Il lavoro rappresenta il tentativo di affrontare il tema dell’istanza secessionista in una prospettiva aperta e di riconoscimento, sensibile alle dinamiche di un processo che coinvolge in un serrato confronto l’entità statale con le proprie comunità sub-statali. Esso si muove, quindi, sulla base della consapevolezza che l’esistenza di una varietà di voci, espressioni, istanze partecipative e contropoteri diffusi, oltreché di una comunicazione pubblica aperta, rende «gli orizzonti della sovranità statale non (…) più sufficienti, da soli, ad assicurare risposte a domande di libertà provenienti da società la cui complessità trascende i confini tradizionali delle comunità di appartenenza» , e ciò rende necessario un nuovo percorso di aperture costituzionali ai processi di emersione del conflitto infra-statuale capace di disinnescare il pericolo disgregativo ad essi connesso. In questo senso, le tappe attraverso le quali si è provato a ricostruire il dibattito storico-giuridico sul concetto di secessione hanno tentato di allargare la discussione dalle tipiche domande ex post sul come si possa, garantendo l’unità, risolvere una crisi nazionale che veda scontrarsi diverse identità, diverse storie, diverse consapevolezze, affrontando il problema secondo una visione di insieme rivolta all’intero processo secessionista, seguendo così un ragionamento ex ante sui possibili rimedi idonei ad evitare che istanze di riconoscimento trovino concretezza perché respinte in modo oppositivo, determinando così una crisi dell’unità. Per fare questo, si è utilizzato come “bussola” il metodo comparativo e, in particolare, storico-comparativo. Soprattutto nel primo capitolo, pertanto, si è lavorato sull’evoluzione del concetto di secessione attraverso il suo sviluppo storico al fine di comprendere le ragioni alla base dell’oramai diffuso stigma di antigiuridicità da cui esso è caratterizzato. Ricostruita la vicenda all’origine degli Stati Uniti d’America e la successiva emersione dei conflitti fra nord e sud del paese che hanno dato vita alla guerra civile (o guerra di secessione), ci si è rivolti all’assetto geopolitico e alle nuove tensioni seguite alla fine degli imperi in Europa e ai nuovi equilibri scaturiti dall’esito della Prima guerra mondiale. Ancora, si è analizzato il periodo della decolonizzazione per comprendere le ragioni alla base del favore internazionalistico verso il principio di autodeterminazione e della neutralità dimostrata verso la secessione dalle compagini sovranazionali sorte nel frattempo. Infine, si è concluso il percorso storico così delineato con una riflessione sull’esperienza dell’URSS e, in particolare, sulla specifica estrinsecazione del principio (e del diritto) di secessione emerso nelle costituzioni sovietiche. Nel secondo capitolo si è analizzato il rapporto fra paradigmi di libertà e ricerca dell'unità mettendo in luce il ruolo delle differenze quale fattore tanto di gestione della conflittualità (pluralismo) quanto della sua esplosione (particolarismo). Si sono quindi ricostruiti alcuni aspetti del principio di sovranità alla luce del confronto tra autori quali Althusius e Grozio cercando di approfondirne gli aspetti più strettamente legati ai profili del rapporto fra autorità e sudditi, delineando profili giustificativi della resistenza all’autorità e al potere e legando tali riflessioni con il tema della secessione. Tutto questo, per comprendere quali profili di prevalenza debbano riconoscersi al principio di integrità territoriale degli Stati rispetto alla necessaria tutela dei diritti individuali e collettivi. Ancora, si è ragionato sull’avvento del costituzionalismo e sulle conseguenze di tale evoluzione per la declinazione del concetto di secessione. Nel terzo capitolo si è affrontato il dibattito sul rapporto fra principio di autodeterminazione e concetto di secessione, ragionando sui profili di diritto internazionale e sulle capacità integrative delle differenze insite nel processo e nell’istanza secessionista. A tale scopo, si sono ripercorse le teorie giustificative del diritto di secessione che hanno ricercato in valori quali la libertà, i diritti, la tutela degli oppressi la giustificazione del riconoscimento dell’esistenza di un diritto di secedere. Infine, partendo dalle riflessioni di Häberle sulla dottrina della costituzione come “scienza della cultura” e di Ridola sui diritti fondamentali e sul metodo comparativo, si è cercato di tirare le fila del percorso affrontato nel tentativo di dotare il problema dell’istanza secessionista di un metodo di risoluzione del conflitto attraverso strumenti giuridico-costituzionali del riconoscimento. Per fare ciò, si è analizzata la secessione da diversi angoli visuali: primo fra tutti quello del populismo, ma anche quello della crisi del politico e dell’apertura di nuovi spazi di confronto pubblico. Si sono quindi ripercorse alcune esperienze capaci di evidenziare pregi e difetti dei diversi metodi di approccio all’istanza secessionista e si è ragionato su quanto l’apertura al confronto sia non solamente la via più conforme ai principi del pluralismo, ma anche l’unica capace di garantire l’unità senza per questo rinunciare al riconoscimento dei valori e delle capacità di evoluzione insite nella declinazione delle differenze. Si è quindi riflettuto su un nucleo intorno al quale sviluppare una teoria del riconoscimento per la risoluzione del conflitto secessionista da inserire in quel lungo processo – originato da una “parte” che ben prima di affermare definitivamente la propria estraneità dal “tutto” pone all’attenzione della comunità statale le questioni intorno alle quali potrebbe consumarsi la frattura dell’unità, nel tentativo di incardinarle in un percorso d’integrazione che garantisca in egual modo il particolarismo nel più ampio contesto dell’unità – che solamente in via potenziale conduce alla domanda di divisione e indipendenza. Il presente lavoro è stato affrontato attraverso l’uso del metodo comparativo operando un’analisi che, «cosciente della diversità» ha provato a delineare strade alternative alla tradizionale chiusura dell’ordinamento statuale secondo una logica di «schemi oppositivi», mantenendo «in tensione identità e alterità, senza mirare necessariamente alla fissazione di contenuti comuni, e impostando piuttosto una relazione […] che resta sempre aperta, comunicativa, ma che non per questo esclude la decisione». Il concetto di “secessione”, quindi, è stato inserito in un contesto segnato da «una concezione ampia della storia costituzionale, che non accoglie entro il proprio orizzonte solo la genesi e l’evoluzione dei “testi” né un sostrato materiale costituito da classi o gruppi di potere egemoni, da elazioni antagonistiche amico/nemico, ma “contesti” intessuti di “esperienze”, vissuti individuali e collettivi, processi ampi di trasformazione sociale» nei quali – soprattutto allorché l’elemento principale del conflitto risieda nelle problematiche relative all’identità – un ruolo centrale può essere svolto dallo strumento del riconoscimento. Ecco allora che un ripensamento dei canoni classici di assoluta chiusura dell’ordinamento costituzionale al problema della secessione potrebbe aprire a nuovi sviluppi del conflitto infra-statuale nel quale valorizzare gli aspetti funzionali al pluralismo rafforzando i motivi per “stare insieme” piuttosto che acuire le opposizione fornendo nuove ragioni per “dividersi”.

