Un differente modo di intendere la Riforma. Valente e Spohnholz leggono Terpstra

NICHOLAS TERPSTRA, Religious Refugees in the Early Modern World. An Alternative History of the Reformation, Cambridge, Cambridge University Press, 2015, pp. 353, 42 b/w illus. 2 maps – ISBN: 9781107024564 Tra i numerosi studi pubblicati negli ultimi anni sulla Riforma protestante, il volume di Nicholas Terpstra costituisce senza dubbio una novità. Seguendo un percorso certamente stimolante e a tratti sorprendente, l’autore indaga sulle origini nella prima Età Moderna dell’esilio come fenomeno di massa arrivando ad offrire un’interpretazione alternativa della Riforma europea. Il suo punto di avvio è dato dalla constatazione, rimarcata da studiosi come Natalie Zemon Davis, Heiko Oberman o più recentemente David Nieremberg, che, soprattutto dal secolo XV, le comunità religiose siano state investite da sempre maggiori preoccupazioni riguardo la necessità di mantenere la loro interna purezza. L’adozione di tale approccio consente così all’autore di integrare nell’analisi non soltanto le Chiese emerse dalla frantumazione della Cristianità, ma anche le comunità ebraiche e musulmane perseguitate nei paesi mediterranei. Quasi ovunque in Europa l’esigenza di decontaminazione giustificò l’assunzione di una vasta gamma di iniziative tese a controllare, reprimere ed eliminare il pericolo di “contagio” derivante dalla contiguità con differenti gruppi etnici, religiosi e confessionali. Al margine di questo generale movimento, innumerevoli dissidenti scelsero volontariamente di migrare alla ricerca di maggiore conformità, un processo che Terpstra definisce di autoespulsione («expelling the self»). A delinearsi è non solo una differente accezione del concetto di confessionalizzazione ma soprattutto una lettura della Riforma come «the first grand project in social purification».