«We worked very hard to create a single studio where it was possible to design all the tools and experiment with the new processes necessary to obtain the finished products that you see» Jonathan Ive, Chief Design Officer at Apple, with these words highlights one of the least discussed topics in the practice of design: the workspace. Factories, studios, ateliers, laboratories: over the years the place where the designers gave life to their products has undergone profound transformations. The introduction of new technologies and new practices has forced designers to think about the workspace exactly as if it were a product. The large factories of the assembly line, designed for mass production, are opposed to the small realities of the ateliers or labs, support of an increasingly collaborative and “online” design. The need to reduce the time of production has translated into a centralization of space: many laboratories and studios have equipped themselves to develop each phase of the production cycle within a single environment. Even the ideation process itself transforms, and if the tools necessary for the designer change, also the workspace acquires a completely different aspect, as in the case of bio-design or generative and computational design. If we look to the future, with the robotics sector constantly growing, the workspace is represented more as an instrument of machines and artificial intelligence than of the designer himself. But is it really necessary for the work area to be tangible to make design? The introduction of innovative technologies such as augmented or virtual reality has made possible to overcome the space- time dimension. Platforms or apps that allow to easily share ideas, images or drawings inside a virtual room are increasingly popular. The designer’s space is therefore an ever-changing element that oscillates between large and small, open and closed, physical and immaterial. The purpose of this gallery is to highlight its different configurations. Through Focus we will therefore try to answer a question that is not often asked: where does the practice of design take place?

«Abbiamo lavorato molto duramente per creare un singolo studio in cui fosse possibile progettare tutti gli strumenti e sperimentare i nuovi processi necessari per ottenere i prodotti finiti che voi vedete». Jonathan Ive, Chief Design Officer presso Apple, con queste parole mette in risalto uno dei temi meno discussi nella pratica del design: lo spazio di lavoro. Fabbriche, studi, atelier, laboratori: nel corso degli anni il luogo in cui i progettisti hanno dato vita ai propri prodotti ha subito profonde trasformazioni. L’introduzione di nuove tecnologie e di nuove pratiche ha costretto i designer a progettare lo spazio di lavoro esattamente come fosse un semilavorato. Ai grandi stabilimenti della catena di montaggio, pensati per una produzione di massa, si contrappongono le piccole realtà degli atelier o dei lab, supporto di una progettazione sempre più collaborativa e “online”. La necessità di ridurre i tempi di progettazione si è tradotta in una centralizzazione dello spazio: molti laboratori e studi si sono attrezzati per sviluppare ogni fase del ciclo produttivo all’interno di un unico ambiente. Anche il processo di ideazione stesso si trasforma, e se gli strumenti necessari al designer cambiano, ne deriva che anche lo spazio di lavoro acquisisce un aspetto completamente diverso, come nel caso del bio-design o del design generativo e computazionale. Se si guarda al futuro, con il settore della robotica in continua crescita, lo spazio di lavoro viene rappresentato più come strumento delle macchine e delle intelligenze artificiali che del progettista stesso. Ma per fare design è davvero necessario che l’area di lavoro sia tangibile? L’introduzione di tecnologie innovative come la realtà aumentata o virtuale ha reso possibile il superamento della dimensione spazio-tempo. Sono sempre più diffuse le piattaforme o App che permettono di condividere con estrema facilità idee, immagini o disegni all’interno di una stanza virtuale. Lo spazio del designer è quindi un elemento in continua mutazione che oscilla tra grande e piccolo, aperto e chiuso, fisico e immateriale. Lo scopo di questa galleria è quello di mettere in luce le sue diverse configurazioni. Attraverso Focus si cercherà, quindi, di rispondere ad una domanda che non viene posta spesso: dove avviene la pratica del design?

Design 2030: Spazi, Fabbriche, Laboratori / Duello, Paride. - In: DIID. DISEGNO INDUSTRIALE INDUSTRIAL DESIGN. - ISSN 1594-8528. - 72:(2020), pp. 162-173.