Costituzione e secessione. Profili storico-comparativi / Martino, Alessio. - (2021 Jul 27).

Costituzione e secessione. Profili storico-comparativi

Martino, Alessio
27/07/2021

Abstract

Il lavoro rappresenta il tentativo di affrontare il tema dell’istanza secessionista in una prospettiva aperta e di riconoscimento, sensibile alle dinamiche di un processo che coinvolge in un serrato confronto l’entità statale con le proprie comunità sub-statali. Esso si muove, quindi, sulla base della consapevolezza che l’esistenza di una varietà di voci, espressioni, istanze partecipative e contropoteri diffusi, oltreché di una comunicazione pubblica aperta, rende «gli orizzonti della sovranità statale non (…) più sufficienti, da soli, ad assicurare risposte a domande di libertà provenienti da società la cui complessità trascende i confini tradizionali delle comunità di appartenenza» , e ciò rende necessario un nuovo percorso di aperture costituzionali ai processi di emersione del conflitto infra-statuale capace di disinnescare il pericolo disgregativo ad essi connesso. In questo senso, le tappe attraverso le quali si è provato a ricostruire il dibattito storico-giuridico sul concetto di secessione hanno tentato di allargare la discussione dalle tipiche domande ex post sul come si possa, garantendo l’unità, risolvere una crisi nazionale che veda scontrarsi diverse identità, diverse storie, diverse consapevolezze, affrontando il problema secondo una visione di insieme rivolta all’intero processo secessionista, seguendo così un ragionamento ex ante sui possibili rimedi idonei ad evitare che istanze di riconoscimento trovino concretezza perché respinte in modo oppositivo, determinando così una crisi dell’unità. Per fare questo, si è utilizzato come “bussola” il metodo comparativo e, in particolare, storico-comparativo. Soprattutto nel primo capitolo, pertanto, si è lavorato sull’evoluzione del concetto di secessione attraverso il suo sviluppo storico al fine di comprendere le ragioni alla base dell’oramai diffuso stigma di antigiuridicità da cui esso è caratterizzato. Ricostruita la vicenda all’origine degli Stati Uniti d’America e la successiva emersione dei conflitti fra nord e sud del paese che hanno dato vita alla guerra civile (o guerra di secessione), ci si è rivolti all’assetto geopolitico e alle nuove tensioni seguite alla fine degli imperi in Europa e ai nuovi equilibri scaturiti dall’esito della Prima guerra mondiale. Ancora, si è analizzato il periodo della decolonizzazione per comprendere le ragioni alla base del favore internazionalistico verso il principio di autodeterminazione e della neutralità dimostrata verso la secessione dalle compagini sovranazionali sorte nel frattempo. Infine, si è concluso il percorso storico così delineato con una riflessione sull’esperienza dell’URSS e, in particolare, sulla specifica estrinsecazione del principio (e del diritto) di secessione emerso nelle costituzioni sovietiche. Nel secondo capitolo si è analizzato il rapporto fra paradigmi di libertà e ricerca dell'unità mettendo in luce il ruolo delle differenze quale fattore tanto di gestione della conflittualità (pluralismo) quanto della sua esplosione (particolarismo). Si sono quindi ricostruiti alcuni aspetti del principio di sovranità alla luce del confronto tra autori quali Althusius e Grozio cercando di approfondirne gli aspetti più strettamente legati ai profili del rapporto fra autorità e sudditi, delineando profili giustificativi della resistenza all’autorità e al potere e legando tali riflessioni con il tema della secessione. Tutto questo, per comprendere quali profili di prevalenza debbano riconoscersi al principio di integrità territoriale degli Stati rispetto alla necessaria tutela dei diritti individuali e collettivi. Ancora, si è ragionato sull’avvento del costituzionalismo e