Il “pensiero laterale” definito da Edward De Bono implica un approccio anticonvenzionale a un problema in grado di generare soluzioni alternative, esplorare i limiti di un modello di pensiero, valutarne di alternativi e provocare uno di quei cambi di paradigma di cui parla Kuhn. In quanto filiazione diretta del pensiero divergente di Guilford, esso si fonda su capacità come la flessibilità semantica, la fluidità di associazioni, l’ideazione e la trasformazione: tutte capacità che appartengono al bagaglio e al vissuto quotidiano di un progettista della seconda metà del Novecento. La pratica fondamentale che rende possibile e naturale il perpetuarsi di questi saperi è il disegno, inteso come una pratica soggettiva, inconsapevole e istintiva ma dall’incredibile potenziale euristico e creativo. Questo contributo propone una riflessione e alcuni esercizi pratici su quello che potrebbe essere un nuovo (vecchio) ruolo del disegno in una epoca in cui l’abuso di prescrizioni, macchine e algoritmi rischia di limitare il formarsi di condizioni utili allo sviluppo di approcci e soluzioni creative, nel senso più ampio del termine.
Laterale vs algoritmico. Un nuovo (vecchio) ruolo per il disegno? / Carpiceci, Marco; Colonnese, Fabio. - (2020), pp. 260-275. (Intervento presentato al convegno 42° Convegno internazionale dei docenti delle discipline della rappresentazione. Congresso della Unione Italiana per il Disegno tenutosi a online).
Laterale vs algoritmico. Un nuovo (vecchio) ruolo per il disegno?
carpiceci marco;colonnese fabio
2020
Abstract
Il “pensiero laterale” definito da Edward De Bono implica un approccio anticonvenzionale a un problema in grado di generare soluzioni alternative, esplorare i limiti di un modello di pensiero, valutarne di alternativi e provocare uno di quei cambi di paradigma di cui parla Kuhn. In quanto filiazione diretta del pensiero divergente di Guilford, esso si fonda su capacità come la flessibilità semantica, la fluidità di associazioni, l’ideazione e la trasformazione: tutte capacità che appartengono al bagaglio e al vissuto quotidiano di un progettista della seconda metà del Novecento. La pratica fondamentale che rende possibile e naturale il perpetuarsi di questi saperi è il disegno, inteso come una pratica soggettiva, inconsapevole e istintiva ma dall’incredibile potenziale euristico e creativo. Questo contributo propone una riflessione e alcuni esercizi pratici su quello che potrebbe essere un nuovo (vecchio) ruolo del disegno in una epoca in cui l’abuso di prescrizioni, macchine e algoritmi rischia di limitare il formarsi di condizioni utili allo sviluppo di approcci e soluzioni creative, nel senso più ampio del termine.File | Dimensione | Formato | |
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