre il quadro della formazione giovanile e dell’apprendistato dello scrittore; - la lettera come attestazione di tentativi inediti e progetti mai realizzati in gioventù, nonché testimonianza dei primi rapporti autore-editore e della storia redazionale dei testi d’esordio; rientrano in questa prospettiva anche le lettere che documentano i primi scambi tra scrittore e traduttore, segno della volontà di aprirsi a un nuovo contesto culturale; - la lettera come strumento di interpretazione delle prime opere a partire da dichiarazioni di poetica, forme di commento e autocommento; - la lettera come testo letterario, luogo di gestazione di temi e scelte stilistiche.
2021
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1578435
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