sulle conseguenze di tale evoluzione per la declinazione del concetto di secessione. Nel terzo capitolo si è affrontato il dibattito sul rapporto fra principio di autodeterminazione e concetto di secessione, ragionando sui profili di diritto internazionale e sulle capacità integrative delle differenze insite nel processo e nell’istanza secessionista. A tale scopo, si sono ripercorse le teorie giustificative del diritto di secessione che hanno ricercato in valori quali la libertà, i diritti, la tutela degli oppressi la giustificazione del riconoscimento dell’esistenza di un diritto di secedere. Infine, partendo dalle riflessioni di Häberle sulla dottrina della costituzione come “scienza della cultura” e di Ridola sui diritti fondamentali e sul metodo comparativo, si è cercato di tirare le fila del percorso affrontato nel tentativo di dotare il problema dell’istanza secessionista di un metodo di risoluzione del conflitto attraverso strumenti giuridico-costituzionali del riconoscimento. Per fare ciò, si è analizzata la secessione da diversi angoli visuali: primo fra tutti quello del populismo, ma anche quello della crisi del politico e dell’apertura di nuovi spazi di confronto pubblico. Si sono quindi ripercorse alcune esperienze capaci di evidenziare pregi e difetti dei diversi metodi di approccio all’istanza secessionista e si è ragionato su quanto l’apertura al confronto sia non solamente la via più conforme ai principi del pluralismo, ma anche l’unica capace di garantire l’unità senza per questo rinunciare al riconoscimento dei valori e delle capacità di evoluzione insite nella declinazione delle differenze. Si è quindi riflettuto su un nucleo intorno al quale sviluppare una teoria del riconoscimento per la risoluzione del conflitto secessionista da inserire in quel lungo processo – originato da una “parte” che ben prima di affermare definitivamente la propria estraneità dal “tutto” pone all’attenzione della comunità statale le questioni intorno alle quali potrebbe consumarsi la frattura dell’unità, nel tentativo di incardinarle in un percorso d’integrazione che garantisca in egual modo il particolarismo nel più ampio contesto dell’unità – che solamente in via potenziale conduce alla domanda di divisione e indipendenza. Il presente lavoro è stato affrontato attraverso l’uso del metodo comparativo operando un’analisi che, «cosciente della diversità» ha provato a delineare strade alternative alla tradizionale chiusura dell’ordinamento statuale secondo una logica di «schemi oppositivi», mantenendo «in tensione identità e alterità, senza mirare necessariamente alla fissazione di contenuti comuni, e impostando piuttosto una relazione […] che resta sempre aperta, comunicativa, ma che non per questo esclude la decisione». Il concetto di “secessione”, quindi, è stato inserito in un contesto segnato da «una concezione ampia della storia costituzionale, che non accoglie entro il proprio orizzonte solo la genesi e l’evoluzione dei “testi” né un sostrato materiale costituito da classi o gruppi di potere egemoni, da elazioni antagonistiche amico/nemico, ma “contesti” intessuti di “esperienze”, vissuti individuali e collettivi, processi ampi di trasformazione sociale» nei quali – soprattutto allorché l’elemento principale del conflitto risieda nelle problematiche relative all’identità – un ruolo centrale può essere svolto dallo strumento del riconoscimento. Ecco allora che un ripensamento dei canoni classici di assoluta chiusura dell’ordinamento costituzionale al problema della secessione potrebbe aprire a nuovi sviluppi del conflitto infra-statuale nel quale valorizzare gli aspetti funzionali al pluralismo rafforzando i motivi per “stare insieme” piuttosto che acuire le opposizione fornendo nuove ragioni per “dividersi”.
27-lug-2021
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