Ogni tentativo di valutazione del fenomeno del sacro nello spazio urbano di Roma medio repubblicana – della sua consistenza quantitativa e delle sue caratteristiche qualitative e di senso – dipende, in larga misura, dai criteri adottati nella selezione dei santuari da assegnare al periodo considerato. L’operazione di censimento non è scontata e il risultato, in effetti, può variare in maniera significativa in relazione all’ampiezza e all’elasticità dei criteri di inclusione adottati. Tuttavia, si può certamente affermare che, dopo l’età regia, il paesaggio religioso di Roma conobbe, proprio nel III sec. a.C., il momento di massimo sviluppo e definizione. In seguito, infatti, le fondazioni templari si riducono vistosamente già durante il magnificentissimo II secolo (venti templi) e scendono ancor più drasticamente nel corso del tormentatissimo I secolo (soltanto sette templi). Parallelamente, il fenomeno di accrescimento della panoplia sacra di Roma dovette imprimere un dinamismo senza confronto alla strutturazione del calendario festivo dell’Urbe: alla fondazione di ogni nuovo luogo di culto corrispondeva l’istituzione di una nuova festa pubblica (coincidente con il dies natalis del nuovo santuario, come comunemente si ritiene) annotata nei calendari e officiata publico sumpto. Si tratta, nel complesso, del più rapido, esteso e pervasivo meccanismo di semantizzazione e funzionalizzazione dello spazio urbano (ed extraurbano) che Roma abbia mai conosciuto prima che, nel II secolo a.C., prendesse il sopravvento una diversa prassi urbanistica, eminentemente infrastrutturale (viabilità, acquedotti, portici, mercati, edilizia pubblica funzionale e rappresentativa) la quale, ripensando forma e significato del sacro nella città (meno santuari, ma di straordinaria monumentalità), si sarebbe principalmente impegnata nel porre rimedio a quel ritardo nell’adeguamento della panoplia urbana tanto biasimato negli ambienti di corte del mondo greco e ora divenuto intollerabile anche agli occhi dei Romani.
Il “paesaggio religioso” di Roma medio repubblicana. Luoghi, tempi, pratiche / Palombi, Domenico. - (2020), pp. 315-338. (Intervento presentato al convegno Roma medio repubblicana. Dalla conquista di Veio alla battaglia di Zama tenutosi a Roma).
Il “paesaggio religioso” di Roma medio repubblicana. Luoghi, tempi, pratiche
domenico palombi
2020
Abstract
Ogni tentativo di valutazione del fenomeno del sacro nello spazio urbano di Roma medio repubblicana – della sua consistenza quantitativa e delle sue caratteristiche qualitative e di senso – dipende, in larga misura, dai criteri adottati nella selezione dei santuari da assegnare al periodo considerato. L’operazione di censimento non è scontata e il risultato, in effetti, può variare in maniera significativa in relazione all’ampiezza e all’elasticità dei criteri di inclusione adottati. Tuttavia, si può certamente affermare che, dopo l’età regia, il paesaggio religioso di Roma conobbe, proprio nel III sec. a.C., il momento di massimo sviluppo e definizione. In seguito, infatti, le fondazioni templari si riducono vistosamente già durante il magnificentissimo II secolo (venti templi) e scendono ancor più drasticamente nel corso del tormentatissimo I secolo (soltanto sette templi). Parallelamente, il fenomeno di accrescimento della panoplia sacra di Roma dovette imprimere un dinamismo senza confronto alla strutturazione del calendario festivo dell’Urbe: alla fondazione di ogni nuovo luogo di culto corrispondeva l’istituzione di una nuova festa pubblica (coincidente con il dies natalis del nuovo santuario, come comunemente si ritiene) annotata nei calendari e officiata publico sumpto. Si tratta, nel complesso, del più rapido, esteso e pervasivo meccanismo di semantizzazione e funzionalizzazione dello spazio urbano (ed extraurbano) che Roma abbia mai conosciuto prima che, nel II secolo a.C., prendesse il sopravvento una diversa prassi urbanistica, eminentemente infrastrutturale (viabilità, acquedotti, portici, mercati, edilizia pubblica funzionale e rappresentativa) la quale, ripensando forma e significato del sacro nella città (meno santuari, ma di straordinaria monumentalità), si sarebbe principalmente impegnata nel porre rimedio a quel ritardo nell’adeguamento della panoplia urbana tanto biasimato negli ambienti di corte del mondo greco e ora divenuto intollerabile anche agli occhi dei Romani.File | Dimensione | Formato | |
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