Gli archivi notarili, in molti casi, rappresentano per i comuni dei territori già facenti parte dello Stato Pontificio un prezioso scrigno di memoria storica perché sono gli unici che, nella generale disomogeneità dell’amministrazione papale, hanno effettivamente avuto un’unità di gestione e una generalizzata conservazione. L’unico grosso limite è quello di essere costituiti da documentazione che rimonta, nella quasi totalità dei casi, solo alla prima metà del XVI secolo. L’eccezionalità, quindi, è data sicuramente da tutti quei casi in cui, come Monterotondo, si può avere una finestra aperta sul XV secolo e ancor più sul XIV secolo grazie alla sporadica conservazione di registri o singoli documenti confluiti a vario titolo nelle moderne concentrazioni archivistiche. Al centro dello straordinario particolarismo amministrativo dello Stato pontificio d’età moderna trovava posto la figura del barone che, erede della feudalità di origine medievale, con funzioni di giusdicente rappresentava quasi ovunque l’unica e più diretta forma di esercizio politico e giudiziario nelle comunità locali. Del resto il ceto baronale era lo stesso che, in via diretta o indiretta, amministrava la cosa pubblica a Roma, potendo vantare numerosi rappresentanti sia nel Sacro Collegio sia nel Senato Capitolino. Periferia e centro si intrecciano così in un reticolo di eventi e di relazioni la cui trama può essere chiarita anche grazie a queste fonti archivistiche locali, le quali, benché siano state riconosciute di grande valore storico sin dall’Unità d’Italia, tuttora purtroppo continuano ad essere considerate, non solo dal sentire comune, ma spesso anche dalla comunità scientifica, come fonti di secondaria importanza. L’Archivio notarile di Monterotondo rientra tra quei casi che non sono stati al centro di studi nel corso degli anni e che ancora in tempi recenti hanno mostrato di destare interesse solo per il valore giuridico delle carte. La documentazione confluita in quello che oggi viene chiamato Archivio notarile di Monterotondo e che, dagli anni Sessanta del XX secolo, è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, non è solo pertinente all’Archivio notarile del centro eretino, nato in seguito alla riforma di Sisto V del 1588, ma include anche le carte prodotte almeno da altri due uffici, ovvero la Curia baronale e la Comunità, per motivi diversi unite recentemente al fondo notarile. La parte propriamente notarile del fondo è la più cospicua e la meglio conservata, soprattutto per quanto riguarda le serie più antiche e il periodo compreso tra il XVI e il XVII secolo. Per un caso fortuito, inoltre, proprio la realizzazione di questo studio ha permesso di ritrovare e di restaurare uno dei frammenti più antichi di documenti pergamenacei conservati ad oggi presso gli Archivi notarili sistini dell’ASRoma, risalente agli ultimi anni del XIV secolo. Dall’analisi dei documenti l’attività dei notai eretini risulta costante nei secoli, espressione questa di una vivacità favorita da almeno due fattori: la vicinanza a Roma e la conseguente facilità di collegamento con la capitale, che nei secoli ha permesso a Monterotondo di rivestire un ruolo di prim’ordine nell’articolazione della vita economica e sociale dell’area. L’analisi di quel poco che resta della documentazione della Curia baronale – pervenuto inoltre in pessimo stato di conservazione – fa lamentare ancor più la perdita della maggior parte dei documenti. In migliori condizioni, anche se non meno parziale nella consistenza rispetto alla documentazione giudiziaria, è la parte relativa all’Archivio della comunità. In questo caso la documentazione copre soprattutto i secoli XVII-XVIII e sembra riflettere quella fase di vero e proprio boom economico conosciuto da Monterotondo durante la dominazione dei Barberini nel corso del Seicento. In occasione di questo lavoro di ricerca, che ha preso le mosse dallo studio della parte notarile del fondo, tutta la documentazione conservata è stata analiticamente schedata e ordinata, cercando di rendere esplicito il legame tra le carte, vincolo che è alla base di qualsiasi archivio. Pertanto questo inventario rappresenta, oltre che il risultato dell’attività svolta nell’ambito della Scuola di dottorato, anche un nuovo mezzo di corredo per orientare gli utenti nella consultazione dell’archivio.

L'Archivio notarile di Monterotondo in Sabina / DI GIOVANNANDREA, Riccardo. - (2013 Feb 01).

