Design, as practice and discipline, was born and substantiated in the productive dimension of the industrial society. A dimension that has changed due to the social, economic and technological and cultural changes. When the famous phrase “less is more” was coined, Mies van der Rohe considered the '900 the age of the economy, of science, of technology where nothing more could happen that was not observable by man. In this condition, Mies evoked order and rationality as the true expression of the era to which the design action had to respond, just as in the past it had responded to other “expressions”. Thus, the “less is more” by Mies, since its enunciation, exceeded the limit of simplicity against complexity, or aesthetic and formal minimalism against decorative richness. Above all, it was an exhortation to the need to respect order and rationality that as such could not accommodate more than what they envisaged in their structure. Years have passed and many different boundary conditions and this declaration of intent by Mies has never been forgotten either to bring it to the fore or to refute it, always and in any case declining it to specific opportuni- ties. If we want to reopen the question, as this issue of DIID wants to do, freeing the reflection of the conjunction particle between the concepts of less and more, in the field of artefact design we have to evaluate the specific context in we are working in: in order to understand what less and more are today, and if, as this contri- bution will try to analyse, there is another quantitative condition, capable of paradigmatically subverting the meaning of the terms.

Il Design è una pratica e, poi, una disciplina, che è nata e si è sostanziata nella dimensione produttiva della società industriale. Una dimensione che inevitabilmente si è modificata al cambiare delle condizioni, sociali economiche e tecnologiche e non ultimo anche di quelle culturali. Quando venne coniata la celeberrima frase “less is more”, Mies van der Rohe considerava il ‘900 l’epoca dell’economia, della scienza, della tecnologia dove niente più poteva avvenire che non fosse osservabile dall’uomo. In questa condizione, Mies evocava l’ordine e la razionalità come la vera espressione dell’epoca a cui l’atto progettuale doveva rispon- dere, così come nel passato aveva risposto ad altre “espressioni”. Dunque, il “less is more” di Mies, sin dalla sua enunciazione, superava il limite di semplicità contro complesità, o di minimalismo estetico e formale contro ricchezza decorativa. Era soprattutto una esortazione alla necessità di rispettare un ordine e una razionalità che come tali non potevano accogliere più di quello che prevedevano nella loro struttura. Sono passati anni e molte diverse condizioni al contorno e questa dichiarazione di intenti di Mies non è mai stata dimenticata o per portarla alla ribalta o per confutarla, sempre e comunque declinan- dola a opportunità specifiche. Se si vuole riaprire la questione, come vuole fare questo numero di Diid, liberando alla riflessione la particella di congiunzione tra i concetti di less e di more, nel campo del Design degli artefatti non si può prescindere da una valutazione in merito allo specifico contesto in cui ci si trova ad operare: al fine di comprendere cosa sono oggi less e more, e se, come questo contributo cercherà di analizzare, esiste un’altra condizione quantitativa, capace di sovver- tire paradigmaticamente il senso dei termini in gioco.

Less, more or plenitude? Il Design nell’era della pienezza Less, more or plenitude? Design in the age of plenitude / DI LUCCHIO, Loredana. - In: DIID. DISEGNO INDUSTRIALE INDUSTRIAL DESIGN. - ISSN 1594-8528. - 66(2018), pp. 12-19.

Less, more or plenitude? Il Design nell’era della pienezza Less, more or plenitude? Design in the age of plenitude

DI LUCCHIO, Loredana
2018

Abstract

Design, as practice and discipline, was born and substantiated in the productive dimension of the industrial society. A dimension that has changed due to the social, economic and technological and cultural changes. When the famous phrase “less is more” was coined, Mies van der Rohe considered the '900 the age of the economy, of science, of technology where nothing more could happen that was not observable by man. In this condition, Mies evoked order and rationality as the true expression of the era to which the design action had to respond, just as in the past it had responded to other “expressions”. Thus, the “less is more” by Mies, since its enunciation, exceeded the limit of simplicity against complexity, or aesthetic and formal minimalism against decorative richness. Above all, it was an exhortation to the need to respect order and rationality that as such could not accommodate more than what they envisaged in their structure. Years have passed and many different boundary conditions and this declaration of intent by Mies has never been forgotten either to bring it to the fore or to refute it, always and in any case declining it to specific opportuni- ties. If we want to reopen the question, as this issue of DIID wants to do, freeing the reflection of the conjunction particle between the concepts of less and more, in the field of artefact design we have to evaluate the specific context in we are working in: in order to understand what less and more are today, and if, as this contri- bution will try to analyse, there is another quantitative condition, capable of paradigmatically subverting the meaning of the terms.
2018
Il Design è una pratica e, poi, una disciplina, che è nata e si è sostanziata nella dimensione produttiva della società industriale. Una dimensione che inevitabilmente si è modificata al cambiare delle condizioni, sociali economiche e tecnologiche e non ultimo anche di quelle culturali. Quando venne coniata la celeberrima frase “less is more”, Mies van der Rohe considerava il ‘900 l’epoca dell’economia, della scienza, della tecnologia dove niente più poteva avvenire che non fosse osservabile dall’uomo. In questa condizione, Mies evocava l’ordine e la razionalità come la vera espressione dell’epoca a cui l’atto progettuale doveva rispon- dere, così come nel passato aveva risposto ad altre “espressioni”. Dunque, il “less is more” di Mies, sin dalla sua enunciazione, superava il limite di semplicità contro complesità, o di minimalismo estetico e formale contro ricchezza decorativa. Era soprattutto una esortazione alla necessità di rispettare un ordine e una razionalità che come tali non potevano accogliere più di quello che prevedevano nella loro struttura. Sono passati anni e molte diverse condizioni al contorno e questa dichiarazione di intenti di Mies non è mai stata dimenticata o per portarla alla ribalta o per confutarla, sempre e comunque declinan- dola a opportunità specifiche. Se si vuole riaprire la questione, come vuole fare questo numero di Diid, liberando alla riflessione la particella di congiunzione tra i concetti di less e di more, nel campo del Design degli artefatti non si può prescindere da una valutazione in merito allo specifico contesto in cui ci si trova ad operare: al fine di comprendere cosa sono oggi less e more, e se, come questo contributo cercherà di analizzare, esiste un’altra condizione quantitativa, capace di sovver- tire paradigmaticamente il senso dei termini in gioco.
produzione-consumo; bisogno-desiderio; utile-futile; production-consumption; needs-desires, usefule-futile
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Less, more or plenitude? Il Design nell’era della pienezza Less, more or plenitude? Design in the age of plenitude / DI LUCCHIO, Loredana. - In: DIID. DISEGNO INDUSTRIALE INDUSTRIAL DESIGN. - ISSN 1594-8528. - 66(2018), pp. 12-19.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1480010
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