Si tratta del progetto di riforma del Titolo VI del libro II del codice penale. L’oggetto dell’incarico ministeriale è stato precisato in corso d’opera dalla stessa Commissione, tenuto conto della contestuale esistenza di una riforma in corso della materia alimentare nel suo complesso e della conseguente opportunità di circoscriverlo ai soli reati del codice penale. L’iniziativa ministeriale indicava fin dall’origine l’esigenza di individuare nella sicurezza degli alimenti un oggetto di tutela del quale lo stesso codice penale tenesse debito conto, insieme alla salute pubblica, contemperando le esigenze di una repressione anticipata di gravi forme di aggressione a tale sicurezza (reati di pericolo astratto-concreto) e di una maggiore precisione delle definizioni legislative. Nuove forme di criminalità anche organizzata (v. la previsione del delitto di commercio all’ingrosso di prodotti alimentari nocivi) ed esigenze di aggiornamento di una disciplina che risale agli anni ’30, sia sotto il profilo tecnico (v. la riformulazione del vigente art. 440, che comprende gli attuali art. 442 e 444 c.p.) sia per effetto della normativa comunitaria (v., ad esempio, l’ipotesi delittuosa di omesso ritiro), hanno di fatto portato ad estendere l’intervento a buona parte del capo II (ora definito: “Dei delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza degli alimenti e dei medicinali”) del titolo VI del libro secondo del codice penale. I delitti contro l’incolumità pubblica in generale, sono ora definiti: «Dei delitti contro l’incolumità e la salute pubblica» e scompare la dicotomia “mediante frode/mediante violenza”, che non rende pienamente ragione del contenuto delle incriminazioni. Durante i lavori della Commissione un’attenzione non secondaria è stata dedicata all’aspetto comparato della legislazione, ma non si può dire che siano stati adottati “modelli” stranieri rilevanti nelle scelte operate.L’idea della Commissione è stata quella di colmare il ‘gap’ tra fattispecie contravvenzionali a carattere meramente trasgressivo e fattispecie delittuose necessariamente implicanti la realizzazione di macrodisastri. Non appare razionale, infatti, attendere eventi giganteschi quando esistono molte situazioni prodromiche che non producono quegli eventi solo per ragioni imponderabili. Del pari, anche nei reati di mero pericolo non sembra logico circoscrivere l’intervento penale a tipologie contravvenzionali oblazionabili quando esistono forme organizzate e imprenditoriali di violazione della sicurezza alimentare. Né ha senso compiuto che la responsabilità da reato degli enti, applicabile a moltissimi reati “comuni”, venga pretermessa proprio in relazione a questi tipici reati “di impresa”; così come non è razionale che l’omesso ritiro di un prodotto concretamente pericoloso possa costituire un illecito penale solo se (come accade oggi) non sia un prodotto alimentare. A queste e ad altre questioni la Commissione ha inteso dare risposta, ben al di là dei lavori scientifici nazionali che hanno costituito il ‘modello teorico’ originario che, su indicazione del Ministero stesso, è stato tenuto presente.
Il Progetto di riforma dei reati in materia di sicurezza alimentare / Donini, Massimo. - In: CASSAZIONE PENALE. - ISSN 1125-856X. - 50:(2010), pp. 4457-4480.
Il Progetto di riforma dei reati in materia di sicurezza alimentare
DONINI, Massimo
2010
Abstract
Si tratta del progetto di riforma del Titolo VI del libro II del codice penale. L’oggetto dell’incarico ministeriale è stato precisato in corso d’opera dalla stessa Commissione, tenuto conto della contestuale esistenza di una riforma in corso della materia alimentare nel suo complesso e della conseguente opportunità di circoscriverlo ai soli reati del codice penale. L’iniziativa ministeriale indicava fin dall’origine l’esigenza di individuare nella sicurezza degli alimenti un oggetto di tutela del quale lo stesso codice penale tenesse debito conto, insieme alla salute pubblica, contemperando le esigenze di una repressione anticipata di gravi forme di aggressione a tale sicurezza (reati di pericolo astratto-concreto) e di una maggiore precisione delle definizioni legislative. Nuove forme di criminalità anche organizzata (v. la previsione del delitto di commercio all’ingrosso di prodotti alimentari nocivi) ed esigenze di aggiornamento di una disciplina che risale agli anni ’30, sia sotto il profilo tecnico (v. la riformulazione del vigente art. 440, che comprende gli attuali art. 442 e 444 c.p.) sia per effetto della normativa comunitaria (v., ad esempio, l’ipotesi delittuosa di omesso ritiro), hanno di fatto portato ad estendere l’intervento a buona parte del capo II (ora definito: “Dei delitti di comune pericolo contro la salute pubblica e la sicurezza degli alimenti e dei medicinali”) del titolo VI del libro secondo del codice penale. I delitti contro l’incolumità pubblica in generale, sono ora definiti: «Dei delitti contro l’incolumità e la salute pubblica» e scompare la dicotomia “mediante frode/mediante violenza”, che non rende pienamente ragione del contenuto delle incriminazioni. Durante i lavori della Commissione un’attenzione non secondaria è stata dedicata all’aspetto comparato della legislazione, ma non si può dire che siano stati adottati “modelli” stranieri rilevanti nelle scelte operate.L’idea della Commissione è stata quella di colmare il ‘gap’ tra fattispecie contravvenzionali a carattere meramente trasgressivo e fattispecie delittuose necessariamente implicanti la realizzazione di macrodisastri. Non appare razionale, infatti, attendere eventi giganteschi quando esistono molte situazioni prodromiche che non producono quegli eventi solo per ragioni imponderabili. Del pari, anche nei reati di mero pericolo non sembra logico circoscrivere l’intervento penale a tipologie contravvenzionali oblazionabili quando esistono forme organizzate e imprenditoriali di violazione della sicurezza alimentare. Né ha senso compiuto che la responsabilità da reato degli enti, applicabile a moltissimi reati “comuni”, venga pretermessa proprio in relazione a questi tipici reati “di impresa”; così come non è razionale che l’omesso ritiro di un prodotto concretamente pericoloso possa costituire un illecito penale solo se (come accade oggi) non sia un prodotto alimentare. A queste e ad altre questioni la Commissione ha inteso dare risposta, ben al di là dei lavori scientifici nazionali che hanno costituito il ‘modello teorico’ originario che, su indicazione del Ministero stesso, è stato tenuto presente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.