L'Archivio notarile di Monterotondo in Sabina

DI GIOVANNANDREA, RICCARDO
01/02/2013

Abstract

Gli archivi notarili, in molti casi, rappresentano per i comuni dei territori già facenti parte dello Stato Pontificio un prezioso scrigno di memoria storica perché sono gli unici che, nella generale disomogeneità dell’amministrazione papale, hanno effettivamente avuto un’unità di gestione e una generalizzata conservazione. L’unico grosso limite è quello di essere costituiti da documentazione che rimonta, nella quasi totalità dei casi, solo alla prima metà del XVI secolo. L’eccezionalità, quindi, è data sicuramente da tutti quei casi in cui, come Monterotondo, si può avere una finestra aperta sul XV secolo e ancor più sul XIV secolo grazie alla sporadica conservazione di registri o singoli documenti confluiti a vario titolo nelle moderne concentrazioni archivistiche. Al centro dello straordinario particolarismo amministrativo dello Stato pontificio d’età moderna trovava posto la figura del barone che, erede della feudalità di origine medievale, con funzioni di giusdicente rappresentava quasi ovunque l’unica e più diretta forma di esercizio politico e giudiziario nelle comunità locali. Del resto il ceto baronale era lo stesso che, in via diretta o indiretta, amministrava la cosa pubblica a Roma, potendo vantare numerosi rappresentanti sia nel Sacro Collegio sia nel Senato Capitolino. Periferia e centro si intrecciano così in un reticolo di eventi e di relazioni la cui trama può essere chiarita anche grazie a queste fonti archivistiche locali, le quali, benché siano state riconosciute di grande valore storico sin dall’Unità d’Italia, tuttora purtroppo continuano ad essere considerate, non solo dal sentire comune, ma spesso anche dalla comunità scientifica, come fonti di secondaria importanza. L’Archivio notarile di Monterotondo rientra tra quei casi che non sono stati al centro di studi nel corso degli anni e che ancora in tempi recenti hanno mostrato di destare interesse solo per il valore giuridico delle carte. La documentazione confluita in quello che oggi viene chiamato Archivio notarile di Monterotondo e che, dagli anni Sessanta del XX secolo, è conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, non è solo pertinente all’Archivio notarile del centro eretino, nato in seguito alla riforma di Sisto V del 1588, ma include anche le carte prodotte almeno da altri due uffici, ovvero la Curia baronale e la Comunità, per motivi diversi unite recentemente al fondo notarile. La parte propriamente notarile del fondo è la più cospicua e la meglio conservata, soprattutto per quanto riguarda le serie più antiche e il periodo compreso tra il XVI e il XVII secolo. Per un caso fortuito, inoltre, proprio la realizzazione di questo studio ha permesso di ritrovare e di restaurare uno dei frammenti più antichi di documenti pergamenacei conservati ad oggi presso gli Archivi notarili sistini dell’ASRoma, risalente agli ultimi anni del XIV secolo. Dall’analisi dei documenti l’attività dei notai eretini risulta costante nei secoli, espressione questa di una vivacità favorita da almeno due fattori: la vicinanza a Roma e la conseguente facilità di collegamento con la capitale, che nei secoli ha permesso a Monterotondo di rivestire un ruolo di prim’ordine nell’articolazione della vita economica e sociale dell’area. L’analisi di quel poco che resta della documentazione della Curia baronale – pervenuto inoltre in pessimo stato di conservazione – fa lamentare ancor più la perdita della maggior parte dei documenti. In migliori condizioni, anche se non meno parziale nella consistenza rispetto alla documentazione giudiziaria, è la parte relativa all’Archivio della comunità. In questo caso la documentazione copre soprattutto i secoli XVII-XVIII e sembra riflettere quella fase di vero e proprio boom economico conosciuto da Monterotondo durante la dominazione dei Barberini nel corso del Seicento. In occasione di questo lavoro di ricerca, che ha preso le mosse dallo studio della parte notarile del fondo, tutta la documentazione conservata è stata analiticamente schedata e ordinata, cercando di rendere esplicito il legame tra le carte, vincolo che è alla base di qualsiasi archivio. Pertanto questo inventario rappresenta, oltre che il risultato dell’attività svolta nell’ambito della Scuola di dottorato, anche un nuovo mezzo di corredo per orientare gli utenti nella consultazione dell’archivio.
1-feb-2013
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1491708
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