Design 2030: Spazi, Fabbriche, Laboratori

Paride Duello
Primo
2020

Abstract

«We worked very hard to create a single studio where it was possible to design all the tools and experiment with the new processes necessary to obtain the finished products that you see» Jonathan Ive, Chief Design Officer at Apple, with these words highlights one of the least discussed topics in the practice of design: the workspace. Factories, studios, ateliers, laboratories: over the years the place where the designers gave life to their products has undergone profound transformations. The introduction of new technologies and new practices has forced designers to think about the workspace exactly as if it were a product. The large factories of the assembly line, designed for mass production, are opposed to the small realities of the ateliers or labs, support of an increasingly collaborative and “online” design. The need to reduce the time of production has translated into a centralization of space: many laboratories and studios have equipped themselves to develop each phase of the production cycle within a single environment. Even the ideation process itself transforms, and if the tools necessary for the designer change, also the workspace acquires a completely different aspect, as in the case of bio-design or generative and computational design. If we look to the future, with the robotics sector constantly growing, the workspace is represented more as an instrument of machines and artificial intelligence than of the designer himself. But is it really necessary for the work area to be tangible to make design? The introduction of innovative technologies such as augmented or virtual reality has made possible to overcome the space- time dimension. Platforms or apps that allow to easily share ideas, images or drawings inside a virtual room are increasingly popular. The designer’s space is therefore an ever-changing element that oscillates between large and small, open and closed, physical and immaterial. The purpose of this gallery is to highlight its different configurations. Through Focus we will therefore try to answer a question that is not often asked: where does the practice of design take place?
2020
«Abbiamo lavorato molto duramente per creare un singolo studio in cui fosse possibile progettare tutti gli strumenti e sperimentare i nuovi processi necessari per ottenere i prodotti finiti che voi vedete». Jonathan Ive, Chief Design Officer presso Apple, con queste parole mette in risalto uno dei temi meno discussi nella pratica del design: lo spazio di lavoro. Fabbriche, studi, atelier, laboratori: nel corso degli anni il luogo in cui i progettisti hanno dato vita ai propri prodotti ha subito profonde trasformazioni. L’introduzione di nuove tecnologie e di nuove pratiche ha costretto i designer a progettare lo spazio di lavoro esattamente come fosse un semilavorato. Ai grandi stabilimenti della catena di montaggio, pensati per una produzione di massa, si contrappongono le piccole realtà degli atelier o dei lab, supporto di una progettazione sempre più collaborativa e “online”. La necessità di ridurre i tempi di progettazione si è tradotta in una centralizzazione dello spazio: molti laboratori e studi si sono attrezzati per sviluppare ogni fase del ciclo produttivo all’interno di un unico ambiente. Anche il processo di ideazione stesso si trasforma, e se gli strumenti necessari al designer cambiano, ne deriva che anche lo spazio di lavoro acquisisce un aspetto completamente diverso, come nel caso del bio-design o del design generativo e computazionale. Se si guarda al futuro, con il settore della robotica in continua crescita, lo spazio di lavoro viene rappresentato più come strumento delle macchine e delle intelligenze artificiali che del progettista stesso. Ma per fare design è davvero necessario che l’area di lavoro sia tangibile? L’introduzione di tecnologie innovative come la realtà aumentata o virtuale ha reso possibile il superamento della dimensione spazio-tempo. Sono sempre più diffuse le piattaforme o App che permettono di condividere con estrema facilità idee, immagini o disegni all’interno di una stanza virtuale. Lo spazio del designer è quindi un elemento in continua mutazione che oscilla tra grande e piccolo, aperto e chiuso, fisico e immateriale. Lo scopo di questa galleria è quello di mettere in luce le sue diverse configurazioni. Attraverso Focus si cercherà, quindi, di rispondere ad una domanda che non viene posta spesso: dove avviene la pratica del design?
lo spazio che si ridimensiona; lo spazio che collabora; lo spazio che si apre; lo spazio che si fonde; lo spazio che si immagina
01 Pubblicazione su rivista::01m Editorial/Introduzione in rivista
Design 2030: Spazi, Fabbriche, Laboratori / Duello, Paride. - In: DIID. DISEGNO INDUSTRIALE INDUSTRIAL DESIGN. - ISSN 1594-8528. - 72:(2020), pp. 162-173.
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